L'intervista

"Io ci sarò. La piazza della pace non è di Conte". Parla Furfaro (Pd)

Gianluca De Rosa

"Dobbiamo andare in tutte le piazze che chiedono il cessate il fuoco e parlare anche con interlocutori che non hanno proprio la nostra stessa posizione su come arrivare alla fine del conflitto", dice il responsabile dem dei rapporti con associazioni e movimenti

“Partiamo dal principio: la piazza di Conte non è affatto la piazza di Conte, ma sarà una grande manifestazione nazionale per la pace organizzata dalle associazione, dalle Acli, dall’Arci, dalla Cgil e da tutte le altre realtà che aderiscono alla rete per il disarmo e la pace. Detto questo certo, io ci sarò”. Marco Furfaro, responsabile del Pd dei rapporti con le associazioni e i movimenti, non vuole alimentare polemiche, ma sulla manifestazione pacifista che dovrebbe svolgersi a Roma a metà novembre – data probabile il 19 – ci tiene a mettere le cose in chiaro. “Chiunque abbia a cuore davvero la pace – dice – dovrebbe accuratamente evitare di farla diventare un’arma di propaganda politica”. E però quella “grande manifestazione” nasce da un appello esplicito di Giuseppe Conte al mondo dell’associazionismo cattolico, manifestato con una lunga intervista all’Avvenire, non è che siete voi che state andando all’inseguimento dei 5 stelle? “No, non è così”, risponde il dem. “Non nasce dall’appello di Conte, lui ha fatto un tentativo goffo perché evidentemente nella sua breve vita politica ha avuto poco a che fare con la rete dell’associazionismo, ma in questi casi i partiti fanno un passo indietro o di lato e si accodano a ciò che viene dalla società civile, non ci mettono il cappello sopra, questo per una ragione molto semplice: la pace non può essere un elemento di battaglia politica tra partiti”.

 

Quindi nessun insegumento ai 5 stlle, sicuri? “Personalmente non credo alla politica che di giorno ha una faccia e di notte un’altra. Quando il parlamento si è ritrovato ad aumentare la spesa militare, Conte si è messo a fare quello che abbaiava perché era tutto sbagliato, ma era lo stesso che da presidente aveva preso quegli accordi”. Voi invece state per caso ritrattando la vostra linea sul conflitto in Ucraina: non più con la resistenza ucraina, ma per la pace? “Mettere i puntini sulle i in maniera preventiva – replica Furfaro – non ha senso: dobbiamo far sì che la volontà dei partiti corrisponda a quella della maggioranza degli italiani che chiedono il cessate il fuoco. Questo però non significa equidistanza: noi siamo dalla parte del popolo ucraino aggredito e condanniamo senza sé e senza ma Putin, però oggi siamo dinnanzi a un conflitto che si prolunga e rischia di acuirsi, c’è l’esigenza di tornare in piazza per la pace, per chiedere un ruolo forte dell’Ue per arrivarci, e per una forte presa di posizione dell’opinione pubblica internazionale anche per fare pressione su quei paesi, come Cina e India, che possono contribuire a fermare il conflitto”.

Eppure finora il Pd in piazza non era sceso, la posizione del segretario Enrico Letta era stata sempre netta e chiara: lui manifesterà per la pace, ma lo farà giovedì davanti all’ambasciata russa a Roma. “Ci sarò anche io”, dice Furfaro. “Dobbiamo essere in tutte le piazze che chiederanno la pace e il cessate il fuoco”. Anche con il rischio di apparire equidistanti tra Russia e Ucraina? “A me pare strumentale tacciare l’associazionismo – dalle Acli, all’Arci fino alla Cgil – di ambiguità o neutralità, rappresentano un mondo che ogni giorno porta un valore aggiunto al paese”. E però nel sindacato come nel mondo dell’associazionismo cattolico non mancano le posizioni ambigue, i distinguo, le richieste anche all’Ucraina e all’Occidente di fermarsi. “Noi non dobbiamo fare il controcanto alle ambiguità, in ogni luogo, anche nelle famiglie, ci sono idee diverse, ma il movimento pacifista parte dal presupposto che ogni popolo aggredito al diritto di scegliere come resistere e ogni soluzione di pace non può prescindere dalla volontà di quel popolo”. Insomma fino adesso avete sbagliato a prendere le distanze da questi mondi? “Diciamo che c’è stata troppa timidezza. Noi ci siamo schierati con forza e senza ambiguità dalla parte giusta, abbiamo sempre distinto fra aggressore e aggredito, le nostre decisioni sono state conseguenziali, dobbiamo però rimproverarci questo sovrappiù di timidezza che ci ha impedito di andare nelle piazze che chiedevano la pace: il sostegno al popolo ucraino non è in contraddizione con questa richiesta e anche con l’interlocuzione con chi magari ha più dubbi di noi su alcune questioni per arrivare alla pace”.

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