maledetta coerenza
Spulciare il passato di Meloni e chiedersi: è una Tsipras di destra?
Un viaggio lungo ventidue anni di interviste meloniane . Cosa accadrà all’Italia se la futura premier sarà coerente con se stessa (aiuto!)
L’amore per Bannon, la passione per Visegrád, la diffidenza per le democrazie liberali, la lontananza da Bruxelles, la scorciatoia complottista, l’adesione al sovranismo economico, l’odio contro l’establishment, l’avversione per Mattarella e molto altro. Ma che cosa vuol dire esattamente essere coerenti? E in che senso una destra magnificamente incoerente con se stessa potrebbe essere una rivoluzione non solo per l’Italia ma anche per l’Europa?
C’è una frase semplicemente spaventosa che Giorgia Meloni, premier in pectore dell’Italia, va ripetendo in continuazione da molti anni. E quella frase coincide con una caratteristica precisa della leadership meloniana: la coerenza. Siamo qui, ripete da mesi Meloni, perché siamo coerenti, perché abbiamo scelto di non tradire i nostri ideali, perché abbiamo scelto di non adattare le nostre idee alle trasformazioni del mondo e perché, a differenza dei nostri avversari e dei nostri alleati, abbiamo scelto di non essere delle banderuole politiche, decise cioè a spostare la nostra direzione a seconda di dove va il vento (orrore!). Abbiamo scritto spesso sul nostro giornale, noi inguaribili e irresponsabili ottimisti, che l’incoerenza, per Meloni, è l’unica carta che la leader di Fratelli d’Italia ha a sua disposizione per non far deragliare l’Italia, per non creare diffidenza tra gli investitori, per non terrorizzare i mercati, per non mettere a soqquadro il paese, per non trasformare l’Italia in una colonia di Orbán e per non far diventare il governo futuro la brutta copia del governo gialloverde.
Eppure le possibilità di ritrovarsi un domani una Meloni coerente con se stessa esistono, eccome se esistono, e per provare a capire cosa significherebbe avere una Meloni desiderosa di essere coerente con le sue idee del passato abbiamo pensato di passare qualche ora a rileggerci alcune delle interviste più significative rilasciate dalla leader del centrodestra dal 2000 a oggi e abbiamo deciso di riportare alcune delle frasi di Meloni che dovrebbero spingerci a tifare fortissimamente per la realizzazione di uno scenario non semplice da realizzare: avere una Meloni felicemente non coerente con se stessa e, nello specifico, avere una Meloni non coerente con il populismo tossico che con una certa spensieratezza ha seminato in questi anni in giro per l’Italia. Essere coerenti con se stessi, per Meloni, significherebbe, per esempio, essere coerenti con ciò che la leader di Fratelli d’Italia disse pochi anni fa, il 25 settembre del 2018, quando in un’intervista al Giornale piazzò le seguenti affermazioni. Prima questione: “Bannon? Sta creando una rete dei movimenti che condividono le stesse idee cioè la difesa di valori come l’identità nazionale, la famiglia, la tradizione. Valori che una certa ideologia globalista vuole spazzare via perché soltanto togliendo di mezzo ciò che ci definisce possono trasformarci in perfetti schiavi consumatori”. Seconda: “Si può puntare il dito contro Orbán perché non vuole accettare immigrati irregolari? Orbán si è offerto di contribuire alla difesa della frontiera esterna, con navi, mezzi o diplomazia. Sono curiosa di vedere quale atteggiamento assumerà il governo (gialloverde, ndr) nel voto contro l’Ungheria”.
“Salvini dice che ognuno vota come vuole, ma in Consiglio europeo sarà Conte a dover esprimere la posizione del governo. Quale linea sceglierà? Quella di Salvini o quella di Di Maio?”. Essere coerenti con se stessi, per Meloni, significherebbe dunque spostare l’asse italiano lontano da quello centrale europeo e più vicino a quello laterale di Visegrád (28 febbraio 2018: “Lo so che l’Italia, se vinciamo noi, dovrà dialogare con il gruppo di Visegrád piuttosto che con l’asse franco-tedesco che comanda ora a Bruxelles”). Ma essere coerente con se stessa, per Meloni, significherebbe anche altro. Significherebbe, per esempio, immaginare che Meloni possa considerare legittimo muoversi nel vecchio solco euroscettico. Nel febbraio del 2018, tanto per dirne una, intervistata da Myrta Merlino a “L’aria che tira” su La7 Meloni disse che “l’euro è una moneta sbagliata”. Tre anni dopo, sempre a “L’aria che tira”, Meloni tornerà sull’argomento e dirà così: “Sull’euro la penso sempre alla stessa maniera. Non ho mai proposto l’uscita unilaterale dell’Italia dall’euro. Ma credo che le monete siano uno strumento. Che non siano un dio. Che cosa è irreversibile a parte la morte? Le monete si valutano per la loro utilità”.
