il racconto
La Russa e Tatarella, l'alchimia della destra meridiana tra popolo e “tiella”
La filosofa e moglie dello scomparso vicepremier racconta storie e aneddoti del lungo sodalizio tra il fondatore della destra di governo e il neopresidente del Senato: "Ci conosciamo e frequentiamo da cinquant’anni. La prima volta insieme? Fummo ospiti del padre Nino a Taormina"
Nella geografia della destra neogovernista c'è un filo antico di politica e amicizia che si srotola tra Milano e Bari, tra la Sicilia e la Puglia, tra lo Jonio di Taormina e l’Adriatico di Rosa Marina: su queste rotte si è consolidato per tanti lustri il sodalizio tra Ignazio La Russa, neopresidente del Senato, e Giuseppe Tatarella, “Richeliue” del primo Msi di governo, quello che nel 1994 lo indicò come vicepremier dell’esecutivo Berlusconi. Questa sintonia è raccontata da Angiola Filipponio Tatarella, accademica di Filosofia del diritto all'Università di Bari e moglie del leader (scomparso nel 1999) che ideò la svolta di Fiuggi. E il racconto parlamentare si contamina con l’amarcord. “Quella tra Ignazio e Pinuccio è una amicizia durata una vita intera. Ci conosciamo e frequentiamo da cinquant’anni. La prima volta insieme? Fummo ospiti del padre Nino a Taormina. Lì capimmo che la vera personalità politica della famiglia era il patriarca… Allora eravamo giovani e belli”.
Erano gli anni della Fiamma “polo escluso”, come da definizione del politologo Piero Ignazi, ma Tatarella già disegnava nelle sue scorribande notturne impensabili itinerari per dare una forma governista agli eredi del partito di Giorgio Almirante. “Ignazio, con Maurizio Gasparri e Italo Bocchino erano legatissimi a Pinuccio. Venivano in casa senza avvisare, a Bari o a Rosa Marina”. Ecco, il villaggio balneare ai piedi di Ostuni era il luogo d’elezione per giornate funamboliche tra partite a tressette, incursioni nelle ville di politici di fronti avversi e magari per comporre le riviste di idee su cui Tatarella lavorava con La Russa e i suoi ragazzi, tra i quali anche un giovanissimo Pietrangelo Buttafuoco. “Poi ricordo un viaggio in Svizzera insieme - aggiunge Angiola -. Pinuccio obbligò Ignazio, che era pigro, a guidare l’auto per un fine settimana in Svizzera, tra sfottò e tanta allegria. Ignazio al volante borbottava divertito in siciliano…”.
Molte strategie nascevano a Bari, in Via Putignani, la strada alberata del murattiano con lo sguardo sull’amaranto del Teatro Petruzzelli. Lì Pinuccio convocava i suoi “pards” tra la segretaria politica affrescata con i quadri di Carlo Fusca e il “Refugium peccatorum”, ristorante dalle volte in pietra dove la politologia aveva le dita unte dalla pratica di degustare la “tiella” di patate, riso e cozze in maniera disinvolta e popolare. Ignazio chiama la moglie di Pinuccio “Angioletta”, con un affetto che non tradisce la devozione per l’antico maestro. “La Russa conosce tutte le liturgie delle Camere e i regolamenti: ha la brillantezza per governare al meglio Palazzo Madama”. C’è anche la cifra delle destra “meridiana”, l’apertura all’altro: “Ignazio ha come Pinuccio una sensibilità per il prossimo, la cura per i rapporti personali, pratica l’ascolto dell’altro. Non è diplomazia ma una dimensione umana e popolare”, chiarisce ancora. La professoressa è feroce con i critici che evocano il Ventennio: “C’era già stata una destra di governo, quella del 1994, con Pinuccio vicepremier, come dimenticarla? Allora non ci fu un solo atto che destò scandalo per proiezione estrema. Adesso Giorgia Meloni sarà protagonista di una nuova stagione e si dovrà misurare con la risoluzione dei problemi. Certo, ha una sua Weltanschauung, è intelligente, sgobbona e determinata. Il suo approccio oggettivo risulterà vincente”. L’ultima battuta per Ignazio: “Un libro da consigliargli? E’ un lettore raffinato, ma mi permetto di sottoporgli un grande classico: Considerazioni di un impolitico di Thomas Mann”.