Il rigassificatore di Piombino spacca FdI: Crosetto a favore, Lollobrigida contro, Meloni nel mezzo
Da un lato il cofondatore del partito, dall'altro il capogruppo alla Camera. Cingolani ha toccato con mano le divergenze nel partito dei patrioti. Che intanto si vedono commissariati dal governo anche in Abruzzo: il meloniano Marsilio, dopo aver a lungo tentennato, accetta che sia Draghi a intervenire per sbloccare un gasdotto strategico
Piombino o non Piombino? Siccome continuano a essere sia a favore sia contro, Roberto Cingolani ha provato a fare chiarezza. Pensando, lui che è “digiuno di politica” per sua stessa ammissione, che in quel persistere dell’ambiguità, in quel dire sì ma anche no, ci fosse in realtà un calcolo studiato, una furbizia ancora non svelata. E invece quando, martedì scorso, ha accennato all’argomento, ha capito che semplicemente una posizione non c’è, al riguardo, dentro Fratelli d’Italia. Fosse per Guido Crosetto, infatti, “certo che il rigassificatore va installato, e subito”. Troppo strategica, quell’infrastruttura, per affrontare la crisi energetica. E troppo alto il rischio di pagare un prezzo anche politico: perché va bene, certo, i risentimenti locali, “ma se bloccassimo quel progetto nel resto d’Italia non verremmo capiti da nessuno”. Peccato, però, che per Francesco Lollobrigida, la questione di principio sia più importante di quella economica: e nella città di Piombino, che FdI amministra col suo sindaco Francesco Ferrari, “non possiamo rimangiarci la promessa che abbiamo fatto alla nostra gente”. Di più, “non possiamo esordire al governo con un cedimento”. E insomma tra il cofondnatore e consigliere storico, e il suo capogruppo nonché cognato, la Meloni sta lì, nel mezzo, che tentenna e prova una mediazione, ma perlopiù rimanda. Così deve essere apparsa martedì scorso a Cingolani, recatosi a Montecitorio per illustrarle la complessità della trattativa europea sul gas, se è vero che poi il ministro della Transizione, che sul rigassificatore di Piombino non tollererebbe ritardi di sorta, ha confidato ai suoi collaboratori le preoccupazioni per il futuro dell’impianto. Che sono aumentate, peraltro, quando al Mite è arrivata la notizia, mercoledì pomeriggio, del voto con cui FdI, insieme a Lega e Forza Italia, ha appoggiato un atto d’indirizzo nel Consiglio regionale della Toscana, con l’obiettivo dichiarato di sospendere i lavori per l’installazione del rigassificatore.
Il tutto, peraltro, con tempismo quasi beffardo. Anzitutto perché la rinnovata contrarietà patriottica a un’opera d’interesse strategica nazionale s’è palesata nelle ore in cui il governo era impelagato nella negoziazione sul price cap con gli stati stati membri e la Commissione. E siccome è nota l’abitudine dei sovranisti di scaricare su Bruxelles la responsabilità dei ritardi e delle inconcludenze sulla questione energetica, a Mario Draghi – che ieri proprio sulla questione del gas ha avuto un colloquio di oltre mezz’ora con Ursula von der Leyen a Praga – deve sembrare surreale che poi, su una faccenda tutta italiana, su cui nessun potere occulto, su cui nulla che non sia l’ideologismo da propaganda ci ostacola, si decida di non decidere.
Tanto più che una delle soluzioni alternative evocate da FdI per evitare di attraccare la nave rigassificatrice nella banchina del porto di Piombino starebbe nel trasferirla a Taranto: “Perché il Sud Italia – ripete Meloni – può diventare l’hub europeo del gas”. Solo che da Taranto, il gas dovrebbe risalire la penisola per arrivare in Europa. Ma, allo stato attuale, tutto si ferma in provincia dell’Aquila, dove la Regione Abruzzo – governata, manco a dirlo, da FdI – s’oppone alla realizzazione del gasdotto che dovrà collegare Sulmona a Foligno. Anche qui si è dovuto attendere fin troppo. E non a caso mercoledì, Draghi ha convocato il presidente abruzzese Marco Marsilio per comunicargli la decisione del governo di superare l’opposizione della regione per dare finalmente avvio all’opera. E Marsilio, che da tempo era in conflitto con Palazzo Chigi, ci confessa come un certo sollievo: “Ora che finalmente chi di dovere si è assunto la responsabilità della decisione finale, è tutto chiaro”.
Al che verrebbe forse da pensare che questa dovrebbe essere il metodo da adottare anche per Piombino: aggirare le proteste strumentali dell’amministrazione locale di FdI e fare, appunto, chiarezza. Se non fosse, però, che i tempi ancora non lo permettono. La conferenza dei servizi chiamata a dare il via libera al progetto non si esprimerà prima di fine ottobre. Poi bisognerà attendere ulteriori autorizzazioni ambientali. Toccherà insomma al prossimo governo, e dunque alla Meloni, decidere tra la linea Crosetto e la linea Lollobrigida.