politica culturale
La marcia forzata di Sgarbi alla conquista di Ferrara e altre scoppiettanti idee
A Firenze contro la “loggia Isozaki”, nella città emiliana vuole separare le Gallerie Estensi. Tutte le battaglie del sottosegretario. Ma l’intendenza di Sangiuliano seguirà?
Che Vittorio Sgarbi, nelle nuove vesti di sottosegretario alla Cultura, ma senza smettere l’abito double face consueto, gran critico d’arte e provocateur, ci avrebbe garantito spunti di divertimento e sconquassi quotidiani lo avevamo detto per tempo, dalla prima sparata sulla Pietà Rondanini, presto doppiata da quella sul “crimine” di voler abbattere il Meazza (che a ogni buon conto nessuna Sovrintendenza ha trovato motivi per tutelare). Molto buonumore, ma più a denti stretti, hanno suscitato anche le prime uscite da ministro di Gennaro Sangiuliano, diciamo poco calibrate: da quelle sulle fiction e i film patriottici da fare, che poi si scopre esserci già; alla polemica sugli Uffizi chiusi a Ognissanti, ignorando che la colpa è del suo ministero che non garantisce gli organici; fino all’Italia “troppo generosa” coi musei gratis, tranne poi chiedere di aggiungere ai giorni gratuiti il 2 giugno. Così va, in questo rocambolesco avvio di legislatura al Collegio Romano, e si potrebbe guardare con indulgente ironia, o sospensione del giudizio. Tutto rischia però di complicarsi quando le orbite di viceministro e ministro si intrecciano, e va da sé che sia la massa gravitazionale del critico ad attrarre il meno zavorrato, nella complessa galassia dei beni culturali, ministro Sangiuliano.
Ad esempio, per rimanere agli Uffizi, bersaglio preferito attizzato dall’antipatia per l’attuale direttore, dopo la querelle della mancata apertura – cantonata tipica dei neoministri, ci provò anche il non rimpianto Alberto Bonisoli con il Cenacolo – Sgarbi ha approfittato per ribadire che Eike Schmidt “è in scadenza e non potrà essere rinnovato”. Cosa del resto nota fin dal varo della riforma Franceschini, ma offrendo il destro a Sangiuliano per una inutile precisazione sui direttori stranieri, “il discrimine è la bravura”, ha detto. Il merito.
Ma fin qui sono coriandoli. Più forzato l’intervento di Sgarbi, che ovviamente parla al ministro ma anche al direttore generale dei Musei, Massimo Osanna, tecnico ottimo ma di nomina franceschiniana, a proposito della sua volontà di bloccare per l’ennesima volta i lavori per la “loggia Isozaki”. Si tratta della progettata nuova uscita degli Uffizi, che data addirittura al secolo scorso, 1998, con un concorso vinto dall’architetto giapponese per dotare il museo già allora congestionatissimo di una linea di uscita funzionale e condecente al luogo: ora, l’uscita che dovrebbe diventare la “loggia Isozaki” dà su piazza del Grano, praticamente su un parcheggio. Il progetto ebbe vari intoppi, uno dei quali fu il tentativo di bloccarlo capitanato da Vittorio Sgarbi, anche allora (2002) sottosegretario con Giuliano Urbani. Dopo alterne fortune, nel 2020 con il piano “Grandi progetti culturali” di Franceschini l’opera è ripartita. Ma il redivivo sottosegretario, quasi fosse una questione personale, ha ora rilanciato: “Non si farà”. Perché, ha detto, “è ripugnante”. Elevando il gusto personale a questione normativa per un museo di stato. Al gusto di Sgarbi si è immediatamente uniformato il ministro, “tendenzialmente Sgarbi ha ragione”, immaginiamo dopo aver studiato con acribia il dossier.
E’ ovvio che il Mic abbia i poteri anche per disfare il già fatto; ma che un ministro dipenda dal gusto di un suo collaboratore come nemmeno Leone X si fidava di quello di Raffaello, qualche problema alla logica decisionale del ministero la pone. Nel frattempo, i turisti continueranno a utilizzare scale di servizio e uscite laterali.
