Cingolani pressa i tedeschi. Guerini mette in guardia sui russi. L'eredità di Draghi sul gas si decide in due giorni
Le telefonate del ministro della Transizione ai colleghi europei: oggi quella decisiva con Habeck. Dalla Difesa alzano l'allerta sui gasdotti nel Mediterraneo, dopo le informazioni ricevute dall'intelligence tedesca: si teme una replica dell'attacco al Nord Stream. Il successo dell'Italia in Ue sul dossier energetico si gioca in queste ore
Non fosse che si è alla fine, questa ansia di volere indicare alla strada all’Europa apparirebbe forse meno titanica. E invece, per una serie di accidenti non previsti, proprio mentre si accinge al passaggio di consegne, il governo di Mario Draghi si ritrova a dover gestire, con ruolo di capofila obbligato, la partita del gas. Che investe Roberto Cingolani, ovviamente, impegnato in queste ore a convincere, uno a uno, i suoi colleghi che nei vari stati membri detengono le deleghe sull’Energia. E riguarda però anche Lorenzo Guerini e la complessa macchina della Difesa. Perché quello che è successo nel Mar Baltico, il sabotaggio al Nord Stream, impone di alzare l’allerta affinché un attacco analogo non avvenga anche nel Mediterraneo, ai gasdotti che lo attraversano. E per questo uomini e mezzi sono stati mobilitati.
Non solo le due navi impegnate in operazioni cacciamine – la Numana e la Anteo – affidate alle cure esperte degli incursori Comsubin, delegati alla caccia ai sommergibili e ad eventuali ordigni piazzati sul fondale; verranno impiegati anche veri sottomarini a presidio di quel “nostro Mare” che è diventato sempre più mare di tutti, trafficato come non mai. Lo stesso sul quale voleranno droni e aerei dell’Aeronautica, per monitorare passaggi e manovre di mezzi militari. C’è da difendere i gasdotti che collegano il Mezzogiorno alla rete di rifornimento vitale: quella del Tap, che attraverso il Canale d’Otranto ci connette ai tubi azeri, e quella del Transmed, l’infrastruttura che dall’Algeria, arriva a Mazara del Vallo. Ed è un interesse non solo italiano. Perché da lì, da quei condotti sottomarini, dipende in effetti la possibilità di approvvigionamento di mezza Europa. Il che, per certi versi, conferisce rinnovata centralità al Mediterraneo, e investe – come anche Giorgia Meloni ha convenuto, nei suoi confronti col governo in carica – di grande responsabilità l’Italia. Per questo l’allerta è scattata immediata, dopo il fattaccio nel Mar Baltico.
Mossa prudenziale, certo: di chi sa che le tensioni internazionali non ammettono sottovalutazioni dei rischi. E però, al tempo stesso, una scelta che risponde a una strategia condivisa tra la Difesa e i comparti dell’intelligence.
Perché se è vero che, ufficialmente, la matrice dell’attacco al Nord Stream resta incerta, a disposizione di chi arriverà al governo, tra qualche settimana, ci sono i resoconti degli scambi avuti dai nostri funzionari dei Servizi segreti con i colleghi tedeschi. E in Germania di dubbi, su chi abbia voluto attaccare le condutture, sono pochi. Tra l’altro, sono state riferite le strane dichiarazioni che Sergey Nechayev, l’ambasciatore russo a Berlino, solitamente assai meno ciarliero del suo compagno Sergej Razov, aveva rilasciato pochi giorni prima del sabotaggio: “Nel sostegno militare all’Ucraina, la Germania sta oltrepassando la linea rossa”. Qualcosa meno di una rivendicazione preventiva, certo. Ma forse qualcosa in più di una coincidenza. Anche perché, se la guerra europea a Putin passa anche dalla diversificazione delle fonti del gas, non è così assurdo che il Cremlino voglia colpire le infrastrutture che quella diversificazione garantiscono. E il Nord Stream allora potrebbe essere stata un semplice avvertimento.
Se questo è il quadro, allora, si capisce il senso dell’urgenza che Cingolani prova a trasmettere ai suoi parigrado: “Bisogna agire, e farlo subito”. Lo ha fatto anche ieri, il ministro della Transizione ecologica, in una serie quasi estenuante di bilaterali virtuali. Uno a uno, via Zoom, ha affrontato i responsabili dell’Energia degli altri quattordici paesi che, insieme all’Italia, la settimana scorsa hanno firmato la lettera di sollecito inoltrata alla Commissione. La crisi, è convinto Cingolani, va trasformata in un’opportunità: e per questo accontentarsi di prendere specifici accorgimenti per superare la buriana di questo inverno sarebbe assai poco ambizioso. Piuttosto, bisogna puntare a riformare in modo strutturale il mercato del gas europeo, per mondarlo delle storture che da tempo, da ben prima dell’invasione dell’Ucraina da parte di Putin, lo espongono ai rischi della speculazione. Dunque la proposta dell’Italia non cambia, ed è la stessa che oggi, proseguendo nel suo lavoro di persuasione, Cingolani spiegherà agli altri ministri europei, a partire dal suo amico tedesco Robert Habeck. Il piano resta, insomma, quello di smantellare il Ttf, la borsa del gas olandese, introducendo dei parametri minimi e massimi sul prezzo del gas ricavati da un mix di altri titoli di riferimento nel mercato energetico americano e asiatico. E l’efficacia della misura va dimostrata attraverso uno studio di fattibilità realizzato dal Mite e che, se approvato da tutti i ministri responsabili, verrà trasmesso alla Commissione entro la mattinata di domani: in tempo perché gli uffici di Ursula von der Leyen possano sottoporre poi la proposta ai capi di stato e di governo che si riuniranno a Praga venerdì.