La fiducia alla Camera 

Il discorso di Meloni tra Ucraina, bollette e donne: "Governerò 5 anni"

Simone Canettieri

Parlerà un’ora. Manderà segnali all'opposizione e confermerà "senza abiguità" il ruolo dell'Italia nella guerra. Riferimenti a Mattarella e a Draghi. "Ma saranno parole di destra" 

Sarà lungo, assicura chi la conosce da sempre. Almeno un’ora. Ma anche “rassicurante ed emozionale”, aggiunge il  ministro per i Rapporti con il Parlamento Luca Ciriani. “Io non sono stato contattato per spunti”, giura, e chissà se è vero, Gennaro Sangiuliano, titolare della Cultura, innamorato di Croce e Prezzolini. “Ha già la citazione giusta in testa da giorni”, confessa chi la segue. Per galateo, e non solo,  dovrebbe menzionare  il governo uscente di Mario Draghi.  E soprattutto parlare al centrodestra per la prima volta come leader. Senza disdegnare una sponda alle opposizioni per “il bene della nazione”. Ieri mattina Giorgia Meloni non è andata a Palazzo Chigi. E’ passata alla Camera, poi è tornata a casa. Era alle prese con il discorso che terrà oggi alla Camera e domani al Senato. Quello della fiducia. 


Tutti dicono che sarà solo farina di Meloni, e quindi vai con la sovranità lessicale. D’altronde anche il cambio dei nomi dei ministeri (Mare, Made in Italy, Merito e Natalità sono state idee “della sottoscritta” in abiti Armani nella due giorni quirinalizia). 


“Di solito mi chiedeva alcune schede, se le faceva mandare, le usava e poi nemmeno mi ringraziava: è fatta così. Questa volta però ancora non si è fatta sentire”, confessa un parlamentare di Fratelli d’Italia in attesa della chiamata per fare il sottosegretario. Il puzzle di sottogoverno sarà completo tra “la fine di questa settimana o al massimo l’inizio della prossima”, dice Francesco Lollobrigida, ministro dell’Agricoltura e della sovranità alimentare. Prima c’è il discorso di Meloni. Parole che resteranno, messaggi in bottiglia da inviare un po’ a chiunque.


L’unico che negli ultimi giorni ha avuto accesso alle sacre scritture meloniane sembra essere il “Fazzo”. E cioè Giovanbattista Fazzolari il Mogol di Giorgia (“a volte non mi ricordo di chi è lo spunto se mio o di Fazzo, tanto siamo in sintonia: è la persona più intelligente che abbia mai conosciuto”, ripete la leader da tempo). 


Il “Fazzo” ha la testa alla delega di sottosegretario ai Servizi, ma la mano sul cellulare per consigliare, scrivere, smussare, aggiungere i passaggi chiave di questo discorso. L’intenzione del presidente del Consiglio è quella “di tracciare un manifesto programmatico che ambisce a essere la base di lavoro di un’intera legislatura, a conferma della natura fortemente politica del governo e con l’obiettivo di dare seguito concreto e attuazione agli impegni assunti con i cittadini italiani in campagna elettorale”, è il poco che trapela dallo staff di Palazzo Chigi ancora in corso di definizione (si sa che la portavoce Giovanna Ianniello sarà consigliere per l’informazione, ma non capoufficio stampa). 


Dunque la capa della destra italiana ribadirà agli alleati che vuole durare cinque anni. Con direttrici chiare. Inizierà dalla Camera, e il giorno dopo sarà a Palazzo Madama dove l’attenderà, come sempre, il fattore B. Nel senso di Berlusconi, che dovrebbe parlare a nome di Forza Italia.  Oggi  Meloni è pronta a dire che vuole intervenire sulle bollette schizzate alle stelle, come primo gesto verso le famiglie e le imprese. E allo stesso tempo confermerà la collocazione filoatlantica a favore dell’Ucraina “senza la minima ambiguità”. Avanti con le armi a Zelensky. Essendo il primo presidente del Consiglio donna della storia repubblicana, al di là dell’articolo e delle desinenze, si soffermerà su questo aspetto. E qui ci sarà la parte “emozionale”, immaginata da Ciriani, di chi alla guida di un partito di uomini ha scalato il centrodestra imponendosi su altri due uomini. Donna, madre e cristiana. Troverà spazio il già citato e tanto amato san Giovanni Paolo II? C’è chi dice di sì, magari con una formula che contempli anche Francesco. E a proposito di magistero, in questo caso laico, non potrà mancare nemmeno il capo dello stato. Meloni non ha mai votato Sergio Mattarella alla presidenza della repubblica. L’ultima volta gli preferì Carlo Nordio, ora Guardasigilli. Ma il rapporto fra Palazzo Chigi e il Colle si è dimostrato alla prova dei fatti più che buono. E oggi ci sarà questo tributo.  Visto che ha gli occhi scettici del mondo puntati su di sé, il discorso sulla politica estera girerà all’insegna della fiducia. Sicché pare impossibile immaginare passaggi come “la pacchia è finita in Europa”, ma anzi ricorderà le telefonate ricevute in queste ore (Michel, von der Leyen e Metsola) a cui si è aggiunto l’incontro con Macron. Il motto sarà: ora l’Europa dovrà marciare unita per la battaglia sul gas e dunque sull’energia. Sarà un discorso de destra  che manderà segnali anche alle opposizioni. Senza inciuci, ma per “il bene della nazione”, come ripete donna Giorgia.
 

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  • Simone Canettieri
  • Viterbese, 1982. Al Foglio da settembre 2020 come caposervizio. Otto anni al Messaggero (in cronaca e al politico). Prima ancora in Emilia Romagna come corrispondente (fra nascita del M5s e terremoto), a Firenze come redattore del Nuovo Corriere (alle prese tutte le mattine con cronaca nera e giudiziaria). Ha iniziato a Viterbo a 19 anni con il pattinaggio e il calcio minore, poi a 26 anni ha strappato la prima assunzione. Ha scritto per Oggi, Linkiesta, inserti di viaggi e gastronomia. Ha collaborato con RadioRai, ma anche con emittenti televisive e radiofoniche locali che non  pagavano mai. Premio Agnes 2020 per la carta stampata in Italia. Ha vinto anche il premio Guidarello 2023 per il giornalismo d'autore.