C’è però un’altra marcia a tappe forzate di Vittorio Sgarbi che desta anche maggiore curiosità, per dir così, a proposito della sua urgenza e, ancor più, della sua necessità. Qualche giorno fa il sottosegretario ha posato lo sguardo sul suo territorio naturale e d’elezione, Ferrara, annunciando ex abrupto un provvedimento quasi fosse già deciso: “Tengo particolarmente che la Pinacoteca nazionale si stacchi dalle Gallerie Estensi di Modena e diventi una realtà indipendente”. Per dare fuoco alle polveri, Sgarbi ha sfoderato uno slogan d’effetto sovranista, anzi localista: “Stop alla subalternità culturale di Ferrara a Modena”, bisogna fare di Ferrara una “città di prima classe”. In quale modo lo scorporo della magnifica, ma di piccole dimensioni, Pinacoteca che occupa il piano nobile di Palazzo dei Diamanti possa aiutare la sua crescita, non è chiarissimo.
Oggi la Pinacoteca fa parte del grande polo museale delle Gallerie Estensi, che comprende Modena, Sassuolo e Ferrara e che è stato creato come museo di interesse nazionale dalla riforma del 2014. Una scommessa complessa, unire addirittura città diverse, ma che in otto anni ha portato a una crescita qualitativa di attività e anche, al netto dei lockdown per il Covid, a una crescita costante di visitatori. Non poca cosa, per una città gioiello come Ferrara, però decentrata, il cui patrimonio culturale per essere valorizzato ha bisogno di molte sinergie, più che di una ritrovata territorialità. Ma il sottosegretario Sgarbi ha comunicato di aver già informato della sua “decisione” il direttore dei Musei Osanna (che al momento non ha commentato), quasi fosse un editto regio. E all’obiezione che la Pinacoteca Nazionale di Ferrara, che dipende dal ministero, ha dimensioni troppo esigue per giustificare una gestione autonoma, ha ipotizzato una possibile unione con il Museo Delta Antico di Comacchio (che è però comunale) e il Museo Archeologico di Ferrara. Insomma non proprio il nuovo MoMa.
Il perché di tanta urgenza – e di una forzatura evidente, prima sarebbe meglio elaborare progetti, verificare costi benefici e fattibilità, e poi avanzare proposte su cui di solito non decide un sottosegretario, per quanto illustre – resta vago. Va però detto che Sgarbi è ferrarese, e di rango. La città d’origine della sua famiglia ha ospitato lo scorso anno una stupenda mostra delle opere della collezione Cavallini Sgarbi. Inoltre il critico è dal 2019 anche presidente della Fondazione Ferrara Arte, su nomina del sindaco Alan Fabbri (Lega). Disse allora Sgarbi: “Ferrara torna capitale, restituendo centralità alla cultura”. Ma va anche detto che la Fondazione Ferrara Arte ha per sede di mostre ed eventi gli spazi al piano terreno di Palazzo dei Diamanti, sotto la Pinacoteca Nazionale che il viceministro vorrebbe scorporare dal polo di Gallerie Estensi per riportare in un ambito locale. Il che ovviamente non configura alcun conflitto d’interessi: semmai un conflitto di planimetrie condominiali, o di galateo nel modo di rapportarsi, per un sottosegretario, con i musei di interesse nazionale la cui gestione non dipende esclusivamente dalla sua personale valutazione. Nel frattempo Andrea Bortolamasi, assessore alla Cultura del Comune di Modena, città capoluogo del polo di Gallerie Estensi, si limita a far sapere che a Modena è in corso d’opera il recupero e sviluppo di un polo culturale, il progetto “Terre e ducato Estensi”, finanziato proprio dal Mic, e sarebbe un’incongruenza depotenziarlo. A parte qualche frase d’obbligo intonata alla italianità, Sangiuliano è consapevole che una delle sue priorità sarà completare il lavoro sui musei già avviato (a Napoli attende il complesso dei Girolamini), e non di procedere altrove con logica inversa. Martina Bagnoli, direttrice delle Gallerie Estensi e anche lei in scadenza di doppio mandato tra un anno (anno che dovrebbe servire per completare alcuni dei progetti in corso) e che ha ben fatto nell’avviamento del polo museale, tra le altre cose con la valorizzazione della Biblioteca Estense, attende paziente le novità. Di certo non sarebbe felice di lasciare a chi le succederà, a settembre 2023 quando scadranno anche gli altri direttori, un museo monco di una sede.