Il Twiga di Santanchè e Briatore paga più a Meloni che allo stato
Ad agosto lo stabilimento più esclusivo della Versilia ha versato ben 26mila euro a Fratelli d'Italia. Che si oppone alla messa a gara delle concessioni balneari, ma accetta le donazioni generose degli imprenditori del settore
Più che alla Patria, l’oro va al partito. Del resto era stato lo stesso Flavio Briatore, tempo fa, a confessare che sì, era un mezzo scandalo che il canone del suo Twiga fosse di appena 17 mila euro: “Lo stato dovrebbe quantomeno triplicare le concessioni, io dovrei pagare come minimo 100 mila euro”. E forse allora è per dimostrare che davvero è ben misero, l’affitto pagato all’erario, che lo stesso Twiga, lo stabilimento balneare più esclusivo della Versilia, una società che nel 2021 ha fatturato quasi 6 milioni di euro, ad agosto ha versato ben 26 mila euro, in un’unica tranche via bonifico, nelle casse di Fratelli d’Italia. Più caro il partito, dunque, della nazione.
Non a caso, si dirà. Perché ad affiancare Briatore al vertice del Twiga c’è quella Daniela Santanchè che di FdI è esponente di spicco, senatrice uscente e ricandidata blindata a palazzo Madama. Un affare di cuore, insomma, di fedeltà alla fiamma: sostenere FdI proprio alla vigilia del voto, con un contributo consistente erogato proprio all’indomani di ferragosto. E cioè a pochi giorni, va notato, dal riaccendersi della battaglia della destra contro le procedure (preliminari, peraltro) di messa a gara delle concessioni balneari volute da Mario Draghi. “E’ incomprensibile la scelta del governo Draghi di procedere con i decreti attuativi del ddl Concorrenza sulla mappatura delle concessioni i balneari”, ha tuonato infatti, la scorsa settimana, il capogruppo meloniano alla Camera, Francesco Lollobrigida. Rinnovando una contrarietà mille volte espressa nell’ultimo anno e mezzo dai patrioti. Che sui balneari non sentono ragioni: con buona pace dell’Europa, che ci tiene sotto procedura d’infrazione, del Pnrr e perfino del Consiglio di stato, che si è espresso per imporre la scadenza delle concessioni a fine 2023.
“Mettere velocemente a gara un bene inestimabile come le nostre spiagge significa voler procedere con la svendita di migliaia di aziende”, ha insistito Lollobrigida. Indicando dunque la strada che FdI, qualora arrivasse al governo, seguirebbe sul dossier: senza evidentemente che l’avere un grande stabilimento balneare tra i propri più munifici finanziatori provochi alcun imbarazzo. O magari anche questo è l’indizio su un metodo da adottare, una soluzione da sottoporre all’Europa come innovativa: le concessioni balneari non si mettono a gara, i canoni non vengono alzati, ma i proprietari degli stabilimenti regolano gli squilibri con una donazione al partito della Meloni. Geniale, no?