Morgan e Vittorio Sgarbi nel 2011 (LaPresse)

l'artista al governo

In una chat Whatsapp con Sgarbi e Sangiuliano, Morgan svela i suoi piani per la Cultura

Alessandro Luna

Il cantante, che il sottosegretario vuole al ministero, dimostra di avere le idee chiare su quale potrebbe essere il suo contributo nel governo per risollevare la musica italiana. Dalla Rai alla scuola: ecco le proposte

“Quale sarà il mio apporto al ministero della Cultura? Si faranno tantissimi cambiamenti”, assicura Marco Castoldi, in arte Morgan. “Tutti gli artisti meritano di lavorare in una nazione che li metta nelle condizioni di creare le loro opere, sia introducendo alcune agevolazioni sia mettendo a loro disposizione i luoghi in cui farle”. E’ un “Morgan di governo” quello a cui si assiste in questi giorni. Forse galvanizzato dai tentativi del suo amico Vittorio Sgarbi di convincere il ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano, ad affidargli un ruolo istituzionale, parla già come se fosse un sottosegretario del governo Meloni e affida i suoi ambiziosi ma concreti progetti di riformare il panorama musicale italiano a una chat su WhatsApp. Una sorta di “think tank” di cui sono membri attivi sia Sangiuliano che Sgarbi, oltre ad altre personalità della cultura e dello spettacolo. 

"Questo sarà il mio apporto, in un dipartimento che si occupi di musica per il ministero della Cultura”, spiega il cantante che tre anni fa, con un colpo di follia o di genio, fece scappare dal palco di Sanremo il suo compagno d’avventura Bugo. E infatti Morgan dimostra di avere le idee piuttosto chiare su quello che serve oggi alla musica italiana per risorgere da quello che lui definisce il “clamoroso e generale abbassamento della qualità che c’è stato negli ultimi anni”. Poche proposte ma concrete, che il cantante illustra ed espone in un audio di tredici minuti, inviato ai più di cinquecento partecipanti della chat animata da Vittorio Sgarbi, a cui è stato dato il nome “Rinascimento e dissoluzione” mentre come descrizione: “Da qui si rinasce”. 

Morgan elenca le sue idee e i suoi obiettivi con la convinzione e il trasporto di un politico in campagna elettorale che arringa gli elettori. A partire dall’analisi di ciò che non va: “Le orchestre della Rai erano sei per ogni sede, i giovani che uscivano dai conservatori avevano del lavoro garantito. Ora abbiamo nostalgia per i programmi con Mina, Battisti e Arbore. Sai perché erano belli? Perché si vedevano i cavi e a nessuno fregava nulla se il microfono entrava nell’inquadratura”. 

 

Morgan ci tiene anche a far capire che le sue non sono opinioni di un “esterno”, ma sono idee forgiate dall’esperienza di chi ha lavorato a lungo nell’ambiente che ora è pronto a rivoluzionare: “Lo dico per esperienza, perché sono uno che la televisione la fa: pur di non far entrare il microfono in campo te ne danno uno scadente. Quando chiedo un pianoforte per la diretta me ne danno uno elettrico, perché quelli veri sono ingombranti e difficili da spostare. Ma lo sai quanti pianoforti a coda Steinway & Sons che furono acquistati dalla Rai (quindi dai cittadini) negli anni 60, 70 e 80 oggi sono andati al macero?”. L’ex frontman dei Bluvertigo però non ne ha solo per la televisione. Propone per esempio anche una grande opera di restauro per i nastri che contengono la musica di cantanti come Tenco, Lauzi o Bindi e per cui denuncia che negli anni non c’è stato alcun tipo di tutela e cura. Ma uno dei nodi centrali della critica morganiana alla musica italiana riguarda la scuola: è inaccettabile che i ragazzi che escono dal liceo “non abbiano mai sentito nominare Puccini, Leoncavallo, Cimarosa e non sappiano nulla di librettismo”.

Il problema, secondo Morgan, è anche che la canzone italiana non è stata ancora formalizzata negli studi che si fanno al conservatorio, dove “oggi si prende in considerazione la ‘forma sonata’ e non la ‘forma canzone’: farò di tutto perché la ‘forma canzone’ diventi oggetto di studio e non più appannaggio esclusivo del mercato”, promette. E, come ogni politico che si rispetti, anche per Morgan il “mercato” ha le sue gravi responsabilità: “Abbiamo visto che fine fa la canzone quando è in mano solo a logiche economiche: diventa povera, sia armonicamente che filosoficamente, diventa una canzone in cui il testo parla di puttanate. Bisogna togliere ai discografici il potere di scegliere chi va a Sanremo e chi va in radio. A sceglierlo devono essere i cittadini!”.
 

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