Il caso

Meloni tra caro bollette e umori della Ue: "Che dice Ursula?"

Simone Canettieri

La leader di FdI incontra Tajani che le riferisce della telefonata con la presidente della Commissione. Intanto lavora ai dossier. A partire dal governo con l'incognita Salvini: "Avrò da sola la maggioranza in Cdm"

“Che dice?”. “L’ho tranquillizzata”. Giorgia Meloni riceve Antonio Tajani in Via della Scrofa, sede di Fratelli d’Italia. L’incontro dura trenta minuti. L’esponente di Forza Italia racconta alla premier in pectore la telefonata avuta qualche ora prima con Ursula von der Leyen, presidente della Commissione europea. A due giorni dalla vittoria delle elezioni continua la ricerca di normalizzare la percezione estera del dopo Draghi. “Altro che i bacioni a Ursula”, inviati da Salvini. Tajani parla con la collega del Ppe per riferire poi a Meloni. La pacchia è finita, ma quella della campagna elettorale. L’incontro con il numero due di Forza Italia segna il primo contatto interno con vista sul nuovo governo. Salvini non è pervenuto: ha altro a cui pensare. 

 
Sicché, dall’alto, la divisione dei ruoli finora sembra abbastanza chiara. La presidente di Fratelli d’Italia passa la prima vera giornata di lavoro “con la testa ai dossier, a partire dal caro bollette” e ai “profili migliori” con cui puntellare il suo governo. Forza Italia, con l’ex presidente del Parlamento europeo, apre un canale con Bruxelles sperando di sminare le ansie su una possibile strambata dell’Italia. E la Lega, da ultima, è alle prese con i panni sporchi da lavare in casa.


Dalle parti di Meloni si dissimula. “Non entriamo in casa d’altri, non parliamo con i governatori se non per le vicende regionali”, ripetono i colonnelli di Giorgia. E però le mosse imprevedibili di Salvini sono un argomento di cui si discute. Le trattative le condurrà  il segretario della Lega “in prima persona”. Anzi, ha annunciato che poi aggiornerà, passo passo, tutti dal suo account TikTok. Un moto perpetuo già visto durante l’elezione del capo dello stato, quando il segretario del Carroccio cambiò linea e posizione una decina di volte, citofonando a mezzo mondo, lanciando e bruciando tutte le volte nomi diversi. Adesso i rapporti di forza sono cambiati. E non è escluso che dal cellulare di Meloni partano in questi giorni telefonate esplorative all’asse Zaia-Fedriga. E cioè i governatori del nord-est che masticano amaro, che vorrebbero un change interno e che non si sa quanto si fidino adesso della rosa di nomi che porterà al tavolo Salvini.

Il rapporto fra Meloni e il presidente del Friuli-Venezia Giulia è noto: forte, consolidato e fatto di conversazioni private con cadenza abbastanza frequente. Non è escluso che una volta decise le caselle, quando ci sarà da chiudere sui nomi, su chi va dove, i governatori offrano più di una sponda all’aspirante premier. D’altronde sia Fedriga sia Zaia hanno ancora il dente avvelenato dallo scorso agosto quando non hanno messo becco sulle liste elettorali, visionate quando ormai erano state praticamente chiuse con tanto di timbro. 
     

Nella testa di Meloni ronzano anche questi dilemmi: come prendere le misure all’alleato ferito e a picco nei consensi che ora vuole risalire a tutti i costi la china? Un’altra mossa allo studio, sempre a proposito della squadra di governo, riguarda i numeri: la presidente Meloni fra ministri di FdI e tecnici da lei indicati punta ad avere la maggioranza in Consiglio dei ministri. Un conto anche lecito visto che i due alleati insieme hanno raccolto quasi i due terzi dei voti di Fratelli d’Italia. In questo modo, qualsiasi minaccia di strappo su qualsiasi decreto sarebbe subito neutralizzata dalla forza del pallottoliere. Almeno in Cdm, certo. Discorsi di prospettiva, anche se la strada che porta la capa della destra a Palazzo Chigi è ancora lunga, calendario alla mano. E così intanto “studia e legge, giorno e notte”, come racconta chi le sta vicino con enfasi quasi leopardiana. Di sicuro è anche una maniera per trincerarsi dietro a una cortina   di silenzio. Si sa che nei prossimi giorni Meloni vorrà incontrare Silvio Berlusconi, dopo la telefonata di domenica notte. E poi certo ci sarà Salvini con cui fare i conti. Nel frattempo, continua la ricerca di Meloni di uomini di “alto spessore” per i ministeri chiave. La priorità si chiama Mef. Anche se le quotazioni di Alessandro Rivera, direttore generale del Tesoro, e di Daniele Franco, attuale titolare del dicastero di Via XX Settembre, sono in forte ribasso. Si ritorna, come in un gioco dell’oca, a Fabio Panetta. Nel frattempo ieri la futura premier ha mandato il primo input alla coalizione che guiderà: “Voglio sapere tutto sulla Nadef”. E cioè la Nota di aggiornamento al documento di economia e finanze del governo. Per questo, già oggi, potrebbe esserci una riunione   con il sottosegretario leghista Federico Freni e Maurizio Leo, colonnello meloniano con delega all’Economia.
            

  • Simone Canettieri
  • Viterbese, 1982. Al Foglio da settembre 2020 come caposervizio. Otto anni al Messaggero (in cronaca e al politico). Prima ancora in Emilia Romagna come corrispondente (fra nascita del M5s e terremoto), a Firenze come redattore del Nuovo Corriere (alle prese tutte le mattine con cronaca nera e giudiziaria). Ha iniziato a Viterbo a 19 anni con il pattinaggio e il calcio minore, poi a 26 anni ha strappato la prima assunzione. Ha scritto per Oggi, Linkiesta, inserti di viaggi e gastronomia. Ha collaborato con RadioRai, ma anche con emittenti televisive e radiofoniche locali che non  pagavano mai. Premio Agnes 2020 per la carta stampata in Italia. Ha vinto anche il premio Guidarello 2023 per il giornalismo d'autore.