(foto Ansa)

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Enrico Letta, un leader in uscita ma non dimesso alle prese con un congresso che non c'è

In teoria il segretario ha chiesto che le primarie si tengano entro marzo, ma una data ufficiale ancora non c'è. E si teme che tirarla per le lunghe potrebbe far desistere Bonaccini dal candidarsi

Non sembra affatto facile questo inizio di legislatura per il Partito democratico. Stretto tra il movimentismo dei 5 stelle e quello (seppure di segno ben diverso) di Carlo Calenda, il Pd fatica a trovare uno spazio. E il fatto che il segretario sia in uscita ma che non si capisca ancora quale sia lo sbocco del congresso certo non aiuta. Enrico Letta tenta di uscire dall’angolo proponendo a Giuseppe Conte e al leader di Azione di collaborare all’opposizione per rendere più efficaci le politiche di contrasto alla maggioranza di centrodestra. Ma le sue avance sembrano non avere possibilità di riuscita. Del resto un politico di lungo corso, Luigi Zanda, glielo aveva detto per tempo: “Enrico prepariamoci a fare da soli perché gli altri non ci staranno”.
  
E l’idea di fare da soli tutto sommato non dispiace all’ala riformista del Partito democratico, che teme che alla fine la proposta di un patto delle opposizioni si riduca all’inseguimento da parte dem dei pentastellati. “Adesso basta, abbiamo abbondantemente dato”, si sente mugugnare dalle parti di Base riformista.

Intanto nel Pd non sembra placarsi la polemica sulle donne, che adesso hanno preso a litigare anche tra di loro. Sotto accusa la portavoce delle donne del Partito democratico Cecilia D’Elia. Tra le dem c’è addirittura chi ne chiede le dimissioni perché non si è spesa abbastanza per evitare che le parlamentari pd fossero così poche. Lei non si dimette, anche perché quel ruolo, nel caso di una brusca interruzione della legislatura, le garantisce automaticamente la ricandidatura, ma c’è da dire che la poverina è diventata una sorta di capro espiatorio dietro cui si nascondono le tante dirigenti dem che hanno contribuito a questa situazione.

Sempre per restare in casa Pd, c’è da registrare che il braccio di ferro tra chi punta ancora a mandare per le lunghe il congresso è tutt’ora in corso. Nonostante Enrico Letta abbia spiegato a tutti che “le primarie devono tenersi entro il 19 marzo perché non ci possiamo permettere di andare oltre” gli attendisti sperano ancora di riuscire a trascinare le cose più in là e di scoraggiare così facendo Stefano Bonaccini. Insomma la direzione della settimana scorsa non ha affatto sciolto tutti i nodi: anche se Letta ha formalmente individuato un percorso, la mancanza di una cronologia dettagliata e il fatto che non sia stata ancora convocata l’Assemblea nazionale del partito lasciano molti margini di ambiguità.

E a proposito di Stefano Bonaccini: secondo una certa vulgata il presidente della regione Emilia Romagna avrebbe molto spento i suoi entusiasmi per la corsa alla segreteria del Partito democratico. Ma chi lo conosce e lo frequenta sostiene che questa sia una versione di comodo del Nazareno che descrive Bonaccini come un candidato alla segreteria sempre in campo, anche se, è l’aggiunta che viene fatta subito dopo, è rimasto “sorpreso per le discussioni surreali” in cui sembra immerso il Partito democratico.

 

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