Nazareno sotto stress
Maran, Majorino e “la prova di Milano” sulla strada del congresso Pd
La scelta del candidato per la presidenza della Lombardia riguarda anche la partita nazionale. Si osservano intanto le mosse di Bonaccini, Schlein e Nardella, che si scaldano in voista della corsa per la segreteria dem. Con un dubbio: che farà Franceschini?
Una sorta di prova generale che dalla Lombardia offra lumi, in un senso o nell’altro, agli occhi dei dirigenti e dei votanti di un Pd stretto tra Giuseppe Conte e il Terzo Polo, e in corsa verso un congresso che sarà anticipato a inizio febbraio, come vorrebbe Enrico Letta (sabato 19, intanto, l’assemblea pd scriverà le tappe). Negli ultimi due giorni, a Milano, è infatti già andata in scena, sottotraccia, la sfida tra due visioni, quella di Pierfrancesco Maran, assessore nella giunta Sala e mister preferenze alle ultime comunali (che sabato ha annunciato la volontà di correre per le primarie lombarde, con una linea riformista e chiusura contestuale ai Cinque stelle e a Letizia Moratti), e quella di Pierfrancesco Majorino, eurodeputato Pd ed ex assessore, sul cui nome ragionano quelli che, nel Pd, vorrebbero ricostruire il ponte rosso-giallo verso il M5s: domenica, su Facebook, Majorino ha pubblicato un post in cui si diceva “onorato” per l’invito a candidarsi rivoltogli da “tanti e tante”, ma anche preoccupato per le “proposte e i progetti” prima di tutto.
E se ieri, dalla direzione locale lombarda, emergeva una rosa di nomi da portare al tavolo delle primarie, e se la richiesta di primarie si faceva al contempo pressante, sulla scena locale intanto si registra, da un lato, la partenza del tour pre-consultazioni di Maran, che domani sera sarà a Pavia con Giuliano Pisapia, e dall’altro la preferenza del M5s locale espressa dal coordinatore Dario Violi, intervistato da questo giornale, per l’ipotesi Majorino.
C’è quindi chi pensa che Milano parli a Roma, nel senso delle diverse idee di mondo che porteranno verso il congresso: ci si domanda cioè se abbia senso favorire candidature che, sulla carta, “uniscano la sinistra” e parlino ai movimenti, vedi Elly Schlein, neodeputata ed ex vicepresidente “indipendente” dell’Emilia Romagna (che venerdì scorso ha detto di voler aderire al “percorso costituente” del Partito democratico) o se non ci si debba piuttosto concentrare su altro, per esempio sul nome del governatore Stefano Bonaccini, figura a cui guarda l’ala riformista pd e da cui si attende in questi giorni una parola ufficiale per la discesa in campo.
Al centro del partito, intanto, si osservano le prossime mosse del sindaco di Firenze Dario Nardella, autore del libro “La città universale”: Nardella ha infatti annunciato per domenica 27 novembre, a Roma, una convention di amministratori locali “per un nuovo Pd”, convention da cui si aspetta una parola definitiva a favore della corsa in prima persona (finora si è esposta in chiaro l’ex ministro Paola De Micheli).” Non vogliamo stare alla finestra a vedere le destre che mortificano l’immagine dell’Italia in Europa”, ha detto Nardella. Ma che cosa fa Dario Franceschini?, si domandano nel frattempo gli aruspici che vedono, nell’ex ministro, da un lato una naturale comunanza di idee con Nardella e dall’altra più di un indizio di disponibilità al dialogo con i sostenitori dell’ipotesi Schlein. Sia come sia, si sa che Franceschini sarà giovedì alla presentazione del libro “A Sinistra – da capo” di Goffredo Bettini, con Massimo D’Alema e il sindaco di Napoli Gaetano Manfredi, simbolo di intesa sul campo Pd-M5s (“ma c’è tempo per trarre conclusioni”, dice un franceschiniano). Ed è stato lo stesso Bettini, d’altronde, durante la presentazione del suo libro a Roma, venerdì scorso, con Giuseppe Conte e Andrea Orlando, a dire che nel Pd “ci sono due punti di vista sul mondo”.
A Roma intanto è la candidatura di Alessio D’Amato, sostenuta da Terzo Polo e Pd ma invisa a Conte, a dividere l’ex campo largo (lui, D’Amato, spera di poter essere “candidato unitario di tutto il centrosinistra”). Intanto il sindaco di Bergamo Giorgio Gori invita il partito, in Lombardia, a non indietreggiare sulla via delle primarie.