Braveheart transpadani
“Basta diktat da Roma”. I congressi farsa spaccano la Lega in Veneto
Fabrizio Boron, storico consigliere regionale, ha fatto ricorso contro il suo partito. “Lo devo agli elettori, presi in giro da anni di inciuci dall’alto”. A Padova emerge come funziona l’autoritaria Lega di Salvini, “che ha ceduto il territorio per le poltrone (ma un giorno perderà anche quelle)”
Un giorno o l’altro l’orgoglio costerà caro, se non al Veneto a Salvini. Avvisaglie dappertutto. A Padova, la più recente e sediziosa. Storia divertente, tra l’altro. Fabrizio Boron è salito sul Carroccio trent’anni fa. È consigliere regionale, leghista pensante in area Zaia, un’icona federalista locale. E “da quando esiste Whatsapp” sfoggia l’immagine di Braveheart a tinte biancoverdi, “perché lottare per i propri ideali vale più di poltrone o portafogli”. I William Wallace nella Lega? “Sempre più rari, purtroppo. Mentre proliferano gli yes men”. I soliti nomi: “Bitonci, Ostellari, Stefani”. Poca roba per farci un film. Magari una telenovela. “Sfasci elettorali, militanti arruolati ad hoc, amministratori autonominati: decidono tutto loro e il territorio resta all’oscuro”. Ma adesso basta. “Beneficiamo di finanziamenti pubblici che impongono trasparenza di fronte agli iscritti, alla legge e ai cittadini”. Tradotto: Boron ha appena presentato ricorso formale contro il suo partito.Lega
Piccolo ripasso. È da oltre due anni che la base non sa più dove sbatter la testa. Il Carroccio verticistico e commissariato non piace: la vecchia guardia ha tuonato, le urne pure. Tutti aspettavano la stagione dei congressi come una primavera. Ed eccola, finalmente: è arrivata! “Peccato che chi si augurava un ritorno al dibattito, all’insegna dell’equilibrio”, spiega Boron al Foglio, “sia rimasto profondamente deluso”. La sede della discussione, anima storica della Lega, ridotta a un teatrino. “Avevo chiesto un organo di garanzia per presiedere i congressi ed evitare sorprese. E invece”. Ride.
“A una parte dei candidati è stata perfino negata la lista dei votanti. L’abbiamo scoperta soltanto attraverso l’appello nominale, mentre ci siamo riuniti per eleggere il nuovo segretario di Padova”. Vince Federica Pietrogrande, sponsorizzata dall’ex sindaco Bitonci – nota a margine: Boron era stato assessore nella sua giunta, ma si sa, i tempi cambiano. “Durante lo scrutinio apprendiamo che alcuni militanti con diritto di voto non erano stati nemmeno convocati. Mentre altri, fra i presenti, sono facce mai viste”. O almeno, non con la Lega. “Circa 25: qualcuno l’ho riconosciuto perché faceva campagna elettorale per Forza Italia. E mentre molti iscritti aspettano da anni il via libera per la militanza, questi spuntano all’insaputa di tutti. Li hanno coltivati in tempi di Covid, capite? Per indirizzare il voto”. Brogli da nomenklatura. “Se il partito è commissariato a tutti gli effetti, può un commissario detenere il controllo delle tessere? Secondo me no. E lo statuto del partito mi darà ragione. Se non altro, ora capiamo come funzionano le cose ai piani alti”.
