il caso nella maggioranza
Urso prova a soffiare l'Energia a Pichetto: Meloni vuole accentrare tutto
Il fedelissimo della premier e titolare del Mise prova di nuovo ad avocare a sé le competenze sugli impianti. La rabbia del forzista: "Giorgia rispetti i patti". Guerra fra ministeri
Il primo assalto c’è stato all’inizio del mese. Quando Adolfo Urso, d’accordo con Palazzo Chigi, ha provato a riportare le deleghe dell’Energia sotto il suo ministero in Via Veneto. Ma in quell’occasione il forzista Gilberto Pichetto Fratin, titolare dell’Ambiente, ha tenuto duro. “Restano a me”. Il veicolo era il decreto-ministeri, quello che ha assegnato le competenze ai vari dicasteri. Il primo round si è consumato in quella occasione. Solo che Urso, fedelissimo di Giorgia Meloni, sembra che non si sia rassegnato. E vorrebbe provare ad avocare a sé le competenze in materia di autorizzazioni legate ai temi energetici. Sia quando c’è da sbloccare un’opera, sia quando un’impresa si trova davanti a pratiche incagliate. Questa volta all’ex Mise stavano pensando a un emendamento da presentare col dl ministeri. Pichetto però se n’è accorto: “Vanno rispettati gli accordi elettorali”, fa sapere al Foglio.
Tra strappi e tranelli, sospetti e ripicche va avanti dunque il tentativo della premier di cercare di accentrare tutti i dossier a Palazzo Chigi o attraverso i suoi fedelissimi. Palazzo Fiamma Chigi. Lo si è visto già con il Pnrr. Ora in ballo in questo caso c’è l’energia: l’argomento di cui si parlerà per i prossimi due anni, almeno. Fondamentale. Carburante di consenso per la questione del caro bollette e centralissimo in Europa.
Dove le uscite non brillantissime del ministro forzista dell’Ambiente non sono passate inosservate ai più stretti collaboratori della presidente del Consiglio.
La guerra sotterranea è diventata alla luce del sole in queste ore quando Forza Italia ha protestato ufficialmente con il sottosegretario alla presidenza Alfredo Mantovano e con il braccio destro di Meloni, Giovanbattista Fazzolari, titolare dell’attuazione del programma. Il ministro Pichetto in un certo senso è stato da subito affiancato da Roberto Cingolani, ex ministro del governo Draghi con delega alla Transizione ecologica.
E’ stato finora la sua ombra, e forse anche di più. Soprattutto quando c’è da trattare sul prezzo del gas. L’“advisor” risponde, come è normale che sia, più a Meloni che gli ha chiesto di rimanere a dare una mano preziosa, che al titolare del ministero. Con il quale però i rapporti sono buoni e collaborativi. Il problema però è che non basta. La premier vuole essere presente il più possibile su tutti gli argomenti considerati strategici, al di là della complicata spartizione dei ministeri con gli alleati.
Ecco perché non ha ostacolato il primo tentativo di Urso di provare a prendersi le deleghe sull’energia e ha assistito anche al secondo assalto di cui sarebbe stata informata. Un blitz bloccato proprio ieri. Quando dalle parti di Forza Italia si sono resi conto della norma che stava scrivendo il ministero delle Imprese e del made in Italy per intervenire sullo sblocco delle vicende in cui c’è in mezzo l’energia. Che siano nuovi impianti da costruire o autorizzazioni poco importa. L’idea era (ed è) quella di controllare il più possibile un ministero centrale. Svuotandolo appunto di una competenza fondamentale.
La norma per il momento dunque è stata stoppata. Ma dalle parti di Palazzo Chigi resta un pizzico di perplessità sull’operato del ministro forzista, molto legato al vicepremier Antonio Tajani più che direttamente al Cav. (“Pichetto? Non lo conosco: è bravo?, ha chiesto Silvio Berlusconi nel giorno della composizione della squadra sentendosi rispondere “ma presidente sta in Forza Italia da sempre”). Energia a parte, la tensione dentro la maggioranza rimane. Anche perché in mezzo c’è sempre la guerra in Ucraina. Oggi il Consiglio dei ministri dovrebbe varare il decreto che prolunga il sostegno militare a Zelensky per tutto il 2023. Un provvedimento che entrerà dunque dalla porta principale dopo essere stato bloccato l’altro giorno sotto forma di emendamento a un decreto sulla Nato e sulla sanità in Calabria. La premier non ha intenzione di trattare con gli alleati nemmeno sulla fornitura di armi, convinta che alla fine Salvini e Berlusconi si adegueranno. Ma il clima di sospetti reciproci rimane. Lo sa Meloni, ma anche Pichetto.