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Raduno con delitto

Anatomia della legge anti rave: pensata male e scritta peggio

Stefano Putinati


Da oggi cantare, ballare, protestare in un terreno o edificio di altri potrebbe diventare un pericolo, se si è in più di 50. Un decreto legge macchiato da svariati peccati capitali

Con un iter legislativo improntato all’urgenza e alla massima rapidità, il decreto legge che introduce il nuovo delitto di cui all’art. 434 bis del codice penale (“Invasione di terreni o edifici per raduni pericolosi per l’ordine pubblico o l’incolumità pubblica o la salute pubblica”) è già stato pubblicato in Gazzetta ufficiale il 31 ottobre scorso. Abbiamo la norma anti rave party e vedremo più avanti in questo rapido commento a caldo se il perimetro applicativo è limitato solo a questo tipo di assembramenti musicali e danzanti oppure se potrà trovare applicazione in molti altri casi di riunioni e manifestazioni. 

 
Prime rapide osservazioni, del tutto scevre da giudizio politico o inquinate da contrapposizione ideologica. Lo strumento utilizzato è quello del decreto legge, provvedimento che dovrebbe essere adottato dal governo nei casi straordinari di necessità e urgenza. Entro 60 giorni, poi, deve essere convertito in legge dal Parlamento o perde efficacia sin dall’inizio (ex tunc). 

   
Il giudizio sulla straordinaria necessità e urgenza lo dà il governo, che evidentemente ha ritenuto inderogabile intervenire sui rave party. Che questo non sia un problema primario e così pericolosamente esteso per questo paese è, direi, di palmare evidenza. Bisogna, in verità, ricordare che la decretazione d’urgenza, simbolo ineffabile di attivismo governativo, è strumento abusato da decenni. Moltissimi sarebbero gli esempi di interventi governativi tramite decreto in materia penale in casi e situazioni che non presentavano i requisiti richiesti dall’art. 77 della Costituzione. Urgenza e necessità sono spesso stati annunciati per fini meramente politici, per ostentare coerenza e per lanciare messaggi ai propri elettori. Lo strumento del decreto legge in tal caso rappresenta, quindi, il male minore di questo reato di nuovo conio.

    
Alquanto peculiare è la descrizione del fatto tipico. Il reato è stato inserito tra i delitti contro l’incolumità pubblica, ma in realtà è costruito come un reato contro il patrimonio, per quanto plurioffensivo. Nei primi commenti governativi si era detto di aver voluto evitare di creare un’altra norma a tutela del patrimonio (come, ad esempio, “L’ingresso abusivo nel fondo altrui” di cui all’art. 637 Cp) per enfatizzare il momento della tutela dell’incolumità e della salute pubblica, oltre che dell’ordine pubblico, come momenti caratterizzanti del reato. Invece, la cd. altruità (elemento normativo tipico) resta il perno di questa previsione normativa. Ovvero, detto in parole semplici, se il fondo, il terreno o l’immobile sono propri (non sono altrui, nella accezione che al concetto di altrui dà il diritto penale) risulta inutile la verifica del pericolo per incolumità, salute o ordine pubblico perché il reato non sussiste in ogni caso. In un luogo di proprietà, o preso in affitto o addirittura in mero comodato d’uso dall’organizzatore del rave non si configura il delitto di cui all’art. 434 bis cp. Ciò rientra nelle legittime scelte del legislatore, ma allora non sembra che realmente il pericolo per i macro beni giuridici (incolumità, salute e ordine) siano al centro della tutela della norma. Un altro reato contro il patrimonio (plurioffensivo) e una sorta di eterogenesi dei fini, insomma. Tecnica legislativa carente o non dichiarata reale volontà politica?

 
Inoltre, giusto per chiosare ancora un poco, risulta pleonastica la definizione di edificio o terreno pubblico altrui, come invece recita il testo della norma. Verrebbe da pensare che se è pubblico sia per definizione altrui. Si pensi a un bene demaniale. Certo un rave, ad esempio, in una prefettura o negli uffici dell’Ispettorato del Lavoro sarebbe divertente da immaginare. Sembrerebbe, quindi, in prima battuta una mera ridondanza definitoria. La tecnica della legislazione anche in questo caso non viene certo esaltata. 

