Quale pubblica amministrazione ha in mente Giorgia Meloni?
La deregulation, benché necessaria, da sola non basta. Sarà importante conoscere quale visione ha il nuovo presidente del Consiglio di due questioni di grande rilievo pratico: la nomina dei più alti dirigenti dello Stato e gli standard dei servizi pubblici. Anche da qui passa l'efficacia e l'innovazione della macchina statale
Le dichiarazioni programmatiche presentate da Giorgia Meloni alle Camere, per ottenerne la fiducia, sono state discusse per quanto concerne gli obiettivi enunciati e alcuni aspetti simbolici. Non sono state analizzate, invece, per quel che dicono – o non dicono – in rapporto ai mezzi necessari per conseguire quegli obiettivi, come la capacità di decisione e di azione delle Pubbliche amministrazioni. A esse sono dedicati pochissimi cenni. Così, nel fare riferimento alle richieste provenienti dalle imprese, si afferma la necessità della “strutturale semplificazione e deregolamentazione dei procedimenti amministrativi”. Se il problema di fondo è semplicemente “l’eccesso normativo, burocratico e regolamentare”, non sorprende che la soluzione consista nell’avere “meno regole”. Purtroppo, però, non esistono soluzioni semplici per problemi complessi: da Reagan in poi si è compreso che la deregulation non basta, perché vari procedimenti devono essere ridisegnati, e che lo svolgimento di molti altri – in Italia più che altrove – è ostacolato da altri difetti, come l’inadeguato utilizzo dell’informatica.
Sarebbe inoltre interessante sapere quale visione il nuovo presidente del Consiglio abbia di due questioni di grande rilievo pratico: la nomina dei più alti dirigenti dello Stato e gli standard dei servizi pubblici. Per i dirigenti pubblici, due discusse riforme, una del governo di centrosinistra (1998) e l’altra del governo di centrodestra (2002) hanno – rispettivamente – introdotto e ampliato il cosiddetto spoils system, in conseguenza del quale i dirigenti restano in carica per una durata limitata, al termine della quale sono messi alla mercé della politica. Nel 2002 si era perfino stabilito un regime transitorio che prevedeva la decadenza automatica e generalizzata degli incarichi dirigenziali: lo spoils system una tantum, come lo definì la Corte costituzionale nella sentenza n. 103 del 2007, che ne dichiarò l’incostituzionalità perché non era compatibile con “un imparziale, efficiente ed efficace svolgimento dell’azione amministrativa”.
Molti anni sono passati, ma l’impianto di fondo è rimasto pressoché invariato, indebolendo l’amministrazione. Non sarebbe ora di porvi mano, rimediando agli errori commessi in passato? Per i servizi pubblici, si è affievolito l’impulso che all’inizio degli anni Novanta del secolo scorso si è dato all’indicazione dei livelli di efficienza ed efficacia di ogni servizio e al loro progressivo miglioramento. Le dichiarazioni programmatiche di Giorgia Meloni dedicano attenzione alle infrastrutture per i servizi pubblici, come le autostrade e gli aeroporti, ma solo in vista dell’introduzione di “una clausola di salvaguardia dell’interesse nazionale”. E’ del tutto condivisibile la sua affermazione che il modello degli oligarchi dediti ad “accumulare miliardi senza neanche assicurare investimenti non è un modello di libero mercato degno di una democrazia occidentale”, ma non si dovrebbe dire altrettanto di numerosi servizi attualmente erogati ai cittadini e alle imprese? Spetta al nuovo governo, che diversamente dal precedente ha di fronte a sé lo spazio di un’intera legislatura, ritrovare la via smarrita dell’efficienza, dell’innovazione, della qualità, in modo da rafforzare la capacità delle pubbliche amministrazioni di essere all’altezza dei problemi che all’Italia tornano a porsi.