L'intervista
Capanna: "La contestazione alla Scala? Quei ragazzi proseguono le battaglie del ‘68"
“Non li chiamerei proprio nostri eredi, ma sono contento che stiano facendo una protesta giusta e intelligente”, dice lo storico leader dei movimenti studenteschi, dopo che questa mattina un gruppo attivisti per il clima ha imbrattato con la vernice il teatro di Milano
“Provo verso questi ragazzi un sentimento di tenerezza e condivisione”, dice al Foglio Mario Capanna, tra i principali leader dei movimenti studenteschi del ‘68 e protagonista, ormai 54 anni fa, di una manifestazione in occasione della prima della Scala culminata con un lancio di uova verso gli smoking e le pellicce di chi entrava a vedere lo spettacolo. Questa mattina gli attivisti di Ultima Generazione, già al centro di molte polemiche per i blocchi stradali e gli imbrattamenti delle opere d’arte nei musei, hanno lanciato della vernice contro i muri del teatro più famoso di Milano. L’obiettivo di questi gesti è sempre lo stesso: far parlare il più possibile (e con ogni mezzo) l’opinione pubblica della crisi climatica in corso.
“Trovo davvero positive queste iniziative politiche”, afferma Capanna. “È l’unico modo per far passare il messaggio che c’è un’emergenza che rischia di far sparire la nostra intera specie ed è la continuazione delle nostre proteste di allora”. Nel 1968, però, si manifestava e si lottava per la lotta di classe. Oggi i ragazzi, concentrandosi sulla causa ambientalista, stanno trascurando le lotte sociali che erano centrali negli anni Sessanta? “No - replica Capanna -. Se si vanno a leggere le loro rivendicazioni, conservano centrale il tema sociale: chiedono di incentivare le energie rinnovabili, che produrrebbero posti di lavoro. E protestano contro una passerella di cariche istituzionali. Fanno soltanto chiacchiere mentre il mondo sta bruciando, come in occasione della Cop27, dove non si è deciso alla fine nulla di concreto”.
Mentre le proteste degli anni Sessanta erano capaci di generare empatia e consenso nella popolazione, i blocchi delle tangenziali e gli imbrattamenti delle opere d’arte sembrano produrre più reazioni di nervosismo che di apprezzamento. “Ma bisogna vedere chi fanno innervosire - risponde il leader dei movimenti studenteschi del ‘68 -. Oggi alla Scala avranno fatto innervosire il governatore Attilio Fontana o Vittorio Sgarbi. Dico a questi: indignatevi ma poi fate qualcosa per il clima”.
Quando bloccano il Raccordo anulare, però, a innervosirsi sono per lo più lavoratori e automobilisti, che generalmente non appartengono alla classe dei “padroni”. “Lì è vero che c’è un’incomprensione, ma c’è anche il dialogo: quando vengono trascinati via dagli automobilisti, i ragazzi hanno il modo di esporgli qual è il problema. Sono contento che oggi cinque ragazzi abbiano impiegato il proprio tempo per mandare un messaggio importante e, come fu il nostro allora, nonviolento. A meno che non si voglia considerare ‘violento’ un lancio di uova contro le pellicce di qualche signora”.
Nel 1968, colpire le pellicce delle signore era comunque un modo di affrontare direttamente la classe sociale che si riteneva colpevole delle ingiustizie del tempo. Oggi si colpiscono o le opere d’arte e i palazzi, o gli automobilisti spesso diretti a lavoro. Non c’è più l’idea di un attacco, diretto anche se simbolico, a coloro che sono considerati i potenti. “Questo è vero, basta vedere quello che facemmo nell’autunno caldo del ‘69 - ricorda Capanna -. Però il problema di oggi è che le menti delle persone sono cloroformizzate sul tema più importante dei nostri giorni. Ai nostri tempi c’era piena consapevolezza delle questioni su cui bisognava combattere. La vera emergenza di ora è la mancanza di consapevolezza. Motivo per cui mi definisco ‘cautamente ottimista’ nei confronti di questi ragazzi”.
A voi non è mai venuto in mente di colpire le opere d’arte? E se un vostro “compagno” l’avesse proposto come crede che avreste reagito? “No, non ci sarebbe passato per la testa - risponde Capanna -, noi non avevamo nulla contro il Don Carlo di Giuseppe Verdi, l’opera che andava in scena quando ci fu il lancio di uova. Noi sapevamo bene chi volevamo attaccare: i ricchi che andavano alla Scala pochi giorni dopo che la polizia aveva ucciso due braccianti che manifestavano ad Avola. Ai tempi un’azione come quella di oggi non avrebbe avuto senso”.