Giorgia Meloni (Ansa)

problemi di casting

È finita la pacchia (per Giorgia). Perché c'è già un guaio tra Meloni e il mondo finanziario 

Claudio Cerasa

I Btp a 10 anni ai massimi dal 2020. Le agenzie di rating borbottano. Mps non trova investitori disposti a scommettere sul futuro. I super tecnici  rifiutano le avance sul Mef

Il governo Meloni non è ancora nato, lo sappiamo, ma già da oggi è chiaro che la sua luna di miele con il mondo finanziario potrebbe essere ancora più difficile del previsto. La notizia più importante è quella che avete letto ieri sui giornali di ieri ed è relativa a un duro monito arrivato da una delle agenzie di rating più famose del mondo: Moody’s. Cosa ha detto Moody’s? Semplice: se il prossimo governo dovesse rallentare il percorso di attuazione delle riforme per rafforzare la crescita, a partire da quello del Pnrr, l’Italia rischierebbe di essere declassata.

 

Quando si saprà se l’Italia verrà declassata o no? Appuntamenti da segnarsi sul calendario: il 30 settembre è toccato a Moody’s (che non ha cambiato valutazione sull’Italia), il 21 ottobre toccherà a Standard and Poor’s, il 18 novembre Fitch, il 28 ottobre l’agenzia di rating canadese Dbrs. Tema: si può avere fiducia sul futuro del governo Meloni? Altri quattro indizi ci possono aiutare perché, sul tema fiducia preventiva, c’è qualcosa che inizia a scricchiolare. L’indizio successivo riguarda una storia sottovalutata dalla futura maggioranza di governo ed è una storia che riguarda un bubbone finanziario di nome Mps. Cosa è successo a Mps? La banca, da giorni, cerca investitori disposti a sottoscrivere il suo robusto aumento di capitale. Valore dell’aumento:  2,4 miliardi di euro. Problema: una parte di quell’aumento di capitale è a carico dello stato, che è azionista di maggioranza della banca e che non potrà stanziare più di 1,6 miliardi per non violare i vincoli previsti in materia di aiuti di stato. Il resto è in mano al mercato.

 

Qual è il guaio? Semplice: l’aumento non ha coperture sufficienti al momento per andare in porto, all’appello mancano circa 500 milioni di euro e la situazione è così delicata da aver costretto la banca, insieme ai suoi advisor, a spostare di almeno una settimana i tempi previsti per raccogliere i finanziamenti. Mps è una banca difficile, e questo è noto, ma non avere investitori disposti a scommettere sul futuro di Mps, cosa mai successa finora, è una spia di un problema potenziale ancora più grosso: la diffidenza è solo su Mps o è una diffidenza legata al futuro dell’Italia? Altro indizio non meno importante è quello che riguarda un dato notato da Bloomberg due giorni fa. E’ vero, sì, lo spread, il differenziale di rendimento tra i titoli di stato italiani e quelli tedeschi non è schizzato verso l’alto in seguito alla vittoria elettorale della destra sovranista, ma è anche vero che negli ultimi giorni c’è stato il maggiore salto del rendimento sui titoli di stato a 10 anni mai registrato dal marzo 2020: 30 punti base, percentuale al 4,48.

 

Diffidenza? Paura? Segnali? Un altro segnale, di sicuro, è quello legato ai numerosi no ricevuti in queste ore da Giorgia Meloni sul fronte più delicato della futura formazione di governo: il ministro dell’Economia. Sia Fabio Panetta, membro della Bce, sia Daniele Franco, attuale numero uno del Mef, hanno fatto sapere di non essere interessati a quell’incarico, ed è naturale che Meloni, insieme con i suoi collaboratori più stretti, si stia ponendo una domanda precisa: perché i migliori tecnici che ha a disposizione l’Italia per quel ruolo non sono interessati a impegnarsi in un governo Meloni? E quanto può pesare su questo problema il fatto che un eventuale impegno di uno di questi nomi (come Daniele Franco, che in modo inusuale qualche giorno fa ha dato il via libera alla Guardia di Finanza per nominare un nuovo vicecapo di gabinetto del ministero, segno che forse al Mef la continuità potrebbe non essere un tabù) avrebbe come conseguenza il trasferimento di buoni poteri del governo nelle mani del tecnico in questione?


Possibile che al Mef, come si dice in queste ore, si possa risolvere ogni problema con un second best di lusso, che era anche il second best suggerito nel 2018 da alcuni consiglieri quirinalizi al centrodestra dopo il no a Paolo Savona al Mef, e può essere cioè che alla fine la casella di ministro del Tesoro venga occupata dall’unico politico del centrodestra draghiano in grado di pesare come un tecnico, ovvero Giancarlo Giorgetti. Ma anche qui il segnale è chiaro e il tema è evidente: quanto fa paura, ai signori dei conti, la prospettiva di un governo Meloni? E qui arriviamo all’ultimo sassolino, all’ultimo segnale, che riguarda uno spostamento improvviso di linea di Giorgia Meloni, il cui attacco a Draghi (in sostanza: sul Pnrr serve discontinuità dal metodo Draghi) è un segnale che non suggerisce solo difficoltà crescenti nel casting di governo ma che allontana anche la prospettiva di avere un domani un Draghi capace di aiutare Meloni a varcare le porte più insidiose delle cancellerie europee.

Avere la fiducia di chi investe in Italia è una priorità per il governo Meloni e sapere che chi determina la fiducia sul futuro dell’Italia ha iniziato ad alzare l’asticella delle attese è un segnale che può determinare due risposte diverse da parte di Meloni. O alzare l’asticella del proprio casting, continuando a rassicurare e accettando le condizioni poste dai tecnici attenzionati. O scegliere invece di considerare l’umore degli investitori come il sintomo di un complotto orchestrato da maledetti speculatori da sfidare a singolar tenzone. E’ finita la pacchia – per Giorgia Meloni.

 

Di più su questi argomenti:
  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.