 
Accertata l’altruità del terreno o dell’edificio invasi, la norma richiede che per l’integrazione del delitto di cui all’art. 434 bis cp, debba essere accertato il pericolo (tecnicamente è un reato di pericolo concreto) per l’incolumità pubblica, la salute pubblica (per esempio, possibile contagio da Covid-19?) o l’ordine pubblico. Rapida osservazione. I delitti contro l’ordine pubblico sono previsti nel titolo V del codice penale, e sono ad esempio i reati di associazione a delinquere, istigazione a disobbedire alle leggi, attentato a impianti di pubblica utilità, ecc.. Questo nuovo delitto allarga di molto, pertanto, le fonti di pericolo a beni diffusi, pur restando incentrato sulla tutela del patrimonio.

 
In breve. La norma presenta il fianco a possibili critiche di indeterminatezza della fattispecie. Una certa vaghezza dai contorni poco definibili. Un peccato mortale per una norma penale in quanto si porrebbe in contrasto con il principio di legalità di cui all’art. 25 della Costituzione. La ricostruzione precisa e tassativa di concetti quale incolumità pubblica, salute pubblica e ordine pubblico non è mai agevole e ciò vale per ogni macro bene giuridico così diffuso. Sarebbe utile una maggior precisione definitoria, quindi, per non rischiare censure di incostituzionalità. Ricordiamo come l’art. 434 cp, “Crollo di costruzioni o altri disastri dolosi” (detto comunemente “disastro innominato” che veniva applicato spesso per i disastri ambientali), norma dopo la quale è stato inserito questo delitto cd. anti rave, è stato salvato dalla Corte costituzionale, nella parte in cui richiama “un altro disastro… se dal fatto deriva pericolo per la pubblica incolumità” in quanto, secondo i giudici della Consulta, la descrizione di un tale disastro così pericoloso la si può ricavare dalle norme che la precedono, sia per poter dire che un dato fenomeno possa essere definito “disastro”, sia per il macro pericolo che da un tale fenomeno possa derivare (enormi incendi, enormi esplosioni ecc.). Il legislatore, anche per ovviare a questa latente carenza di tassatività, in ogni caso è intervenuto con la nota riforma dei reati contro l’ambiente nel 2015. Quando, pertanto, un rave potrà essere pericoloso per la pubblica incolumità, salute o ordine pubblico, visto che la norma non richiede il verificarsi di un disastro? Lo stabiliranno i giudici di merito e di legittimità, ovvero il diritto vivente e magari la Corte costituzionale se investita del problema. 

  
E veniamo al perimetro applicativo. Sarà limitabile solo ai rave party? No. La genericità della fattispecie tipica la rende adattabile a manifestazioni, assembramenti, riunioni di variegata natura nei più svariati luoghi altrui. Ciò è oggettivamente innegabile. Si parla di raduni pericolosi. Cos’è un raduno? L’unirsi di più soggetti per un interesse in quel momento comune. Se i soggetti sono più di cinquanta (non pari, ma superiori a 50, quindi almeno 51) radunati per ballare, cantare, protestare, in un terreno o edificio di altri e viene ravvisato un pericolo (concreto) per incolumità, salute o ordine pubblici, il reato è configurabile. Gli organizzatori rischiano da tre a sei anni di reclusione, i meri partecipanti da due a quattro. Così è. Trattasi per gli organizzatori di delitto che consente intercettazioni telefoniche e ambientali (checché si sia scritto in senso contrario). 

 
Facciamo un gioco per tracciarne la portata applicativa. Immaginiamo un matrimonio. Grande festa all’aperto in villa di campagna (un classico). Tutti ubriachi che ballano (un classico). A un certo punto la comitiva si sposta in un bel prato fuori dai confini della villa dove il matrimonio era autorizzato. Tutti ubriachi, allegri e festanti e in più di 50. Invadono altrui proprietà. Bicchieri e bottiglie al seguito. Qualcuno cade, si fa male magari e inizia un lancio di bicchieri. Si sono radunati, in terreno altrui. La situazione potrebbe essere pericolosa per molti di loro. Non è un rave, ma questo improvvisato raduno, se ritenuto pericoloso, potrebbe, un po’ per gioco, un po’ sul serio, rientrare nella fattispecie di cui alla norma cd. “anti rave”. Proteste studentesche, manifestazioni non autorizzate, eccetera? Sì, potrebbero, senza tema di smentita.

   
Il decreto, ricordiamo, potrebbe essere modificato (emendato) al momento della conversione in legge o non essere convertito in legge. Se diventerà legge, sono alquanto curioso di attendere eventuali prime applicazioni giurisprudenziali.

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