Il senso del dialogo di Renzi e Calenda con Meloni. "Ci distinguiamo da Pd e M5s, e sul Mes la destra può andare in tilt"
L'incontro a Palazzo Chigi. Le con vergenze su Reddito di cittadinanza e imprese. Le tensioni sul Pnrr: "Se lo critico io, voi mi attaccate", si lamenta la premier. Ma è proprio sui temi europei che i leader del Terzo polo vogliono far fibrillare il governo. "Sul Mes rilanciamo a tutta", dice il capo di Iv. E in Aula sul Fondo salva stati la maggioranza va già in ansia
A un certo punto si sono perfino invertiti i ruoli. Carlo Calenda a fare il sovranista: “Se sull’energia aspettiamo la von der Leyen, stiamo freschi. Chi se ne frega della Commissione”. E Giorgia Meloni che strabuzzava gli occhi: “Sia messo agli atti che il Terzo polo è antieuropeista”. Si discuteva del price cap, e della proposta, avanzata dalla delegazione di Azione e Italia viva, di dirottare i 18 miliardi stanziati per i crediti d’imposta alle imprese su un piano nazionale di decoupling, per abbassare i costi dell’energia elettrica. Il tutto sotto lo sguardo perplesso di Giancarlo Giorgetti, che scuoteva il capo: “A Bruxelles non ce lo lasciano fare”. Ma è stato un attimo. Poi, per tutta la durata dell’incontro, un’ora e mezza di colloquio, l’Europa è tornata a essere il luogo proverbiale dello scontro tra la premier e i suoi oppositori dialoganti, ma tutto secondo copione. E infatti appena Calenda ha citato la parola “Mes”, la capa di FdI s’è affrettata a fermarlo: “No, non se ne parla neppure”.
“E invece se ne parlerà eccome, di Mes”, sorride Matteo Renzi. Che, prima di partire per un ciclo di conferenze tra Bangkok e Atene, ci ha tenuto a far sapere ai suoi parlamentari che “sul tema di come si sta in Europa, sui rischi che comporta la tendenza dei sovranisti a isolarsi rispetto ai nostri partner, incalzeremo il governo già nei prossimi giorni”. Già, cioè, a partire da domenica 4 dicembre, giorno dell’assemblea nazionale di Iv a Milano, quando l’ex premier farà del Mes “uno dei due temi principali di critica alla Meloni”, l’altro essendo il ripristino della struttura di missione contro il dissesto idrogeologico su cui invece la Meloni s’è mostrata assai meno contraria, anzi.
E del resto, di interesse nei riguardi delle proposte illustrate da Calenda, la premier ne ha mostrato parecchio. Sulla riforma del Reddito di cittadinanza, con una progressiva integrazione dei Centri per l’impiego regionali con le agenzie private, c’è stato un confronto positivo. Le perplessità espresse da Luigi Marattin su Opzione donna sono state perfino meno nette di quelle manifestate da Giorgetti. E anche sul sostegno ai giovani, una certa convergenza s’è intravista, anche se all’idea suggerita da Calenda di concentrare il taglio del cuneo fiscale sugli under 30 la premier ha detto che no, non può permetterselo, “ma vedremo di fare il massimo sulle borse di studio”. E in fondo già la caratura del comitato d’accoglienza allestito dalla Meloni era sintomatico dell’importanza che attribuiva all’incontro: accanto a lei non solo il ministro dell’Economia, ma anche quello delle Imprese, Urso, e poi il viceministro Leo, e i sottosegretari Mantovano e Fazzolari, e il consigliere economico Loiero: mezzo governo per ascoltare le richieste di un partito di opposizione. Forse anche qui sta il senso del nervosismo di chi in Forza Italia, e sono parecchi, in questa danza d’avvicinamento di Renzi e Calenda alla leader di FdI ci vede qualcosa in più di un confronto sulla legge di Bilancio.
“Ma cosa dovremmo fare? Concedere alla Meloni il facile gioco dello scontro muscolare del tutti contro una?”, ha risposto Calenda a chi gli riferiva delle accuse di intelligenza col nemico arrivate dal Pd. “Non capiscono che proprio costringendola a confrontarsi su proposte concrete, si possono far deflagrare le contraddizioni di una coalizione fatiscente”. “D’altronde la dimostrazione che noi fossimo quelli più collaborativi con la destra sarebbe dovuta essere nel fatto che avremmo incassato sulle poltrone”, se la ride Renzi. E lo fa alla vigilia di una giornata, quella di oggi, che vedrà Lorenzo Guerini ottenere la presidenza del Copasir, nella prospettiva di una ricompensa al M5s sulla Vigilanza Rai.
Ed è qui, appunto, che si arriva all’Europa. E non a caso i toni più aspri, nel colloquio di ieri a Palazzo Chigi, si sono registrati quando Calenda ha incalzato la premier sul Pnrr. “Perché se davvero non si possono spendere entro il 2026 tutti i fondi del Recovery, valutiamo di trasformarli in sgravi alle imprese potenziando il 4.0”. “Ma se quando le criticità del Pnrr le espongo io voi mi attaccate!”, ha sbuffato la premier. “Ma con la Commissione bisogna confrontarsi, non litigarci”, hanno replicato i centristi.
E di qui si arriva pure al Mes. “Perché sulla sanità possiamo usufruire di una linea di credito agevolata di 38 miliardi, e non si capisce perché rinunciarvi per puro puntiglio ideologico”, insiste Renzi. Il quale del resto confida di creare scompiglio non solo tra le opposizioni, ma anche nella maggioranza. Magari ricordando di quando, era il gennaio del 2021, i profili social di FI pubblicavano, a caratteri cubitali, “Mes sanitario subito!”. E se è vero, come la Meloni ripete, che “quello del Mes è un argomento che Renzi usa contro di me così come lo usava contro Conte, ma chissà perché non usava mai col mio predecessore”, è vero anche che “un certo imbarazzo” nella maggioranza di destra, sul tema, si va alimentando. “Anche se la mossa del Terzo polo è strumentale, perché quando noi chiedevamo il Mes sanitario si era in piena pandemia”, si giustifica Andrea Orsini, deputato forzista a cui oggi toccherà intervenire in Aula. Sì, perché nell’attesa del dibattito sull’attivazione del Mes sanitario, Marattin e soci hanno intanto depositato una mozione per impegnare il governo a ratificare il nuovo trattato del Mes, costringendo il centrodestra a un tribolato lavoro di mediazione tra le parti per rispondere con una mozione di maggioranza che andava avanti, ieri, ancora a tarda sera.