La Samarcanda di Conte, interviste a chi prende il Reddito. “Il Pd? Si fa opposizione da solo”
Il tour dell’ex premier parte da Scampia: “Non sono un Masaniello, ma i dem si chiariscano”. Il racconto da Napoli
Napoli, dal nostro inviato. Giuseppe Conte: è il nuovo Masaniello? D’altronde oggi è sceso qui, a difendere l’oro di Napoli, il Reddito di cittadinanza. “No”. Si sente il paladino degli scalzi che, come dice lei, “sono presi a calci in bocca dal governo Meloni”? Il capo del M5s, seduto in un bar in piazza Boito, si tocca il collo del dolcevita blu-esistenzialista: “Non mi sento Masaniello: la nostra protesta sarà pacifica. Porterò in piazza, a Roma, le storie dei percettori”. Conte quando cita il Reddito parla di “dignità sociale” contro “pochi atteggiamenti fraudolenti additati al pubblico ludibrio”. Ecco l’avvocato del popolo. Forse, come spiega al Foglio Paolo Macry, docente all’Università di Napoli e grande cultore della materia, “Conte è un populista certo, ma anomalo. Differente da Lauro, ma anche da De Magistris, per non parlare di Gava e di tutta la filiera di sinistra da Bassolino a De Luca”. Siamo dunque di fronte a un mistero napoletano? “No, tutto si tiene”. “Preside’, m’arraccumman!”, urla una piccola folla, organizzata dalla Cgil. La prima tappa contian-partenopea di questo lungo tour, format, una specie di Samarcanda alla Michele Santoro, inizia con un presidio di lavoratori dell’Inps, riassunti dopo essere stati esternalizzati (“merito dei miei governi”). Ottocento solo qui, tremila in tutta Italia. Bandiere rosse, ciuffo presidenziale sullo sfondo. Momento Guttuso. Pd assente. Il viceré grillino saluta i lavoratori in maniera non proprio ordoliberista: “Pubblico non è bello, è molto bello!”. Viene in mente il famoso “gratuitamente” del Superbonus. Lo aspettano San Giovanni a Teduccio e Scampia. Dove il M5s ha preso il 64 per cento.
Conte è amato, sotto il Vesuvio. A tratti venerato fino alla blasfemia. (“sei meglio di Maradona”, gli dice un ragazzo a Scampia). Gli fanno le foto, lo toccano. Lo abbracciano. Gli offrono il caffè, lui ne lascia un paio sospesi. “Pago, ma mi faccia lo scontrino”. Tira fuori venti euro. Gli fanno vedere le bollette della luce ormai alle stelle. Sempre nel bar di prima il titolare lo riconosce, si fa un selfie con lui e gli dice: “Preside’, quando c’era la pandemia la sera alle 20 andavo su Facebook, lei faceva una bella diretta e annunciava che mi dava i soldi. Che bei tempi”. “Adesso, nessuno ti dà niente, eh?”. Elena Tramontana, dipendente Inps appena rientrata sotto il tetto del “Pubblico”, dice: “Peppiniello rappresenta la sinistra. E’ l’unico. Gli altri che fanno?”. L’ex premier ascolta, compiaciuto (e il sorriso da fossette e denti che erano da pubblicità). “Il Pd – dice Conte al Foglio – si fa opposizione da solo, non sono io che gli faccio la guerra”. E qui vorrebbe parlare di pace, dello stop alle armi e di governo guerrafondaio. Ma le primarie del Pd? “Non entro nel merito dei nomi, ma spero che il Congresso sia davvero rifondativo affinché il Pd risolva i problemi identitari con una chiara organizzazione, senza essere in balìa di correnti e potentati locali”. Ormai gira così. Per mancanza di avversari a sinistra, l’Avvocato di Volturara può permettersi di dare consigli da punto di riferimento fortissimo dei progressisti (in Lombardia fa capire che l’accordo si può fare, nel Lazio giammai). Non frigge dalla voglia di incontrare Meloni, al contrario di Calenda (“posso confrontarmi con lei, ma è inutile che le porti il mio programma: lo conosce”).
Il tour di Conte toccherà anche Milano e Torino, poi scenderà al sud, prima di finire a Roma, quando la Manovra entrerà nel vivo. Tuttavia il debutto non poteva che cominciare qui a Napoli: 41 per cento alle ultime politiche, con punte bulgare nei lembi di città più slabbrati. “No a Gomorra”, si legge all’ingresso di Scampia Secondigliano. Dati Inps: a Napoli una persona su sei beneficia della misura, c’è l’importo medio più alto d’Italia (665 euro), i contratti di lavoro attivati sono stati in tre anni pari a zero. “La responsabilità è delle regioni, il Reddito è un’esigenza”, dice Federico Cafiero de Raho, già procuratore antimafia, ora onorevole grillino. In piazza Pratt intanto si è messo a piovere. Ma il comitato dei disoccupati agita un lungo striscione contro il caro vita e contro Meloni. Cento persone più il circo stampa, in un parchetto cinto da un serpentone di palazzi alti undici piani. Onorevoli M5s campani in attesa del capo, l’ex presidente della Camera Roberto Fico è appena arrivato con il solito jeeppone blu metallizzato (da neo presidente della Camera si presentò a Montecitorio in autobus).
Sguardi arrabbiati, sorrisi affatto smaglianti, qui a Scampia. “La zona è stata recuperata rispetto a prima”. E’ anche merito del Reddito, dirà Conte, appena fa capolino con una posa da Cristo pantocratore. Breve discorso e si inizia con il format. Parlano quattro percettori: Salvatore, Giuseppina, Maria e un ragazzo che non si presenta. L’ex premier tiene loro il microfono. Inizia il racconto. Miseria, mancanza di lavoro, disagio sociale. Urla a favore di telecamere. “Avevo perso il lavoro, grazie al Reddito potrò fare un regalo a Natale ai miei sei figli”. “Ho dormito anche per strada”. “Prendevo 300 euro al mese, come faccio a vivere?”.
“Voglio lavorare, ho studiato, ma non posso essere deportata al nord”. “Grazie, presidente”. L’ex premier intervista, interrompe, abbraccia questi testimonial, richiama la piazza a non insultare Meloni. “Le diciamo che il Reddito non si tocca fino a quando tutti avranno un lavoro”. Applausi. Il tour continuerà mentre il Pd è alle prese con le primarie. “Almeno a noi qui ci fanno entrare, ma a uno del Pd?”, si chiede Michele Gubitosa, vicepresidente del M5s. “Non ha ragione il nord ad attaccarci, sbaglia di sicuro anche il sud, i cui problemi provengono da lontano: guarderei piuttosto ai governi che continuano a susseguirsi al contrario della Germania”, dice al Foglio Aurelio De Laurentis, presidente del Napoli che sogna lo scudetto. Quasi più del Reddito.