Un caffè con Macron. Così Meloni proverà a non disperdere l'eredità di Draghi sul gas
Il neoministro dell'Energia potrà contare su Cingolani come tutor ("Abbiamo un bel bottino"). Ma molto della trattativa sul price cap e sul nuovo Sure passa dalla capacità della neo premier di costruire un asse con l'Eliseo: per ora si lavora a un incontro informale a Roma, lunedì, col presidente francese. La rottura tra Parigi e Berlino. Le dinamiche al Consiglio europeo.
Uno è appena tornato alla sua vecchia passione di grafico (“Torno a dilettarmi col disegno, ora che sono un uomo libero”). L’altro, i suoi svaghi abituali di stagione – le passeggiate nei boschi della sua Biella in cerca di castagne, oltre alle partite della sua amata Juve – dovrà accantonarli subito. Perché per Gilberto Pichetto il battesimo del fuoco arriverà subito, e sarà terribile. Martedì lo aspetta un Consiglio europeo straordinario sull’emergenza del gas. E a presentarlo ai suoi omologhi sarà Roberto Cingolani, che gli cederà le deleghe sull’Energia e, per un po’, gli farà da tutor.
Era già pronto, Cingolani, a istruire Pichetto. Al punto che è sobbalzato, quando Giorgia Meloni ha assegnato il vertice di Viale Cristoforo Colombo a Paolo Zangrillo, azzurro di fede ronzulliana. Ma era un errore. Contrordine, e prima toninellata patriottica in tempo zero. Sperando sia, almeno sul tema, anche l’ultima di qui al 15 ottobre. Quando, nel giorno della possibile fiducia alla Camera, a Pichetto toccherà recarsi a Bruxelles e iniziare la battaglia per la difesa dell’accordo ottenuto, non senza affanno, da Mario Draghi nella notte tra giovedì e venerdì.
Un accordo che è una vittoria minima, ma è il massimo che si potesse ottenere. E del resto a Draghi è toccato usare i toni ultimativi di chi non ci sta, per evitare che mesi di trattative sul price cap andassero a ramengo. “Io, così come sono scritte, queste conclusioni non le firmo”, ha detto agli altri leader europei, riaprendo, a notte ormai inoltrata, una trattativa che pareva chiusa. Vedendosi subito sostenuto da Emmanuel Macron: e a quel punto l’effetto domino è stato tale che anche Olaf Scholz ha capitolato, lasciando Olanda e Ungheria senza alcuna sponda. E così le bozze sono state riscritte. “Per cui ora è tutto su carta”, esulta Enzo Amendola, sottosegretario uscente. Sulla carta, cioè, c’è questo: “Il Consiglio europeo invita la Commissione ad adottare con urgenza decisioni concrete” su tutti e tre i fronti ritenuti vitali dall’Italia. Il disaccoppiamento di fatto tra prezzo dell’energia elettrica e prezzo del gas; l’individuazione di un indice di riferimento diverso da quello in vigore al Ttf di Amsterdam; e uno Strumento di debito comune per affrontare la crisi del caro bollette. Con la specifica di trasferire l’intero pacchetto, anche il costituendo Sure energetico, nel dossier che riguarda la crisi del gas, così da non farne una mera questione di equilibrio finanziario.
“Andiamo via con un buon bottino”, confessa Cingolani. Il quale, al di là dei tecnicismi, in vista dei prossimi passaggi – martedì i ministri dell’Energia elaboreranno una bozza da offrire alla Commissione, così che Ursula von der Leyen possa poi sottoporre la proposta normativa al prossimo Consiglio – sa che forse la migliore vittoria italiana è diplomatica. Perché i tedeschi, è opinione diffusa a Palazzo Chigi, in queste ultime settimane, tra il fondo nazionale da 200 miliardi varato all’insaputa degli altri stati membri, e un continuo rivolgimento di scelte e orientamenti, “hanno perso credibilità, in questa trattativa”. Fino al punto di rompere quell’asse tra Parigi e Berlino da cui passano da sempre i destini del continente.
E’ in questa frattura che dovrà sapere incunearsi Pichetto – rispettabile commercialista di Biella, classe ’54, un esordio politico nel Partito liberale e poi in FI dal 1995, con una lunga carriera di vice: vicesindaco, vicepresidente del Piemonte di Roberto Cota, quindi vice di Giorgetti al Mise con Draghi – e insieme a lui il governo Meloni. Per questo l’incontro tra le neopremier e Macron, in visita a Roma tra domenica e lunedì, sarebbe importante. “E vedrete che il tempo per prendersi un caffè lo troveranno”, conferma Giovanbattista Fazzolari. Sarebbe il segno di una comunità d’intenti tra Palazzo Chigi e l’Eliseo che perdura nonostante il mutare del colore politico dell’esecutivo italiano. Basterà per chiudere positivamente la trattativa sul gas? “Chissà. Ma ora tocca agli altri. Io torno uomo libero”, sorride Cingolani. Ma ancora non del tutto. Negli accordi sul passaggio di consegne, lui si è impegnato a restare come consulente sulla politica energetica del nuovo gabinetto, almeno per qualche mese. Poi potrà tornare ai suoi disegni.