Passeggiate romane
Letta e l'effetto centrifuga prima della deflagrazione finale del Pd
Molti dem si interrogano preoccupati su quello che sta avvenendo nel partito, dove l'Assemblea nazionale ha votato un dispositivo che in pratica assomiglia molto a una clausola di autoscioglimento. Il ritorno della Ditta e il rischio di nuove scissioni. Mentre Renzi e Conte aspettano interessati, per ragioni diverse, l'esito del congresso
Se lo chiedono in tanti nel Partito democratico e dintorni: Enrico Letta era conscio di quello che stava facendo quando ha fatto votare all’ultima Assemblea nazionale un dispositivo che in pratica assomiglia molto a una clausola di autoscioglimento del Pd? Con la sua mossa il segretario uscente era consapevole del fatto che i dem si sarebbero trasformati in una versione aggiornata dei Ds e che si sarebbe innescata la possibilità di una scissione? Perché quello che sta accadendo al Pd assomiglia tanto a un effetto centrifuga prima della deflagrazione finale.
Per capire quale sia la situazione basta leggere lo scambio di cinguettii che hanno avuto ieri su Twitter Pierluigi Castagnetti e Arturo Parisi, due che il Pd lo hanno fondato (e il secondo se l’è proprio inventato) e che ora lo vedono prossimo alla morte. Scrive Castagnetti: “Costituente (?) del Pd. Un gruppo di nominati, in buona parte neppure elettori, che attraverso la modifica di statuto e carta dei valori vuol far cambiare natura al Pd. Ma se cambia natura non è più il Pd. Semplice. Fermate la giostra, per favore”. Risponde Parisi, che sembra già dare la partita per persa: “E infatti il comitato non è Costituente del Pd, ma di un nuovo partito, somma di due partiti tra loro distinti, Pd e Articolo 1, e perciò guidato dai rispettivi segretari come garanti del processo e dell’approdo. Questo l’incredibile deliberato unanime dell’Assemblea del Pd”.
Insomma, per farla breve, è il ritorno alla grande della Ditta. E infatti c’è più di un dirigente dem che vede la mano di Massimo D’Alema dietro a questa operazione. Del resto, D’Alema e Letta hanno rapporti antichi. Ma un’altra scuola di pensiero racconta un’altra versione di questa vicenda innescata dal segretario uscente. E cioè che l’idea di cambiare radicalmente il partito, di coinvolgere personalità come Nadia Urbinati, insomma, di portare dentro una massa di persone che vota Elly Schlein e blocca la strada a Stefano Bonaccini, sia emersa durante i tanti colloqui fra Letta e Romano Prodi. Vero? Falso? Fatto sta che molti dem si interrogano preoccupati su quello che sta avvenendo e si sono andati convincendo che quale sia la versione vera di questa vicenda, comunque, il segretario uscente era consapevole di quanto stava facendo.
E ormai sono preoccupati per gli sviluppi degli eventi anche quei dirigenti dem che, pur non essendo lettiani di nascita, si sono avvicinati al leader uscente nel corso della sua segreteria. Ormai nessuno dà più nulla per scontato, se non che una scissione, piccola o grande che sia, ci sarà. Chi non sembra affatto preoccupato per l’esito del dibattito interno al Partito democratico è Matteo Renzi. Dicasi lo stesso per Giuseppe Conte. Mentre il primo tifa per Schlein, nella speranza che i riformisti vengano a lui, il secondo sogna di aprire le porte alla sinistra del Pd e di capeggiarla. L’obiettivo per entrambi è il 2024: alle elezioni europee sia il Terzo Polo sia il Movimento cinque stelle puntano a sorpassare quel che rimarrà (sempre che rimanga qualcosa) del Partito democratico.