prime volte
Il grillino senza vaffa che porta la musica classica in Senato. Intervista a Luca Pirondini
Genovese, 41 anni, è il primo musicista classico eletto a Palazzo Madana: "Il Rdc? Chi parla di voto di scambio è in malafede. Le infrastrutture servono, anche per creare lavoro, ma faremo la massima attenzione al malaffare". La politica, il calcio e la viola, lo strumento più "movimentista"
Alla fine ammette anche che la viola è strumento più “movimentista”, meno individualista rispetto al violino, probabilmente pure meno egoista, perché certo è che “i violinisti sono decisamente più competitivi, loro in tournée passano le serate in camera a esercitarsi, noi nella hall dell’hotel a raccontare storie”. Il senatore Luca Pirondini dice questo e altro prima di lasciare (temporaneamente) il golfo mistico ed entrare nell’emiciclo di Palazzo Madama. Ci entra con una storia almeno singolare: è il primo musicista classico eletto al Senato della Repubblica, il primo a metterci piede, pure ora che i posti disponibili si sono ristretti da 315 a 200 eletti in quella che resta la camera “alta” di un sistema bicamerale perfetto. Pirondini ha 41 anni, è genovese, si è diplomato in viola al conservatorio Nicolò Paganini, illustrissimo genovese troppo a lungo bistrattato dai suoi concittadini che come è noto nel Dopoguerra gli buttarono giù pure la casa nativa. Dal 2018 è prima viola dell’orchestra sinfonica di Sanremo, la città del festival e della canzone italiana.
A Palazzo Madama Pirondini arriva con i voti del Movimento Cinque Stelle, partito che già rappresentava nel consiglio comunale di Genova, dove è stato rieletto il 12 giugno scorso. Vero, il senatore pentastellato può contare su predecessori che hanno fatto la storia mondiale della musica classica, ma le loro sono decisamente storie diverse. Giuseppe Verdi, il Maestro non uno dei numerosi omonimi, venne eletto alla Camera e poi al Senato, ma quando l’Italia era appena stata unificata sotto il regno dei Savoia. Un altro Maestro osannato in tutto il mondo venne nominato senatore a vita della Repubblica e si trattava di Arturo Toscanini, ma alla fine disse no e a quanto pare era così scocciato dalle vicende italiche che neppure aggiunse un rituale “grazie”.
Adesso tocca a Pirondini, che appena eletto allarga il suo serafico sorriso e aggiunge: “Da Marassi al Senato è davvero un bel viaggio, sì, sono davvero molto felice”. Marassi è un quartiere popolare di Genova, lo stesso dove sulle rive del torrente Bisagno hanno piazzato lo stadio Luigi Ferraris, dove gioca anche la Sampdoria, “squadra della quale sono tifosissimo”. Calcio, impegno politico e musica sono le tre passioni di Pirondini e quando si chiacchiera con lui appare piuttosto chiaro che l’ordine può anche dipendere dal momento. Convincente e sorridente, forse anche per questo il senatore può apparire un grillo a tratti atipico. Per esempio: pare non detesti i giornalisti, sentimento decisamente in voga tra i pentastellati della prima ora, quelli del vaffa. Sarà che in famiglia ne ha uno, l’amato zio Enrico Pirondini, 72 anni, ottimo giornalista, esperto (anche) di sport, fondatore per il gruppo Espresso della Nuova Ferrara e del settimanale Più.
Dello zio il neo senatore condivide i modi sorridenti, né formali né ostentati, mai usati come una réclame tanto che non era poi così facile vederlo sorridere in una campagna elettorale estiva e tiratissima. Appena eletto ha ribadito quelli che sono i punti di forza di una militanza grillina della prima ora. In sintesi e rapida successione: uno, “credo che questo sia in assoluto il nostro migliore risultato elettorale, perché arriva dopo la prova di un movimento di governo che con Giuseppe Conte ha saputo affrontare e bene un momento drammatico per il nostro Paese”; due, “chi parla di voto di scambio tra noi e gli elettori tirando in ballo il Reddito di cittadinanza è semplicemente in malafede, perché abbiamo raccolto più di 4 milioni di voti mentre in Italia sono circa un milione quelli che percepiscono il reddito, anche se s’insinua che ci hanno votato pure i familiari i conti comunque non tornano, mentre la verità purtroppo è che nel Paese c’è una percezione forte di instabilità, una concreta paura che si possa cadere sotto la soglia di povertà”; tre, “le infrastrutture servono, anche per creare lavoro, ma faremo la massima attenzione perché nelle grandi opere non s’insinuino corruzione e mafia, che restano un problema reale”.
Ecco, più o meno questo è il maestro-senatore. Avrà molti difetti, ma non troppe apparenti contraddizioni. Pirondini non arretra, ma ti accompagna avanti, senza vaffa, con il dialogo, quello per esempio che non ha mai interrotto con il Pd: una parte dei suoi voti arriva dai Dem, dilaniati in Liguria da beghe interne. Il senatore non rinnega nulla, ma guarda avanti, sorride con riconoscenza se gli parli di Beppe Grillo, si butta con ragionato entusiasmo nel Movimento guidato da Giuseppe Conte. E intanto porta la Classica nel Senato della Repubblica, per la prima volta: probabilmente ce ne vorrebbe di più e si sarebbe potuto fare anche prima. Non fosse altro per cambiar musica.
Giampiero Timossi