Prove di pace?
Le tensioni tra Roma e Parigi sull'aerospazio. Poi la tregua tra Macron e Meloni: vale 3 miliardi
Quella con Francia e Germania non era un’intesa scontata, tanto che a un certo punto si è pensato alla rottura. Poi l'accordo sulle politiche d'investimento è arrivato con un bilancio che, per quanto esoso sul piano finanziario, è risultato soddisfacente su quello diplomatico
Che sapesse di trovarsi proiettato in una missione complicata, lo aveva lasciato intendere già dal suo intervento d’esordio, rigorosamente in puro idioma patriottico, spiegando che “ho avuto la delega da poche ore, in un governo appena insediato: farò il possibile”. Insomma Adolfo Urso, martedì scorso, nei padiglioni parigini della Ministeriale Esa, proprio al cospetto della Tour Eiffel che assisteva i rappresentanti dei governi europei definire le strategie d’investimento per le politiche aerospaziali dei prossimi tre anni, ci è entrato in punta di piedi. E ne uscito, 48 ore più tardi, con un’intesa non scontata con Francia e Germania, e con l’espressione di chi deve dissimulare le tensioni diplomatiche vissute, soprattutto coi transalpini. Prove di pace tra Meloni e Macron?
Di certo c’è che martedì sera, al termine dei primi giri di contrattazione tra le varie delegazioni delle agenzie spaziali europee, tutto sembrava compromesso. Sulla trattativa più delicata, quella sui lanciatori, i francesi avevano infatti compiuto una mossa inattesa. E ostile. “Non finanziamo il vostro progetto dei Vega-E prodotti da Avio”, è stata la minaccia. Al che Urso, accompagnato dal suo consigliere diplomatico Mario Cospito, che proprio di Avio è stato dirigente fino a poche settimane fa, prospettava la ritorsione: un azzeramento dei fondi italiani a favore del P-120, il motore a razzo che dovrà spingere in orbita il lanciatore di fattura transalpina Ariane 6. “Ma noi quello possiamo finanziarcelo da soli”, è stata la controreplica, in un crescendo di piccinerie nazionalistiche, di esibizioni muscolari in verità assai misere, in un conteso europeo. Del resto Parigi faceva sapere che gli accordi presi mesi fa col precedente governo italiano, quelli secondo cui tra Avio e Ariane ci sarebbe dovuta essere una collaborazione meno competitiva sui progetti futuri, erano rimessi in discussione. Perfino gli ultimi dispacci firmati da Vittorio Colao, responsabile del settore aerospazio per Mario Draghi, venivano esibiti come motivo di conflitto: “A queste condizioni non ci stiamo più”. E insomma, i lavori si sono sospesi con lo spauracchio di una rottura frontale che avrebbe avuto del clamoroso, coi principali protagonisti dell’industria spaziale continentale in baruffa tra loro: Francia e Italia divise, Germania attendista, tutti gli altri sbigottiti.
Qualcosa s’è poi recuperato all’alba dell’indomani. Quando Urso, in un colloquio riservato con Bruno Le Maire, ministro dell’Economia che da anni gestisce la delega all’Aerospazio, ha riannodato i fili di un dialogo rimasto troncato. “Incontro risolutivo”, ha esultato poi il ministro delle Imprese. In realtà molte incognite si sarebbero dovute sciogliere nelle ore seguenti. Ma il rischio del deflagrare di un conflitto era scongiurato. “A Parigi abbiamo salvaguardato, nel settore dei lanciatori, gli interessi dei vettori Vega costruiti da Avio”, ha fatto poi rapporto Urso a Giorgia Meloni. Il che è vero. Però per arrivarci, a questa salvaguardia, abbiamo dovuto spendere ben più del previsto. Perché alla fine, dei quasi 40 milioni che Parigi aveva promesso sul progetto coordinato da Avio, Le Maire ne ha concessi 13, con un ammanco solo in parte coperto dall’impegno spagnolo. “Saranno i fondi del Pnrr a finanziare la realizzazione del ‘nostro’ mini lanciatore costruito da Avio”, ha spiegato Urso. Ammettendo, insomma, che al governo toccherà mettere mano al portafoglio. E del resto, il plafond che Giancarlo Giorgetti aveva messo a disposizione di Urso per la Ministeriale Esa, quasi 3 miliardi, è stato speso tutto: 2,8 miliardi, con 817 milioni ancora da stanziare. L’Italia, infatti, ha dovuto confermare gli oltre 80 milioni in favore dei concorrenti progetti transalpini. Un esborso giustificato, da Urso, in virtù del fatto che la gran parte delle componenti del P-120 verranno prodotte dalla stessa Avio, nello stabilimento di Colleferro: “Quindi con una mano gli diamo e con l’altra riprendiamo tutto”, questa è un po’ la logica.
Il bilancio, comunque, per quanto esoso sul piano finanziario, è risultato soddisfacente su quello diplomatico. Perché le premesse per una nuova tensione diplomatica tra Palazzo Chigi e l’Eliseo c’erano tutte, come dimostrava l’esplicita contrarietà alle mosse francesi da parte del ministro della Difesa Guido Crosetto. L’Italia ottiene buone ricadute, in prospettiva, sul fronte industriale. E, pur cedendo più di quanto non fosse nelle speranze dei patrioti di FdI, evita di rimettere a eventuali ulteriori accordi tra i capi di stato e di governo un’intesa “che forse ci amareggia ma non ci scontenta”, come spiegano nella delegazione italiana di ritorno da Parigi. Nel rapporto tribolato tra Meloni e Macron, è un segnale di potenziale distensione. La dichiarazione congiunta di Urso e Le Maire, insieme al vicecancelliere tedesco Robert Habeck, resta la prova di una zuffa sventata.