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quando vincono "gli altri"

Dal liceo occupato al voto rubato: la nuova resistenza contro la destra al governo

Andrea Minuz

Alla base della protesta degli studenti del Manzoni c’è l’idea che la sinistra sia il bene e la destra il male (solo che i suoi elettori, poveri scemi, non lo sanno). E anche tra i personaggi pubblici prevale l’idea paternalistica di sapere cosa sia giusto per l'Italia

Non si aspettano neanche le prime dichiarazioni programmatiche, un gesto scomposto, un abbozzo di manovra, una squadra di governo con facinorosi fascisti o tolkieniani di ferro, neanche un Pino Insegno al posto di Franceschini al MiC o i ragazzi del Cinema America costretti a proiettare “La storia infinita” e altri fantasy in loop. Lo sdegno, la rabbia, le prime occupazioni volano già sulla scia degli exit poll. È una resistenza programmatica, preventiva.

  

Una “resistenza che comincia oggi”, come scrive Francesca Michielin su Twitter, mentre di là, su Instagram, s’immortala in tenuta da combattimento Miu Miu con Mahmoud e Miuccia Prada per i Sustainable Fashion Awards alla Scala. A Milano solo barricate eleganti e instagrammabili. A Roma, invece, Renato Zero rientra tutto imbacuccato dal concerto in hotel, trova il comitato di Fratelli d’Italia e i giornalisti nella hall e urla al “regime” (“manco più in albergo se po’ anna’”). Sono tutte prove generali. Si prepara la resistenza e si elabora il lutto in un lunedì piovoso e opprimente, segno sin troppo didascalico di una virata nelle tenebre. Dopo aver stabilito che “non basta essere donna per incarnare il femminismo”, l’idea della prima premier femmina non interessa più, non scalda, non incuriosisce. Il genere e il gender balance al governo non contano, vedremo i fatti, le competenze, i contenuti (da ricordarsene magari anche altre volte). La vittoria di Meloni regala invece a tutti almeno una battuta sui treni in orario.

  

I giornali riprendono “l’affondo” di Sabrina Ferilli che posta un orologio alla stazione. Si candida naturalmente a grande antagonista di Giorgia in fatto di romanità neorealistica, ma de sinistra, per ridare alla Garbatella ciò che è della Garbatella. Milano in prima linea anche col liceo Manzoni, occupato subito, più o meno mentre Mentana chiudeva la maratona. La scuola, che tra i suoi alunni celebri ebbe Salvini, lo stesso Mentana e Rossana Rossanda, sarà da esempio per licei, istituti tecnici, università in questo lungo “autunno caldo” senza riscaldamento, ma infiammato di proteste frenetiche e caciarone (Travaglio da Gruber sfoggiava già l’altra sera un giaccone paramilitare da subcomandante d’istituto). 

  

La motivazione degli studenti del Manzoni è nobile: il liceo è occupato per protestare “contro la vittoria del centrodestra”. Contro “Meloni e Confindustria che ci reprimono”. Contro “la grave situazione in cui versano le nostre vite” (siamo dalle parti dell’Iran, insomma). Occupare una scuola perché le elezioni sono andate male, perché hanno vinto “quegli altri”, perché gli italiani non hanno votato come avrebbero dovuto sembra una scemenza giustificata solo dall’età (ci si augura almeno che i professori infilino tra una lezione d’antifascismo e l’altra anche quella sulla democrazia parlamentare). Ma a ben vedere è solo la versione liceale e okkupata di un pensiero diffuso. Da Damiano dei Måneskin a Debora Serracchiani del Pd l’analisi del voto cambia poco: “Oggi è un giorno triste per il paese”.

  

Non per il Pd, il centro-sinistra, la sinistra-sinistra: per il paese. E qui, signori, c’è tutto. C’è l’idea paternalistica che noi (di sinistra) sappiamo cosa è giusto per te. L’idea che la sinistra sia il bene del paese e la destra il male, solo che i suoi elettori, poveri scemi, non lo sanno. C’è la premessa di un mondo ideale, in cui l’elettore dovrebbe potere scegliere tra la sinistra di Potere al popolo e quella di Casini, con al più, sullo sfondo, un Terzo polo che sa già di autoritarismo e borghesia corrotta. Ma la destra no. Non dovrebbe proprio partecipare. A meno che non si abbia prima la garanzia che non vinca. Dentro questo quadro, che da noi, e soprattutto a scuola, è come l’acqua per i pesci, l’occupazione è più che giustificata (sperando naturalmente che al Manzoni, come ovunque, l’ambiente, la guerra, il fascismo, servano pur sempre la nobile causa di un’euforica scopata in aula magna). 

  

Ma insomma, la sconfitta è netta e cocente. La più tragica dal Dopoguerra. Però sui social si porta molto la questione scottante di un voto impedito, ostacolo, rubato ai poveri fuorisede. E’ chiaro, con un campo largo Pd, M5s, fuorisede si sarebbe salvata l’Italia. Almeno invitarli al congresso sarebbe carino.