Essere coerente con se stessa, poi, significherebbe, ancora, per la coerente Meloni, utilizzare sull’immigrazione un lessico non troppo diverso rispetto a quello adottato nei testi sacri amati dai suprematisti bianchi. Eccoci qui, siamo al 19 giugno 2019: “Dobbiamo capire che dietro questo grande tema dell’immigrazione incontrollata non c’è il tentativo episodico di persone che sperano di sbarcare in Europa. C’è un movimento organizzato”. E poi, 23 gennaio 2017: “La ragione per la quale fanno entrare centinaia di migliaia di immigrati in Italia è che è manodopera a basso costo per il grande capitale. Manovalanza a basso costo. Schiavi da consegnare ai poteri forti. E i giovani laureati italiani si vadano a cercare lo stage fuori. Si chiama sostituzione etnica. E noi non la con-sen-ti-re-mo”. Essere coerente con la sua storia, per Meloni, significherebbe cavalcare gli istinti anti euro, significherebbe cavalcare gli istinti antieuropeisti, significherebbe cavalcare l’onda xenofoba ma significherebbe, fra le tante cose, seguire, sulla politica economica, un approccio improntato alla promozione di un mix tossico, fatto di sovranismo, protezionismo, complottismo, pulsiioni autarchiche e odio per il globalismo. 13 febbraio 2021, Milano Finanza: “Nella visione di Fratelli d’Italia lo stato è quell’entità che ha il dovere di mettere in condizione le forze produttive di creare ricchezza. Questo è possibile solo se torniamo a prendere il controllo delle infrastrutture strategiche come porti, aeroporti, ferrovie, autostrade, reti idriche, elettriche e digitali, investendo sulle stesse e rendendole neutrali e performanti”.
E sul gas, invece, cosa c’è da aspettarsi da Meloni se dovesse essere coerente con se stessa? 5 aprile 2016, stagione del referendum sulle trivelle: “Le trivellazioni? Invitiamo tutti ad andare a votare e di votare sì per dire basta all’inquinamento del nostro mare”. Più stato, meno mercato, più nazionalizzazioni, meno globalizzazione, lotta dura e pura agli squali della finanza. Non male per un paese come l’Italia che vive di esportazioni e dunque di globalizzazione. Ma essere coerente con se stessa, poi, per Meloni significherebbe voler usare un metodo spericolato, per così dire, anche nella scelta del ministro dell’Economia. Oggi, così dice la premier in pectore, il capo del Mef è meglio che sia un tecnico, dunque non un politico, ma appena quattro anni fa, sul tema, Meloni reagì così quando Sergio Mattarella, God bless, si impuntò per non avere un politico euroscettico alla guida del Mef. 27 maggio 2018: “Il presidente Mattarella è troppo influenzato dagli interessi delle nazioni straniere, dunque Fratelli d’Italia, nel caso in cui questo veto impedisse la formazione del nuovo governo, chiederà al Parlamento italiano la messa in stato d’accusa del presidente della Repubblica per alto tradimento, perché di gente che fa l’interesse delle nazioni straniere e non degli italiani ne abbiamo vista fin troppa”.
E ancora. “Se le idee di Paolo Savona, che è critico verso l’Ue, sono pericolose allora anche noi di FdI, che sosteniamo che l’Unione è da rinegoziare, non potremmo partecipare alle elezioni”. La carrellata delle incoerenze possibili, e auspicabili, che si presentano plasticamente di fronte agli occhi di Meloni non sono lì a indicare però il rischio banderuola, ma sono lì a indicare la presenza di un’opportunità straordinaria per la leader del centrodestra: regalare alla destra italiana una piattaforma nuova, non sovrapponibile a quella offerta in questi anni dai cugini di campagna elettorale di Meloni, e trasformare la stagione della destra di governo in un modello di evoluzione, di trasformazione, di maturazione, dimostrando che anche per i populisti la moderazione non è un mezzo per arrivare al governo ma è un fine per provare a guidare il paese. Si potrebbe dire, alla fine del nostro ragionamento, che una destra incoerente con se stessa potrebbe offrire a Giorgia Meloni la possibilità di diventare l’Alexis Tsipras di destra.
Anni fa, ricorderete, Tsipras fu autore di una formidabile trasformazione di governo: partì populista, scelse di indire un referendum contro il memorandum dell’Europa, fu a un passo dall’uscire dall’euro ma poi scelse di riconvertire i suoi fratelli di Grecia immergendoli in un pragmatismo europeista. La strada per Meloni potrebbe essere quella, ma anche qui conterà l’incoerenza con le sue parole future, e non saremo certo noi a dirvi cosa diceva Meloni anni fa della Grecia di Tsipras. Volete saperlo? Se proprio insistete, ecco qui. Siamo al 24 giugno 2015: “Apprezzo Tsipras per come ha difeso la Grecia”. Da cosa, vi chiederete. Ma ovvio: “Dall’aggressione della Troika”. E dunque siamo lì. Una destra capace di cambiare pelle, di diventare un modello per l’Europa, di offrire all’Italia una piattaforma coraggiosa è una destra che deve in fretta dimostrare di aver cancellato alcuni peccati del passato. L’amore per Bannon, la passione per Visegrád, la diffidenza per le democrazie liberali, la lontananza da Bruxelles, la scorciatoia complottista, l’adesione al sovranismo economico, l’odio contro l’establishment, l’avversione per Mattarella. Non sarà facile, ma la strada è quella. I popcorn li portiamo noi.