controffensiva culturale
È il momento di un Museo del fascismo
Creare un luogo per studiare e capire cosa ci divide e ci unisce. Sarebbe un modo finalmente serio di agire nel segno della memoria per archiviare, catalogare tutto l’archiviabile
Forse non è il momento. Forse è il momento giusto. Si moltiplicano libri di grande successo su Mussolini e sul fascismo, nel Palazzo del potere esecutivo entra la fiamma, che arde sulla tomba del Duce ma come un segno ineffettuale di nostalgia canaglia, è in progetto una serie tv sul Puzzone, con Luca Marinelli, compagno di scuola di Claudio Cerasa, non so se mi spiego, nella parte del Truce o Buce (Gadda).
Poi c’è la storia delle foto al Mise e a Chigi e pare anche alla Difesa, Lui è un predecessore, titolare stabile per un lungo periodo del potere legalizzato di una dittatura che dapprima incantò la meglio Europa (Churchill) e poi portò l’Italia alla più completa ignominia (leggi in difesa della razza) e rovina (la guerra pezzente), fino alla fuga ingloriosa e alla fucilazione sua e dei suoi, compresa la macelleria di Piazzale Loreto. Però il fascismo non è solo romanzo, non è chiacchiera, gli anni Venti e Trenta non sono passibili di cancel culture, non è vaga reminiscenza politica, non è solo memoria di dolore e scherno, di presunta vertigine e di sicura vergogna tra le nazioni e i popoli, non è solo diario italiano prima e dopo il 1945. Non è solo il più cospicuo rassemblement di intellettuali e popolo della nostra epoca unitaria, quasi tutti più o meno dentro il calderone o l’adunata con le notevoli eccezioni di chi non giurò, di chi fuggì, di chi combatté durante e dopo, di chi ne patì e ne morì, non può essere ridotto a cimelio o a segnacolo in vessillo del suo opposto, l’antifascismo, il fascismo è storia. Non è il momento, lo dico per uno storico professionale di cui si dice che sia anche un manager efficiente della Fondazione del Vittoriale, il possibile futuro Minculpop Giordano Bruno Guerri, di procedere alla costruzione di un possente, equilibrato, critico, Museo storico nazionale del regime fascista, con sede in Roma nella grande Nuvola di Fuksas? Sarebbe tra l’altro un’attrazione multimilionaria, e un big business, per scuole, turisti, cittadini e nuovi arrivati bisognosi di sapere.
E’ una personale fissazione, dunque peggio della malattia, secondo il proverbio yiddish enunciato in “Keyla la rossa” di Isaac B. Singer, a noi insegnato da Giuseppe Sottile. La base della Costituzione è, per negazione, il Ventennio con le sue atrocità e le sue beffe e la sua lunga durata. Un luogo museale che mostri come ci si è arrivati, l’intrico delle compromissioni e delle resistenze, delle viltà e del coraggio, delle cose realizzate e di quelle rinviate al XXI secolo (parecchie le une e le altre), una cosa diversa da un monumento residuale e spento, una cosa per capire, per registrare, per documentare con i potenti mezzi dell’epoca digitale e l’ostensione critica di ciò che ci ha unito e ci unisce (purtroppo), ci ha diviso e ci divide (per fortuna), sarebbe un modo finalmente serio di agire nel segno della memoria per archiviare, catalogare tutto l’archiviabile e il catalogabile. Una controffensiva culturale e civile destinata a irridere la metodologia oscurantista della cancel culture e del correttismo politico, a beffare la riduzione di un fenomeno europeo e italiano tremendo, un archetipo da psicologia del profondo e da commedia all’italiana, a vago e volatile senso di colpa. L’Italia, paese esperto, disinvolto, intelligente, madre della migliore storiografia e luogo naturale dell’annalistica, se lo meriterebbe. Forse non è il momento. Forse, anche se la proposta nasce molto prima della fiammata recente, sarebbe il momento giusto. Chissà.