Foto di Petr David Josek, via LaPresse 

Tra FdI e Renaissance

Le relazioni tra Italia e Francia diranno molto sul futuro dell'Ue. Vincerà il pragmatismo

Jean-Pierre Darnis

Macron teme un'evoluzione di tipo polacco per il nostro paese: ovvero che la nazione guidata dal partito di Giorgia Meloni insieme alla coalizione di destra possa opporsi su parti della legislazione europea considerate fondamentali per l'Unione

La questione delle relazioni con la Francia occupa un posto centrale per capire la politica europea del futuro governo italiano. Italia, Germania e Francia incarnano il triangolo industriale al cuore dell’Europa. Le aziende del nord rappresentano un bacino di consenso notevole per la destra, con un voto che si è spostato in gran parte dalla Lega verso Fratelli d’Italia. Il quadro economico spinge quindi a una forma di pragmatismo nei confronti dell’Europa con la necessità di una stabilità fra Roma, Parigi e Berlino. Ma il rapporto con la Francia porta con sé altre questioni. La prima è quella della continuità dei rapporti diplomatici.

 

Essi sono migliorati dal governo Conte 2 in poi e la dinamica positiva con l’esecutivo Draghi ha portato alla firma del Trattato del Quirinale. Fratelli d’Italia ha votato contro la ratificazione di questo trattato in Parlamento, ma Giorgia Meloni ha recentemente dichiarato al Figaro che non intendeva rimetterlo in causa: l’affermazione che non è sfuggita agli ambienti diplomatici francesi. Il rapporto con la Francia conosce sorti diverse nelle varie culture della destra italiana, spesso legate a valutazioni negative del ruolo della Francia nella storia risorgimentale. Già nel 2011 l’esecutivo Berlusconi aveva gestito una fase delicata con la presidenza Sarkozy, mentre Lactalis ricomprava Parmalat e la primavera araba iniziava a creare scompiglio per le conseguenze migratorie e le differenze sulla Libia. All’epoca erano i ministri leghisti a farsi carico della critica contro Parigi.

 

Nel 2018 Matteo Salvini personificava l’opposizione alla Francia di Emmanuel Macron con scontri sulla gestione delle migrazioni. Si registra quindi una certa continuità con  questo filone antifrancese. Un partito come Fratelli d’Italia esprime oggi una visione politica sovrana, nazionalista e mette in avanti il concetto di “Europa dei popoli”. Riprende il tema sviluppato in Francia da De Gaulle alla fine degli anni ‘50 con la formula di “Europa delle Nazioni”, una linea “retro gollista” incarnata ad esempio nel 1992 quando due boiardi del gollismo come Charles Pasqua e Philippe Seguin fecero campagna contro il trattato di Maastricht. Fratelli d’Italia inoltre si allaccia al percorso politico che fu di An e che mirava a una forma di gollismo italiano. Il paradosso quindi è che questi responsabili politici cosi battaglieri con Parigi hanno in testa un’ideale politico alla francese. Tra l’altro il desiderio di “retro gollismo” non è esclusivo della destra italiana, si ritrova anche in Francia dove sia Zemmour da un lato sia Marine Le Pen, articolano questo tipo di progetti politici.

 

Tutto ciò potrebbe alla fine contribuire al mantenimento di una forma di pragmatismo fra Roma e Parigi per la futura legislatura, sapendo che la Francia è appena andata alle urne e quindi che si apre un ciclo continuo fino al 2027. Se la destra italiana rivendica la prevalenza di un modello intergovernativo nel contesto europeo, non dovrebbe troppo spaventare i francesi anche perché ripercorre una strada conosciuta. Tra l’altro il Trattato del Quirinale rappresenta proprio uno strumento intergovernativo volto ad acquisire un peso specifico nel contesto europeo e quindi dovrebbe essere adoperato da chi intende risollevare le sorti del sistema paese Italia in Europa, con un dispositivo che prevede la partecipazione incrociata di membri del governo ai consigli dei ministri dell’altro paese, prospettiva che si preannuncia gustosa.

 

Esiste a Parigi e in Europa il timore di un’evoluzione di tipo polacco per l’Italia, ovverosia di un governo membro dell’Unione che possa opporsi su parti della legislazione europea ritenuta fondamentale, una diffidenza che viene anche alimentata dall’importanza della tematica antifascista in Francia, uno scarto di percezione che spiega anche le prime uscite infelici di responsabili governativi parigini. La via di un modello retro gollista rimane quella quindi più probabile, anche perché corrisponde alla richiesta di protezione che passa tramite un ruolo forte dello stato. Se rimane una potenziale avversità culturale da parte di alcune componenti della destra italiana nei confronti di Parigi, ci sono anche altrettanti termini concreti per scenari di educata convergenza in un contesto europeo travagliato dalle crisi. Una volta ricaduto il polverone parigino che vede le elezioni italiane come un’anticipazione del futuro politico francese, possiamo aspettarci una posizione pragmatica da parte della presidenza di Emmanuel Macron, con una reale volontà di mantenere un buon livello di relazioni bilaterali, anche per evitare un ritorno al momento di tensioni del governo Conte 1.