L'INTERVISTA
Parla Nadia Urbinati. Come rifondare il Pd a partire da un nuovo manifesto
Il dibattito nel comitato costituente. Chi vede la vecchia carta come "ordoliberista", chi vuole ragionare su che cosa sia oggi il socialismo. Intanto il congresso incombe
Quale direzione deve prendere il Pd? A partire da quali punti cardine deve rifondarsi? Se lo è chiesto la politologa Nadia Urbinati, docente di Scienze Politiche alla Columbia, e come lei se lo stanno chiedendo gli altri 86 colleghi – politici e intellettuali – che, all’interno del cosiddetto “comitato dei saggi”, al momento lavorano alla stesura del nuovo manifesto dei valori del Partito democratico, uscito ferito dalle urne. Nei giorni scorsi le parole di Urbinati, emerse in modo ufficioso dal primo incontro del comitato, hanno provocato un dibattito attorno alla sottovalutazione della parola “uguaglianza”, ma anche attorno al precedente manifesto dei valori, quello del Pd tenuto a battesimo da Walter Veltroni al Lingotto nel 2007.
“Premetto che sarebbe desiderabile che quel che diciamo nel corso dei lavori restasse tra noi”, sospira Urbinati, interpellata dal Foglio. E ricorda di aver spiegato venerdì scorso, sul Domani, il motivo per cui ha definito il manifesto dei valori del 2007 “brutto, bolso, illeggibile, fatto di parole d’ordine, di burocratese”: “Avrei dovuto dire ‘inservibile’ ”, ha scritto Urbinati: “Trattandosi della carta di identità di un partito politico, quella vaghezza è quanto di peggio si possa avere, a meno che non sia stata disegnata col proposito di consentire progetti tra loro contrastanti, quindi un partito adatto a tutte le stagioni”. E insomma, la politologa dice intanto “di non voler essere trascinata in polemiche su temi che dovremmo avere la libertà di poter discutere liberamente”; “e, dal punto di vista della operatività democratica, in seno al comitato non si possono avere due cose insieme: rielaborare una bozza di documento dei valori e cadere vittime di veti provenienti da fuori”.
Le parole dure sul manifesto del 2007, spiega, “volevano essere soprattutto uno stimolo a discutere. E’ chiaro infatti che quel manifesto è datato, scritto tra l’altro prima della crisi economica del 2008. Ma, al di là di questa temporalità, non è che un manifesto valoriale si debba scrivere ogni dieci-quindici anni. Sarebbe necessario un lavoro, uno studio, e bene ha fatto Enrico Letta a invitarci a leggere altri manifesti valoriali, a partire da quelli del Pse e del Labour party, per avere suggerimenti utili al nostro lavoro. E beh, la comparazione mostra che il nostro, quello del 2007, è più simile a un programma elettorale che a un manifesto di valori. Non solo: in tutti i documenti fondativi dei partiti socialisti ci sono parole che sono assenti invece nel nostro manifesto. Se si vuole stare nell’alveo liberale va bene, massimo rispetto, ma allora lo si dica”. C’è chi, come Andrea Orlando, non a caso ha definito per alcuni aspetti il manifesto del 2007 “ordoliberista”.
Urbinati si concentra però sul fatto che, “se si vuole essere un partito di ispirazione socialista, bisogna prima di tutto capire che cosa è stato il socialismo dalla Rivoluzione francese in poi, per poi chiedersi ‘che cos’è oggi il socialismo?’, ‘che tipo di socialismo vogliamo o possiamo pensare?’. Io penso si debba andare verso una sorta di socialismo liberale o di democrazia capace di essere più inclusiva. Per questo ho messo l’accento sulla parola uguaglianza”.
Intanto il Pd è chiamato a fare opposizione. “Il Pd deve subito porsi agli antipodi di chi si atteggia a ‘mosca cocchiera’ (un’espressione di Filippo Turati) di un governo di destra. E deve anche pensare in termini di futuro: A chi ci si rivolge? Chi si vuole attirare? Teniamo presente che il 50 per cento dell’elettorato attivo si è astenuto, due mesi fa. Forse alcuni non si sono sentiti rappresentati e si sono come ritirati sull’Aventino. Persone che avrebbero votato, se avessero trovato una proposta in cui riconoscersi. Tanto è vero che, a parti rovesciate, chi ha votato a destra si deve essere sentito ben rappresentato. Ecco, il Pd dovrebbe invertire la marcia, e intercettare i cittadini di questa secessione sommessa”.