dall'oppozione al governo
Le mezze verità di Meloni sul condono di Ischia: agli atti c'è il voto favorevole di FdI
La premier rivendica l'estraneità del suo partito rispetto al decreto Genova del governo gialloverde. Ma le dichiarazioni di voto di Camera e Senato affidate a Ruspandini e Fidanza raccontano un'altra storia
“È agli atti”, dice lei. E lo dice, Giorgia Meloni, col tono di chi rivendica per tabulas l’estraneità morale, prima ancora che parlamentare, a quella mezza specie di obbrobrio che fu il condono per Ischia voluto dal Conte I. “Se lei andasse a riprendere la dichiarazione di voto di FdI – dice la presidente del Consiglio al Corriere della sera – scoprirebbe che noi fummo molto critici nei confronti del condono su Ischia inserito nel decreto sul ponte Morandi. È agli atti”, insiste. Solo che agli atti, a ben vedere, c’è qualcosa che non è esattamente una contrarietà al condono grillino. Anzi.
Al Senato, per FdI, in dichiarazione di voto, il 15 novembre del 2011, intervenne Massimo Ruspandini. Il quale, dopo un ardito parallelismo tra il decreto Genova, quello in cui fu inserito anche l’articolo su Ischia, e il decreto sull’Imu “che poi conteneva norme sulla cessione di Banca d’Italia ai privati” (sic), parlò di una “polpetta avvelenata” inserita dal governo Conte nel provvedimento per la ricostruzione del Ponte Morandi: “Oggi quella polpetta avvelenata è costituita dal condono a Ischia e dalla preoccupante modifica della normativa sui fanghi”. Ma evidentemente, di queste due trappole, non era il condono quella più temuta, evidentemente, se Ruspandini proseguiva così: “Con l'innalzamento dei limiti consentiti della prescrizione di idrocarburi si rischia infatti di trasformare i nostri campi in discariche a cielo aperto. Siamo quindi molto preoccupati per il made in Italy, per la salute, e temiamo anche di danneggiare l'immagine del nostro Paese derivante dalle eccellenze dei nostri prodotti”. Fine della “criticità”, dunque.
Ancora più notevole, però, fu il dibattito alla Camera. Il 31 ottobre, a Montecitorio, la dichiarazione di voto per i meloniani era stata fatta dall’allora deputato Carlo Fidanza. Il quale, accusando il governo di non impegnarsi abbastanza per “dare un segnale concreto per far ripartire la ricostruzione delle zone terremotate dell'Italia centrale”, lamentava che anche nel decreto Genova “abbiamo dovuto impegnare una battaglia d'Aula infinita per convincervi a fare qualcosa di buonsenso, a snellire le procedure burocratiche, a sanare le piccole incongruenze, le piccole difformità che non avete mai voluto sanare. A fronte di questa sordità, ci siamo ritrovati il condono tombale di Ischia: una norma del 1985 che consentiva di sanare tutto, mentre invece, con una assurda incongruenza, non si consentiva di sanare delle piccole incongruenze a chi nell'Italia centrale aveva subìto il terremoto di due anni fa, e invece ci regalate appunto il condono tombale di Ischia”. Dunque le perplessità di FdI in questo caso furono esplicite, è vero: ma riguardavano il fatto che sanatorie edilizie erano state solo per Ischia, e non estese anche al resto dei crateri sismici. Tutto “agli atti”, ovviamente. Così come, del resto, “agli atti” resta il voto favorevole, sia alla Camera sia al Senato, di FdI al decreto Genova che conteneva il condono per l’isola campana.