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Spunti per una svolta

Lo schiaffo di Letizia Moratti alla destra illiberale è lo spunto per una svolta

Claudio Cerasa

Attorno alla candidatura alle regionali dell'ex assessore alla Sanità della Lombardia può nascere un blocco sociale più ampio rispetto a quello rappresentato oggi dai progressisti. Un laboratorio contro la Meloni Associati 

Troll contro troll. C’è una destra che si è specializzata nel trollare la sinistra, una destra che negli ultimi giorni ha concentrato gran parte delle sue energie su una serie di battaglie politiche molto superficiali utili a far sventolare bandierine grazie alle quali la maggioranza è riuscita a far emergere con forza le contraddizioni delle opposizioni nascondendo le debolezze della coalizione di governo. E c’è poi una sinistra che, dall’altro lato, avrebbe di fronte a sé una straordinaria opportunità politica per provare a trollare i propri avversari dimostrando di avere quella flessibilità, quell’elasticità e quell’intelligenza necessarie per mettere in mutande la destra di governo sul proprio terreno politico: quello della difesa delle libertà.

 

La storia è quella che già conoscete ed è una storia che si è andata a consolidare questa mattina quando un pezzo da novanta della politica e dell’imprenditoria lombarda, Letizia Moratti, ha scelto di mandare a quel paese la destra nazionalista dimettendosi da assessore alla Sanità alla regione Lombardia e da vicepresidente della stessa regione. Lo ha fatto per molte ragioni, e naturalmente ha un peso la promessa non mantenuta che le avevano fatto diversi mesi fa sia Silvio Berlusconi sia Matteo Salvini, ovverosia scommettere su di lei come prossima candidata alla regione Lombardia, e lo ha fatto prendendo a ceffoni la destra nazionalista su un punto dirimente che riguarda la strana e preoccupante idea messa in campo dai nazionalisti di governo sul tema della difesa delle libertà.

 

Si è chiesta Letizia Moratti se non sia da osservare “con preoccupazione la scelta di anticipare il reintegro dei medici e degli altri professionisti della sanità non vaccinati”, se non sia da osservare “con preoccupazione il condono sulle multe ai No vax e la diversa sensibilità mostrata sull’importanza dei vaccini” e si è chiesta tra le righe Moratti se una destra che difende la libertà di essere estremisti, e che trasforma la scienza in ideologia, sia davvero una destra che può considerarsi schierata a difesa dei propri cittadini e delle loro libertà. Si è chiesta tutto questo, Moratti, nelle stesse ore in cui la destra nazionalista, a proposito di difesa della libertà, ha mostrato il suo volto peggiore vergando provvedimenti goffi, surreali, giustizialisti e liberticidi sulla giustizia, e come d’incanto, per gli avversari del centrodestra, si è manifestata una possibilità concreta e inaspettata che solo una classe dirigente miope, pigra, rigida e poco creativa potrebbe riuscire a non cogliere: trasformare Letizia Moratti in un argine contro la destra nazionalista, costruire attorno alla sua candidatura alle regionali un blocco sociale più ampio rispetto a quello rappresentato oggi dai progressisti, sfruttare le divisioni della destra per tentare di prevalere in una regione dove il centrosinistra non ha mai governato, provare a sottrarre voti preziosi a una Lega in caduta libera e fare così della Lombardia un formidabile laboratorio politico utile a costruire a poco a poco le basi di un futuro partito della ragione.

 

È quello che ha in testa Letizia Moratti, potenziale papessa straniera di un campo largo riformista, è quello che potrebbe suggerire di fare il sindaco di Milano Beppe Sala, questo pomeriggio alle 18 a colloquio con Moratti, che nel 2009 volle proprio Sala come direttore generale del comune allora guidato da Moratti, è quello che dovrebbero tentare di mettere in campo Matteo Renzi e Carlo Calenda ed è quello che potrebbe fare facilmente il Pd se solo avesse una leadership non dimissionaria, se solo avesse creatività politica, se solo fosse in grado di comprendere cosa potrebbe voler dire per gli avversari del centrodestra trovare un varco per battere il centrodestra nel suo storico fortino e trasformare il j’accuse messo in campo da Moratti contro i truffatori della libertà in un manifesto per costruire un’alternativa a una destra che, in attesa di capire se sarà in grado di governare l’Italia, mostra ogni giorno una certa difficoltà a governare i propri istinti illiberali. Si scrive Lombardia, si legge Italia. Il partito della ragione, o della regione, volendo può nascere da qui.

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  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.