il caso
“La Guardia costiera risponde alla Difesa e non a Salvini”. La battaglia navale di FdI contro la Lega
Secono il codice militare la Capitaneria è competenza del dicastero di Crosetto, fanno notare dal partito di Meloni. Continua la guerra nel governo sulle deleghe dei ministeri
Battaglia navale nel governo. L’assalto è già in atto, seppure con i sottomarini del partito: la Guardia costiera non è una competenza di Matteo Salvini, ma di Guido Crosetto dunque del ministero della Difesa. Dalle parti di Fratelli d’Italia iniziano a dirlo sempre più di frequente. Carte alla mano. E anche questa sottolineatura rientra nel tentativo messo in piedi da Giorgia Meloni e dai suoi fedelissimi di stringere il più possibile il campo di competenze degli alleati. Succede con il Pnrr con Raffaele Fitto a discapito del titolare dell’Economia Giancarlo Giorgetti. Continua sull’Energia con le mosse di Adolfo Urso per soffiare le deleghe a Gilberto Pichetto Fratin. E va avanti su un perno della propaganda salviniana: la Guardia costiera. Ergo: i migranti e gli sbarchi.
Finora è mancato il casus belli. Tuttavia Meloni se ce ne sarà bisogno è pronta, con Crosetto, a squadernare l’articolo 132 del codice civile militare. Cosa dice? “Il Corpo delle capitanerie di porto dipende dalla Marina militare, concorre alla difesa marittima e costiera, ai servizi ausiliari e logistici della Forza armata”. In poche parole, come stanno facendo notare in queste ore fonti molto qualificate di Fratelli d’Italia, la Guardia costiera funzionalmente dipende dal ministero delle Infrastrutture, dunque da Salvini, ma gerarchicamente fa capo alla Difesa, quindi a Crosetto. Siamo alla battaglia navale, appunto. Con il rischio di un possibile conflitto di competenze. Ipotesi: cosa succederebbe se un giorno Salvini dicesse alla Guardia costiera di non soccorrere un barcone e Crosetto invece decidesse il contrario? “Tecnicamente la dipendenza della Guardia costiera dal ministero delle Infrastrutture è funzionale solo per i compiti, ma sotto il profilo dell’impiego e dal punto di vista ordinativo è un corpo della Marina militare”, spiegano da Fratelli d’Italia.
Si riapre così un caso nato il giorno della lista dei ministri letti al Quirinale quando il ministero del mare dato a Nello Musumeci fece subito pensare all’intenzione della premier di togliere il controllo dei porti all’alleato Salvini, deluso per le porte sbarrate trovate al Viminale e pronto a rifarsi al ministero di Porta Pia. Dopo qualche ora di tensione, la faccenda venne chiarita: se ne occupa il capo del Carroccio nonché vicepremier. Caso chiuso, ma non troppo. Perché torna d’attualità in queste ore. Subito dopo l’audizione di Salvini al Senato sulle linee programmatiche del suo dicastero. “E’ alle dipendenze del ministero dei Trasporti e delle Infrastrutture il Corpo delle capitanerie di Porto-Guardia costiera”, ha fatto mettere a verbale il leader leghista, consapevole dell’assalto verbale del partito di maggioranza relativa. Ancora una volta i sospetti si rincorrono nella maggioranza. L’insofferenza di Lega e Forza Italia nei confronti della “capa” si fa sempre più forte. “Altro che collegialità: vuole gestire tutto lei”, masticano amaro gli alleati. La grande partita delle nomine nelle partecipate è ancora lontana, se ne parla a marzo. Ma i messaggi che arrivano da Fratelli d’Italia sono poco concilianti: gli amministratori delegati li sceglieremo noi, a voi daremo al massimo qualche presidenza più i membri dei cda. Discorso che vale per Leonardo, ma anche per Poste e Cdp. Per non parlare di quando ci sarà da riordinare la Rai. Anche a Viale Mazzini Fratelli d’Italia ha il dente avvelenato. Brucia ancora l’esclusione dall’ultimo cda e da tutti gli organismi di controllo, al contrario di leghisti e forzisti ben rappresentati. E dunque basta aspettare. La riscossa continua. In terra e in mare.