Foto di Roberto Monaldo, via LaPresse 

Il trauma mancante

Perché al Pd serve un atto di distruzione creativa per ricostruire la sua leadership

Giuliano Ferrara

Una frustata di politica invece di un'insalata di idee polverose. È necessario per dare il via a un'opposizione con un segretario solido e che non mostri solo i propri limiti, ma possa fare da contraltare al governo

Ora faranno la manifestazione contro la manovra del governo, quelli del Pd. Diranno qualcosa di sensato, certo, ci mancherebbe, ma sarà anche un diluvio di frasi fatte, di barricate immaginarie, di alternative introvabili, con qualche vanità o ambizione più o meno sbagliata portata a zonzo al cospetto di una folla di dimostranti. La sensazione generale è che i vincitori delle elezioni, per quanto con limiti evidenti, hanno messo insieme un governo e fanno il loro mestiere, mentre i perdenti hanno soltanto i loro limiti da mostrare, non hanno messo insieme un’opposizione, neanche una convergenza tra opposizioni diverse, non combinano gran che, vivacchiano in mezzo a un dibattito di idee e impostazioni di psicoanalisi recriminatoria, nostalgica, e le idee tanto celebrate sono spesso la meno costosa e significativa tra le merci sul mercato della politica. 

 

Non ci sarà una saldatura programmatica con i riformisti di Renzi e Calenda, e nemmeno con i grillini di Conte anche loro in assetto propagandistico, tutti in corsa solitaria, né accadrà nulla di nuovo nel rapporto con sindacati e altre forze sociali, che ormai percorrono una strada tutta loro lontanissima dalla battaglia dei partiti, sarà piuttosto il rinnovo in piazza delle risse sulle alleanze, delle incertezze congressuali, delle ferite di identità lamentosamente strascicate da militanti e opinion maker d’area. Sullo sfondo la solita battaglia dei capi, intesa non come un trauma, uno scontro vero e dirimente su una prospettiva da costruire, ma come uno sport d’élite, una gara correntizia legittima ma snervante, noiosa, astrusa, lenta, in cui contano i testimonial ideologici, le bellurie d’opinione, niente di serio, di rischioso, di ultimativo. Manca il trauma, ecco. 

 

A pensarci bene è stato controproducente e accomodante verso i vizi di casa quel gesto da galantuomo di Enrico Letta, il segretario che ha battezzato i voti raccolti come un pegno di sconfitta, anche personale, si è assunto parte della responsabilità, ma non se ne è andato sbattendo la porta o lasciando un testamento politico, no, ha voluto fare da ponte verso la ricomposizione ordinata dell’esercito, con la scelta disciplinata di un nuovo stato maggiore attraverso combinazioni e procedure ordinarie. Il Pd aveva bisogno come il pane di un trauma, di una scossa, di un momento della verità, senza romanticismi o fanatismi ridicoli, ma una cosa seria spencolata sul vuoto esistenziale, invece ha avuto il solito dibattito lungo e tortuoso sulla moquette dei giornali d’area, la spremitura della cartellonistica ideale la più ovvia e banale possibile. Con simili comportamenti succede niente, sono solo canzonette.

 

È un peccato perché una frustata di politica, invece che un’insalata di idee, spesso polverose, stantie, avrebbe potuto dare un senso a quanto era accaduto e avrebbe potuto preparare un accadere capace di increspare la superficie troppo liscia della discussione scontata e delle soluzioni dozzinali travestite da sogno ricostruttivo. Invece eccoci qui, manifestazione contro la manovra, presentazioni di libri inutili, sguardi in cagnesco, sospetti di abuso di carriera, le solite cose. Spero che dietro l’aria corpulenta e bonacciona, amministrativa e solida, di un Bonaccini possa spuntare qualcosa di simile a un trauma, a un atto di distruzione creativa che è quello che disperatamente manca a un Pd che ha i suoi bravi e onesti badanti ma ha completamente smarrito il modo di ricostruire una leadership.

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  • Giuliano Ferrara Fondatore
  • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.