Piefrancesco Maran (Ansa)

La sinistra che vuole vincere

Il richiamo per le primarie del Pd viene da Milano. Parla Pierfrancesco Maran

Marianna Rizzini

"Nelle fasi critiche, per cercare di invertire la rotta di disaffezione, bisogna abbattere le barriere, farsi vedere contendibili. Chi pensava, a monte, che Giuliano Pisapia potesse prevalere su Stefano Boeri? Poi si è visto quanto quel risultato a sorpresa avesse mobilitato energie sopite", dice l'assessore alla Casa di Milano 
 

Che fare del Pd? E come affrontare i mesi che separano la sconfitta elettorale dal congresso? Si sono molto interrogati i dirigenti dem, durante le dieci ore di direzione, giovedì pomeriggio, senza giungere a una risposta univoca, specie sul tema divisivo per eccellenza: fare le primarie oppure no? La domanda vale a livello nazionale ma anche a livello locale, specie nella Lombardia del crollo leghista, dove il centrosinistra ora spera nel riscatto. E Pierfrancesco Maran, assessore alla Casa e Piano Quartieri nella giunta Sala, il più votato alle comunali di un anno fa, stamattina lo dirà nel corso dell’appuntamento “Cominciamo da capo” alla Fondazione Feltrinelli di Milano: “Vincere la Lombardia potrebbe essere una di quelle imprese politiche memorabili”, dicono gli organizzatori.

 

Maran, forte delle sue novemila preferenze, invita il mondo progressista lombardo a un evento senza simboli di partito, per rilanciarsi con “un’assemblea pubblica” che permetta di “invertire la rotta”. L’idea è di giocare davvero la carta delle Regionali, facendo tesoro dell’esperienza amministrativa e di collaborazione con il territorio maturata a Milano e in tanti capoluoghi lombardi: “Insieme possiamo vincere, possiamo finalmente archiviare i disastri del centrodestra in Lombardia, a partire da una visione di territorio e dalle idee di ognuno di noi”: questo l’intento. Intanto Maran, già qualche giorno fa, aveva esortato il Pd a non compiere, in prospettiva, scelte dall’alto e di non far piovere quindi il nome del candidato alle Regionali da Roma.

 

Non dobbiamo aver paura delle primarie”, dice al Foglio (se gli si chiede se lui si candiderà dice “vedremo, è troppo presto per qualsiasi cosa”, ma è un fatto che in Lombardia Maran raccoglie come si è detto grande consenso): “C’è un elettorato che ha valori comuni anche se vota per partiti diversi all’interno del centrosinistra, e a quello dobbiamo rivolgerci. C’è il dato: sindaci eletti con il centrosinistra governano in molte città lombarde. E c’è la speranza che non si pensi di poter decidere  senza consultare i cittadini”. Per Maran bypassare le primarie vuol dire “svilire” un metodo che ha dato molti frutti “e anche risultati a sorpresa: chi pensava, a monte, che Giuliano Pisapia potesse prevalere su Stefano Boeri? Poi si è visto quanto quel risultato a sorpresa avesse mobilitato energie sopite. Ecco, il meccanismo virtuoso delle vittorie che si raggiungono attraverso le primarie, con il coinvolgimento dell’elettorato, è replicabile. Replichiamolo. Invece sembra quasi che i dirigenti dei partiti, non soltanto del Pd, temano il confronto  con gli elettori. Chi sta a Roma, autocooptato, fatica a rendersi conto dell’importanza di questa apertura”.

 

Specie dopo la sconfitta: “Nelle fasi critiche, per cercare di invertire la rotta di disaffezione, bisogna abbattere le barriere, farsi vedere contendibili”, dice Maran, convinto che ci sia, sul territorio, “molta voglia di rilanciarsi, di combattere davvero per poter andare a intaccare il bacino storico di voti del centrodestra”.  Maran non è stato candidato alle politiche, e ora riparte da quella che è stata soprannominata “assemblea degli autoconvocati”.

’assemblea dove oggi si discuterà della prossima sfida per la conquista del Pirellone. Con una linea sulle alleanze che va in direzione opposta all’opa m5s sul Pd e che dà quindi precedenza ai riformisti del Terzo Polo, richiamando l’esperienza della giunta Pisapia: “L’esperienza politica che più mi ha formato e che più ha cambiato la scena politica è stata quella insieme a Giuliano Pisapia”, scrive Maran in un post: “Vorrei che noi cominciassimo da capo con quello spirito ed entusiasmo che ci portarono a vincere dopo vent’anni di destra. Sappiamo quanto la Lombardia oggi abbia bisogno di cambiamento. Per farlo serve che tornino concetti come quello di autonomia locale delle decisioni. Non dobbiamo riprodurre le divisioni e le dinamiche romane, ma cominciare dalle esperienze vincenti che ci hanno portato a governare buona parte delle città lombarde, con coalizioni ampie che non hanno mai perso di vista la necessità di essere popolari, civiche e aperte alla società contemporanea”. L’intento dell’iniziativa è “fare in Lombardia, come nel 2011 a Milano, una vera impresa collettiva”. Il messaggio è stato lanciato, si vedrà come Roma raccoglierà.
 

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  • Marianna Rizzini
  • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.