Un bot su Twitter sorveglia le inserzioni pubblicitarie della campagna elettorale sui social

Pietro Minto

Il programmatore di “Propaganda nell'era della riproducibilità tecnica” si chiama Ruggero Marino Lazzaroni e spiega al Foglio le spese dei partiti sulle piattaforme di Meta (Instagram e Facebook)

Si chiama “Propaganda nell'era della riproducibilità tecnica” ed è un bot su Twitter che da qualche giorno sorveglia la campagna elettorale, precisamente le inserzioni pubblicitarie politiche che vengono fatte ogni giorno sulle piattaforme di Meta (Instagram e Facebook). Per bot si intende un profilo automatico, pensato per pubblicare sulla base delle indicazioni del programmatore, che in questo caso si chiama Ruggero Marino Lazzaroni. Lazzaroni frequenta un master in Computational Social Systems presso l’Università Tecnica di Aquisgrana, in Germania, ma si occupa anche di politica, teorie cospiratorie ed estremismo. Un anno e mezzo fa ha realizzato un sito che mostrava le parole più usate su Twitter dai politici; oggi ritorna con uno sguardo sulle spese elettorali nei social.

 

Facebook, inserzioni e politica: siamo nel terreno minato dello scandalo di Cambridge Analytica del 2018, anche se da allora Meta è corsa ai ripari investendo nella trasparenza, almeno in parte. La library della pubblicità su cui si basa il bot, spiega Lazzaroni al Foglio, “fu concepita proprio a seguito dello scandalo e riporta tutte le pubblicità politiche a partire dal 2019”. Per averne accesso occorre usare l’Api (l’interfaccia con un programma può lavorare con i dati di un altro servizio) ufficiale di Meta, dimostrando di essere residente in uno dei paesi parte dell'archivio (per evitare l’intervento di agenti esterni e ostili). Non è tutto rosa e fiori, però: “Meta sembra aver fatto il minimo sindacale per supportare lo strumento”, che, secondo Lazzaroni, è senza documentazione da tre anni e non viene aggiornato da un anno.

  

Anche l’algoritmo che dovrebbe bloccare le inserzioni che diffondono disinformazione e odio potrebbe funzionare meglio. Del resto, una recente indagine del Washington Post ha dimostrato come sulle piattaforme Meta circolino ancora pubblicità legate al suprematismo bianco. Secondo la no-profit Tech Transparency Project, dei 226 gruppi razzisti e suprematisti bianchi più noti negli Stati Uniti, “un terzo è attivo su Facebook”. In Italia le cose non vanno meglio: “Se si cercano nell'archivio parole come ‘clandestini’ o ‘vaccini’ si trovano facilmente contenuti che violano le linee guida”.

 

Leggendo i post del bot, si notano molte inserzioni con una stima di budget di massimo 99 euro, una dicitura di prassi per tutte le campagne per cui è stata spesa una cifra da 1 a 100 euro. “Per capire il valore riportato – spiega l’autore – serve capire come si progetta una campagna pubblicitaria politica su Facebook: si parte impostando una stima del budget per poi specificare quali zone e gruppi demografici ‘bersagliare’, e per quanti giorni”.

 

A oggi, comunque, i piccoli partiti sembrano puntare molto sui social. “Noi Moderati” inizia campagne quotidianamente e ha speso migliaia di euro per promuovere un bizzarro video di animazione dell’alleato Coraggio Italia, che negli ultimi giorni ha fatto discutere. Ci sono poi due approcci di marketing diversi: chi punta sul profilo di partito per le pubblicità (come Partito Democratico e Fratelli d’Italia) e chi investe più sugli account personali dei singoli leader (Salvini e Calenda).

 

A tal proposito, in Italia manca ancora una norma che costringa l’inserzionista a fornire il nome di un referente politico per questo tipo di pubblicità, come invece succede in Norvegia da quando il governo ha approvato una legge apposita. Risultato: “alcune delle inserzioni fra le più finanziate non sembrano riconducibili ufficialmente a nessun partito”. Se ne saprà di più solo dopo il voto, quando molte campagne pubblicitarie finiranno e Meta fornirà informazioni più complete.

 

A pochi giorni dalle elezioni, il bot potrebbe essere uno strumento utile anche per svelare eventuali violazioni del silenzio elettorale. All’epoca delle comunali dello scorso giugno, Lazzaroni ha visto campagne pubblicitarie iniziare il giorno del ballottaggio, dopo il primo turno. “Se il bot pubblicherà qualcosa fra il 24 e il 25 settembre – conclude –, vorrà dire che qualcuno sta giocando sporco e quindi il mio lavoro avrà avuto una minima utilità: aumentare, seppur di poco, l'accountability nella politica italiana”.

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