L'intervista
Rachele Mussolini: "Con Meloni ci scrolliamo di dosso mio nonno"
La nipote del Duce assicura: "FdI è un partito di centrodestra, la stampa internazionale può stare tranquilla". E sul gravoso cognome ammette: "Da ragazzina non è stato facile, mi iscrivevo in palestra con quello di mia madre"
“Con Giorgia a Palazzo Chigi finalmente la destra italiana potrà scrollarsi di dosso il fantasma di mio nonno”. Parola di Rachele Mussolini, 46 anni, consigliera capitolina, figlia di Romano, e, soprattutto, nipote di Benito. Alla stampa internazionale che parla di partito post-fascista, di governo italiano più a destra dopo la Seconda guerra mondiale ed evoca suggestive coincidenze tra l’insediamento del probabile esecutivo Meloni e il centenario della marcia su Roma, la nipote del Duce risponde così: “Possono stare tranquilli. FdI è un partito di centrodestra, quello della Meloni non sarà un governo estremista, non sarà toccata nessun diritto, al massimo saranno estesi. Non ci saranno inquietanti restaurazioni di quel passato, nonostante abbiano una Mussolini nel partito, che però, voglio dirlo, è la più progressista di tutti”.
E sì, perché Rachele Mussolini, che porta lo stesso nome della nonna, dentro FdI si considera una progressista, una sostenitrice dei diritti civili. “Un collega e amico consigliere del Pd – racconta – scherzando mi ha detto che dovrei fare una corrente di sinistra in FdI, vaglielo a spiegare che da noi si va uniti e le correnti non esistono”. Non ci dirà che è favorevole alle adozioni degli omosessuali? “Aspetti, aspetti. Significa innanzitutto che Giorgia non toccherà né la legge 194, né le unioni civili. Lo ha spiegato benissimo: non si tratta di togliere diritti ma di aggiungerne permettendo alle donne in difficoltà economica di poter non abortire grazie a un sostegno finanziario”. E sulle unioni civili? “Non saranno toccate, ma le dirò di più, se fossi stata in Parlamento nel 2016 avrei votato a favore in dissenso dal gruppo”. E sulle adozioni omosessuali? “Sono abbastanza possibilista, poi è chiaro che la priorità è snellire le procedure per le adozioni”. Ormai è un test. E l’eutanasia? “La storia di dj Fabo – spiega – mi scioccò: come si può impedire a una persona in quelle condizioni di interrompere le cure?”. Non andiamo oltre che rischiamo di trovare una Mussolini nel Pd.
Facciamo piuttosto un passo indietro. Non ci sarà un ritorno al fascismo, ma le parole di Giorgia Meloni, che ha evocato “i tanti che non ci sono più” e aspettavano questo momento, lasciando intendere che in quella destra che dal Msi si è fatta An e poi FdI, hanno lasciato intendere un senso di rivincita. “Certo che c’è la sensazione del riscatto – ammette – ma è il riscatto di un partito che è nato all’opposizione, ci è rimasto per 10 anni e adesso, grazie alla forza e alla coerenza di Giorgia Meloni, andrà al governo del paese. E’ solo questo, non una rivincita sul 25 aprile”. Eppure dentro Fratelli d’Italia ogni tanto spunta qualcosa di strano: saluti romani, travestimenti nostalgici, riferimenti ambigui… ultimo il caso di Romano La Russa. “Purtroppo – dice Rachele Mussolini – c’è gente che non si rende conto, sono cazzate imperdonabili perché FdI, che pure ha un passato, è un partito che guarda avanti, non indietro. Io che quelle cose le ho vissute sulla mia pelle: quando giravo con mio padre capitava spesso per strada che qualche nostalgico lo salutasse alzando il braccio teso, lui si scherniva, abbassava la testa e se ne andava. Per la nostra famiglia la Storia è anche una storia dolorosa”.
Non c’è solo la liberazione del partito da una tara che gli grava pericolosamente sulla testa, per Rachele Mussolini c’è anche la storia personale di emancipazione da un cognome ingombrantissimo, forse il più ingombrante per un italiano. “Da ragazzina – racconta – non la vivevo benissimo. Quando andavo a iscrivermi in palestra lo facevo sotto mentite spoglie, mi segnavo con il cognome di mia madre, Rachele Puccini. Non perché mi vergognassi o volessi sconfessare le mie origini, sono orgogliosa di essere la figlia di Romano Mussolini, mio padre è stato un grande jazzista e un uomo straordinario, amato da tutti, ma è chiaro che quel cognome si notava, non volevo essere additata, subire subito il pregiudizio”. Anche per questo la consigliera capitolina che adora Giorgia Meloni non ama usare la parola patria. “Patria, patrioti, sono parole che fatico a dire anche se amo il mio paese preferisco utilizzare un linguaggio diverso”.