Cortocircuiti
Bonelli vs Fratoianni: la sentenza su Ilva mette contro i due “ecologisti”
I giudici hanno condannato il leader di Si a risarcire le spese processuali nei confronti di alcune parti civili, tra cui il leader dei Verdi. Una storia che tira in ballo anche il già condannato Nichi Vendola
L’unico politico che ieri ha commentato la sentenza di primo grado del processo Ilva è stato Angelo Bonelli: “Io sono stato quello che ha presentato l’esposto che ha dato origine all’inchiesta Ambiente svenduto. Era il 2010. Questa sentenza è importante e nel nome del popolo inquinato. Su questo è fondamentale che la politica tragga le giuste conseguenze”. Come sempre ci sarebbe da chiedersi quali conseguenze si possano mai trarre da una sentenza di primo grado, le cui motivazioni sono arrivate dopo 18 mesi dalla lettura, e dieci anni dai sequestri preventivi ancora attivi.
Anche perché tutti i 22 imputati faranno appello, nonostante i soli 45 giorni di tempo a disposizione per studiare le 3.800 pagine che invece la Corte ha avuto un anno e mezzo per presentare. E tra gli imputati che hanno già annunciato di fare appello c’è anche Nichi Vendola, condannato a 3 anni e mezzo per concussione, che ha definito la sentenza frutto di una “giustizia malata che calpesta la verità”. “Sentire che l’ex presidente della regione Puglia definisce la giustizia 'malata' e che accusa i giudici di aver commesso un delitto è un grave atto di delegittimazione della magistratura al pari di quello che fa la destra quando va sotto processo come accaduto con Salvini”, gli ha risposto Bonelli “Noi Verdi ricordiamo a Vendola che la sua amministrazione non ha realizzato alcuna indagine epidemiologica”.
E chi faceva parte di quella giunta? Nicola Fratoianni, oggi alleato di Bonelli, ma all’epoca assessore regionale di Vendola, e con lui imputato nel processo Ilva. I giudici hanno dichiarato prescritto il reato di favoreggiamento contestato a Fratoianni, ma nel dispositivo di sentenza lo hanno condannato al pagamento delle spese processuali nei confronti di una serie di parti civili tra cui la Federazione dei Verdi, rappresentata appunto da Bonelli. Durante l’interrogatorio a cui lo ha sottoposto l’avvocato dei Verdi, Vendola ha raccontato la sua versione dei fatti rispetto all’acrimonia con Bonelli: “Per due anni il capo carismatico del partito dei Verdi, Pecoraro Scanio, ministro, si dichiarò più volte molto ammirato per il lavoro che come regione stavamo svolgendo su Ilva. Nel 2009 avviammo un processo di fusione, il partito dei Verdi fa il congresso, si spacca in due come una mela. Vengono con me a fondare Sinistra ecologia e libertà le personalità più importanti del gruppo dei Verdi: il professor Gianni Mattioli, la fondatrice Grazia Francescato, la senatrice Loredana De Petris. Il rancore di Angelo Bonelli è tale che, a esito di questa rottura politica, lui si insedia a Taranto e comincia quella attività a cui io penso di non dover mai replicare, poiché ritenevo indegno di una mia risposta l’onorevole Bonelli per il carattere assolutamente strumentale della sua presenza”.
In realtà Vendola una volta gli rispose: “Noi consentiamo perfino alle minoranze di vivere in questa città. Anche ai forestieri che non la conoscono e che non la amano, ma che come piccoli avvoltoi cinicamente la usano per costruire fortune elettorali”. E infatti Bonelli si candidò sindaco di Taranto contro il candidato, vincente, di Sel. Ma Vendola gli fece saltare il posto alle politiche: “Ho già posto il problema a Bersani. Qualunque partito del centrosinistra può testimoniare l’animosità, la violenza e la volgarità dell’esponente dei Verdi, che semina odio e menzogne. Vuole portare Taranto sull’orlo della guerra civile”. Questo episodio è stato raccontato da Bonelli teste nel processo, infatti le cose andarono effettivamente cosi, Bersani escluse i Verdi dalle liste e Bonelli rimase senza seggio. Ci è tornato solo quest’anno, in cocomero con Fratoianni. Ma la stagione dei processi, per l’alleanza dei cocomeri, così a naso potrebbe essere appena cominciata. Citofonare a Soumahoro.