Tutte le critiche che Landini rivolge a Meloni, in privato
Oggi pomeriggio il primo incontro della presidente del Consiglio coi vertici dei sindacati
Troppo identiaria, timida sulla pace, reticente sul tema dei salari, legata a una concezion vecchia del rapporto tra stato e impresa. In una nota riservata del segretario della Cgil, i motivi per cui l'incontro di oggi a Palazzo Chigi tra la premier e i sindacati si annuncia più problematico del previsto
Felpato, a tratti perfino bendisposto, in pubblico. Sprezzante in privato. Qual è il Maurizio Landini che oggi Giorgia Meloni si ritroverà davanti, nella Sala verde di Palazzo Chigi? Forse la premier sperava nella versione attendista, quella per cui "valuteremo il governo in base alle cose che farà". Ma potrebbe trovarsi l'altro Landini, quello che, in una "nota riservata" inviata il 28 ottobre scorso ai capi delle strutture della Cgil, boccia in modo risoluto le dichiarazioni programmatiche della presidente del Consiglio. Troppo identiaria, timida sulla pace, reticente sul tema dei salari, legata a una concezion vecchia del rapporto tra stato e impresa.
Sono due pagine dense di critiche, quelle che Landini ha scritto dieci giorni fa, inviandole alle "care compagne" e ai "cari compagni" del suo sindacato. E non c'è aspetto, del discorso tenuto da Meloni alle Camere, che il segretario della Cgil sia disposto a salvare. "L’intervento programmatico, fortemente identitario, dal punto di vista politico, culturale e persino lessicale, coerente con il programma della coalizione di destra - e a tratti retorico - è stato caratterizzato da prudenza sui provvedimenti economici - a partire da quelli da mettere in campo per l’emergenza e dalla prossima legge di bilancio - e da postura europea e atlantica del Governo, sia sul versante del rispetto delle regole europee di bilancio che degli impegni internazionali, a partire da quelli legati alla guerra in Ucraina", scrive Landini. Forse già pensando alla manifestazione del 5 novembre: "Da questo punto di vista- prosegue infatti - la parola pace è stata citata solo una volta, in relazione alla funzione dell’Alleanza Atlantica e non come obiettivo politico e diplomatico del nostro Paese nel conflitto in atto".
Poi c'è il tema occupazionale, quello che evidentemente sta più a cuore ai dirigenti della Cgil. "Vorrei sottolineare con voi poi alcune gravi assenze e molte conferme negative. In primo luogo il tema lavoro e occupazione sia pubblica che privata, non è quasi presente, o meglio. c’è una concezione del lavoro quale derivato dell’impresa, senza alcun riferimento alla sua qualità e quindi al contrasto alla precarietà, con la riproposizione di strumentazioni fiscali note e conosciute e scarsamente efficaci", prosegue Landini. E ancora: "Anche sul versante della risposta all’emergenza salariale e di reddito determinata dall’aumento dell’inflazione e dal caro energia sostanzialmente si confermano da un lato le misure già in campo (probabilmente attraverso un decreto ad hoc) e dall’altro si rimandano alla legge di bilancio interventi minimali per l’impatto su salari e redditi, quali la riduzione di imposte su premi di produttività, fringe benefit, welfare aziendale e riduzione IVA su beni di prima necessità".
Poi c'è il risentimento per il pur prevedibile "attacco al Redduto di cittadinanza", ma anche per la penuria di "proposte concrete per combattere le diseguaglianze economiche e sociali, nonché per la "mancanza" di "politica industriale, che sostanzialmente si riduce a sburocratizzazione e valorizzazione del made in Italy, con una concezione che rimanda ad una idea mercatista e ultra liberista (non disturbare chi vuole fare) dello sviluppo industriale del paese, fatta eccezione per un passaggio, tutto da verificare alla prova dei fatti, sull’assicurazione della proprietà pubblica delle infrastrutture strategiche nazionali". E poi nessun riferimento "alle transizioni ecologiche e digitali", col rischio "di fare arretrare il nostro paese soprattutto nella relazione con le misure e gli impegni europei".
Landini insiste nel descrivere, poi, la perniciosità delle proposte fiscali, "dal quoziente familiare, alla flat tax, a nuovi condoni e ad una idea bizzarra della lotta all'evasione". E poi, prevedibile, la ciritica verte sul "pessimo segnale in questa direzione" lanciato attraverso l'annunciato "innalzamento della soglia del contante che probabilmente sarà inserito in legge di bilancio e che è un arretramento rispetto alla necessità di maggior tracciabilità delle transazioni". Deludente, a giudizio del capo della Cgil, anche il riferimento della Meloni alla riduzione del cuneo fiscale, che "si risolve in una 'graduale' riduzione di cinque punti del cuneo per imprese e lavoratori nel medio periodo". E lo stesso vale per le pensioni: "Anche sul versante previdenziale si conferma solo il rinnovo delle misure in scadenza 'compatibilmente' con la tenuta dei conti pubblici". Altro che Quta 41.
Le conclusioni, viste le premesse, non possono che essere impietose. "In sintesi il cosiddetto manifesto programmatico di governo, così come è stato definito nei giorni scorsi, evidenzia una visione ideologica", scive Landini, conannando l'ambiguo riferimento al Risorgimento in sostituzione di quella alla Resistenza da parte della premier. Inoltre, "si offre dal una lato una visione piuttosto 'vecchia' sul versante dello sviluppo con ricette economiche che non hanno funzionato e dall’altro si rinviano esplicitamente una serie di provvedimenti che hanno peso economico e che sono state bandiere della campagna elettorale - in particolare della Lega - in un delicatissimo equilibrio legato soprattutto alla difficoltà di una situazione economica che inevitabilmente peggiorerà". Il tutto, in un contesta di assai scarsa chiarezza sulle coperture economiche: "Non è un caso che in tutte le dichiarazioni programmatiche del presidente del Consiglio - scrive ancora Landini - non c’è alcun riferimento a quali risorse si intenda mettere in campo per sostenere il programma di governo nel medio periodo e neppure come si intenda finanziare la stessa legge di bilancio e le misure per l’emergenza energetica, eccetto per la cosiddetta tregua fiscale (cioè condoni) e una riscrittura delle norme sugli extraprofitti senza una loro estensione".