L'analisi della sconfitta - 1
Ceccardi apre il processo interno alla Lega: "Chi ci diceva di stare con Draghi ci ha portato al fallimento. Ora duri contro Bruxelles"
"L'appoggio al governo ci ha annientati", dice l'europarlamentare del Carroccio. Ma l'eventuale ritorno ai toni barricaderi e antieuropeisti, pone un problema serissimo alle ansie di responsabilità di Giorgia Meloni
Primo. "L'appoggio al governo Draghi ci ha annientati". Secondo. "All'interno del partito coloro che hanno messo in discussione il nostro segretario e lo hanno indirizzato verso l'appoggio al governo perché 'ce lo chiedeva il Nord produttivo' dovrebbero fare una profonda riflessione". Terzo. "Il Nord produttivo ha votato chi stava all'opposizione, bocciando completamente l'agenda Draghi".
Eccola, l'analisi della sconfitta della Lega. Ad avviarla, tra i primi, c'è Susanna Ceccardi. Europarlamentare, una delle pioniere del Carroccio in terra rossa, ascesa agli onori delle cronache, e nella gerarchia del partito, per essere diventata sindaca a Cascina, in quel di Pisa, Ceccardi non attende neppure l'inizio della conferenza stampa di Matteo Salvini. E, nel rivendicare la discreta prova dei candidati del Carroccio nei collegi uninominali toscani, apre le ostilità.
Altro che scarsa affidabilità, altro che scarsa cultura di governo. E' semmai l'essersi moderati troppo, la causa del tracollo del Carroccio. "Torniamo a fare quello che sappiamo fare meglio. Stare al governo del Paese nell'interesse degli italiani e non dei burocrati di Bruxelles". Si riparte da qui, dunque? Secondo Ceccardi, che è stata anche consigliera politica di Salvini ai tempi del Viminale, evidentemente sì: si riparte da una Lega barricadera. E del resto, i pessimi risultati del Carroccio nelle regioni guidate dai presidenti governisti - un misero 10 per cento nel Friuli di Massimiliano Fedriga, con FdI al 32; il 14 nel Veneto di Luca Zaia, con Meloni oltre il 30; il 13 nella Lombardia di Attilio Fontana, col Carroccio doppiato da FdI anche nella Varese di Giancarlo Giorgetti - legittimano, agli occhi dei fedelissimi di Salvini, la lettura per cui starebbe proprio il problema della Lega: nell'eccessivo appiattimento sul draghismo. E' questo, non a caso, lo spin che viene, fin dall'alba, dallo staff del segretario. Che però ora, con l'eventuale ritorno ai toni e ai metodi del duropurismo antieuropeo, pone un problema serissimo alle ansie di responsabilità di Giorgia Meloni. Che ieri è stata attentissima a lanciare segnali rassicuranti, dopo la sua vittoria; e oggi si ritrova già a dover gestire un alleato riluttante a ogni moderazione.