Viene in mente un passaggio della ‘Fattoria degli animali’, quando il dittatore Napoleon alleva dei cuccioli di mastini per ottenere una formidabile guardia del corpo. “E Padova non è un caso isolato”, dice Boron. “Succede anche in sezioni più piccole: Albignasego, Pontelongo. Ora le racconto una chicca”. Prego. “Ieri sera era in programma il congresso della sezione di Vigonza”, una delle più grosse della provincia. “Qui alle ultime amministrative scoppiò il caos, perché Marco Polato”, commissario provinciale di Padova e altro legionario di Bitonci, “non fu eletto consigliere per via del disastro alle urne. Così si autoindicò assessore in questo comune, in barba ai militanti locali. Che infatti non lo legittimerebbero al congresso”. Smacco in vista, anzi no. “Giovedì Polato ha mandato una lettera a tutti dichiarando che è stata sospesa la votazione, a causa di alcuni diverbi interni. Così si rimanda tutto di due settimane: il sospetto è che al blocco del congresso si aggiungano dei provvedimenti disciplinari, con qualche scusa per aggiustare i numeri quel tanto che basta per vincere”.
Ora l’immaginario passa a Cetto La Qualunque: troppe schede bianche? Coloriamole! “Finché il pallone è tuo”, continua l’amministratore sotto scacco, “potrai anche fare il prepotente. Ma alle vere elezioni tutto questo si paga: la crescita del movimento passa per l’attivismo autentico o per le tessere di carta a fine congressuale? Siamo in pericolo. E non lo dico io, ma l’8,8 per cento preso alle politiche. Se continuiamo così, alle prossime amministrative non riusciremo ad eleggere sindaci nostri. Alle europee il ricordo del 34 per cento sarà la sberla del 3,4. Alle regionali verremo travolti da FdI per malessere e apatia”. Anche in Veneto. “La gente sbuffa, ogni giorno con la Lega è un problema. Invece di pensare a portare a casa autonomia e decreto bollette, l’ossessione è controllare ogni angolo del partito. Basta una telefonata da Roma. Chi protesta è fuori”. Quasi paranoia. “Io sono abituato alla cultura del chi sbaglia paga. Invece guardate la mia Padova. La mia regione”.
Boron si era opposto sin dalle prime battute alla candidatura a sindaco di Francesco Peghin. E infatti si rivelò un suicidio. “Chi l’aveva scelta?”. Ormai lo sappiamo: Bitonci! “E in questi giorni ho scoperto che i nemmeno 6.000 voti racimolati a Padova ci sono costati 136.000 euro: 22 a persona. Li portavamo fuori a mangiar la pizza e risparmiavamo. Non solo la Lega ha fatto finta di niente, ma ha pure premiato Bitonci con un nuovo seggio alla Camera. E l’onorevole, in un recente confronto tv, ha dato la colpa a Zaia se finora il Veneto non ha raggiunto l’autonomia. Dicendo che il percorso tecnico da seguire era quello proposto dal Pd. Ma si può prendere in giro gli elettori in ‘sta maniera?”.
Proprio oggi, il 22 ottobre, cade il quinto anniversario del fatidico referendum. “E non voglio ritrovarmi a ‘festeggiare’ il sesto nel 2023. Lo dico al governo nascente: chi ha dimenticato, a suon di comoda poltrona, si rinfreschi la memoria. Il prossimo ministro degli Affari regionali non avrà scuse. Salvini sarebbe il migliore”. Ma come, dopo tale filippica? “Così ce lo ritroveremmo dinanzi alle proprie responsabilità”. Ah, ecco. “La Lega è un sindacato del territorio, nato per il federalismo. Se poi, come sembra, sceglieranno Calderoli, potrei anche fidarmi: da buon bergamasco sa bene come portarci al risultato. Ma prima di dare un giudizio aspetto il verdetto”. Anche quello sul suo ricorso: Boron ha chiesto l’annullamento della nomina a Pietrogrande, lo scioglimento del direttivo di Padova ed eventuali sanzioni per chi ha violato il regolamento interno. Roba pesante. “Guardi, spero davvero che la documentazione con cui mi risponderanno sia tale da chiudermi la bocca. Ne dubito, però. E in caso contrario, tutti dovranno sapere”. Quant’è vero che a pensar male si fa peccato. Ma nel Veneto verde, sempre più spesso, ci si indovina.