sotto la cipria
Perché Meloni sta vincendo la sfida con Letta
Quanto è pericoloso avere una sinistra che non riesce a smascherare i bluff dei sovranisti
Non c’è bisogno di guardare i sondaggi per capire quello che sta succedendo e per comprendere con chiarezza quello che è emerso in modo cristallino lunedì scorso durante il dibattito tra Enrico Letta e Giorgia Meloni. Il punto, in fondo, è semplice: a undici giorni dalla chiusura della campagna elettorale, Giorgia Meloni, non la nostra cup of tea, sta surclassando il suo principale rivale, Enrico Letta, e lo sta surclassando per una serie di ragioni che vale la pena di mettere insieme.
La prima ragione riguarda la capacità con cui la leader di Fratelli d’Italia è riuscita in modo quasi sistematico a togliere al suo rivale la possibilità di mostrare in purezza la pericolosità dell’avere un governo sovranista alla guida del nostro paese, e il dato curioso dei duelli tra Meloni e Letta è sempre quello ed è paradossale: su alcuni grandi temi la distanza che esiste oggi tra il Pd e Fratelli d’Italia è persino inferiore alla distanza che esiste tra i due partiti (pensate al sostegno all’Ucraina, al rapporto con la Nato, alle parole sullo scostamento di bilancio).
La seconda ragione riguarda l’abilità con cui Meloni è riuscita a togliere dal proprio abitacolo alcuni lampeggianti della paura. Le Pen? E chi la conosce. Orbán? Visto per sbaglio. Vox? Solo una scappatella. Draghi? Ma lo sapete: l’ho sempre stimato. E dunque, sì, le distanze sull’Europa restano, perché un conto è volere un’Europa dominata dai governi (sovranismo nazionalista modello Meloni) e un conto è volere un’Europa dominata dalle istituzioni (sovranismo europeista modello Draghi).
Ma la verità è che senza avere un incubo chiaro da mostrare agli elettori, uno spauracchio, un manichino che faccia paura, è dura riuscire a cambiare l’inerzia di una campagna elettorale (terza ragione) che lo stesso Letta sembra considerare ormai scontata (l’appello al voto utile è stato fatto puntando su una chiave curiosa: non Meloni può vincere le elezioni, ma può stravincerle). Ed è altrettanto dura dimostrare che sotto il make-up meloniano esiste un evidente progetto distruttivo (puntare sulla Polonia come simbolo assoluto del male da combattere in un momento in cui la Polonia si sta facendo in quattro per combattere contro Putin quanto può funzionare?).
E qui arriviamo alla quarta ragione, alla ragione per cui la campagna di Letta contro Meloni risulta essere più modello occhi del cuore (Boris) che modello occhi di tigre (Rocky). E la ragione, anche qui, è evidente: può essere un efficace strumento di campagna elettorale ripetere in modo ossessivo che il problema principale di Meloni è legato alla presenza nella sua coalizione di alcuni alleati impresentabili, negli stessi istanti in cui Letta afferma tra l’altro che gli alleati che ha scelto il Pd sono utili per fare campagna elettorale ma non per provare a governare? Il tema è chiaro: più Letta dirà che il problema di Meloni è Salvini, cosa che tra l’altro Meloni probabilmente condivide, e più sarà evidente che il problema della coalizione di centrodestra non è Meloni ma è Salvini. Dunque, che fare?
E, soprattutto, quinta ragione, come riuscire a ribaltare i rapporti di forza tra il Pd e Meloni trovando un argomento in grado di sovrastare un’efficace strategia elettorale di Fratelli d’Italia, che permette al partito di Meloni di ricordare agli elettori che il Pd ha governato per così tanti anni da essere arrivato al punto di combattere le leggi che ha promosso (Rosatellum e Jobs act) e di essere arrivato al punto di rinnegare riforme che lo stesso Pd ha proposto nel passato (come il semipresidenzialismo).
Di fronte a una destra pericolosa, pericolosa quando si parla di immigrazione, di globalizzazione, di giustizia, di Europa, c’è dunque una sinistra che pericolosamente non sembra avere argomenti forti per mostrare il populismo nascosto sotto il make up sovranista. E senza argomenti forti, per gli elettori vedere cosa c’è sotto la cipria è una missione non troppo diversa dal provare a capire quanto sono in Italia le correnti del Pd: semplicemente impossibile. In bocca al lupo.