Foto di Mauro Scrobogna, via LaPresse 

dov'è la fregatura?

D'Alema il sensale: dall'acquisto di ventilatori cinesi ai contatti con il Qatar

Salvatore Merlo

Il dragone, i colombiani e ora pure il paese del nuovo "gate". L'ex presidente del Consiglio ha creato connessioni prima tra le aziende cinesi e la Protezione civile italiana, e poi tra il governo di destra della Colombia e Leonardo. Non è che negli ultimi trent'anni abbiamo scambiato Totò con Decio Cavallo?

Quando pensiamo a Massimo D’Alema ci viene sempre in mente Clemenceau che diceva di Poincaré: “Poincaré sa tutto, ma niente altro”. Egli d’altra parte scrive e presenta libri, rilascia interviste sul futuro della sinistra, fa da tutor a Giuseppe Conte, infilza Matteo Renzi  e poi, nei ritagli di tempo, si direbbe, coltiva pure un’attività parallela che tuttavia sempre più lo fa somigliare – sia detto con rispetto – a Totò quando vende la Fontana di Trevi al povero Mister Decio Cavallo. Anche se, per la verità, ancora non è ben chiaro se D’Alema sia in effetti quello che la Fontana di Trevi la vende, o quello che invece al contrario se la compra. A marzo del 2021, in piena pandemia, per dire, D’Alema aveva messo in contatto un’azienda cinese con la Protezione civile italiana. E insomma questo ex presidente del Consiglio ed ex ministro degli Esteri aveva fatto acquistare al governo un centinaio di ventilatori ospedalieri. Quasi tre milioni di euro.

 

Ma ecco che ad aprile, secondo la Verità, quei ventilatori vengono ritirati dalla Regione Lazio perché privi del marchio Ce. Non erano a norma. E forse nemmeno funzionavano. Cose che capitano, direte. Lo stesso D’Alema, se ormai non è eccessivo usare questo verbo nei suoi confronti, lo pensa. E infatti, investito dalle polemiche dichiarò: “Ritengo che chi si è attivato per il nostro paese vada ringraziato”. Non è ancora chiaro se per “nostro paese” egli intendesse l’Italia o la Cina. Ma sono dettagli. Poi, esattamente un anno dopo, a marzo del 2022, due tizi pugliesi che si spacciavano per “broker” lo contattano per acquistare armamenti e navi da guerra da vendere al governo (di estrema destra) colombiano.

 

E Sherlock-D’Alema che fa? Ma li mette subito in contatto con Leonardo, la nostra maggiore industria bellica. Ovvio. Senza battere ciglio. Solo che, trattandosi a quanto pare proprio di due truffatori, la cosa viene scoperta e presto bloccata. L’affare va a monte. Interviene persino la magistratura. E finisce che il governo colombiano, che era effettivamente interessato ad acquistare navi da guerra e quant’altro dall’Italia, lascia perdere borbottando sull’inaffidabilità di questi sudamericani degli italiani. Ma non è tutto. In queste ore, l’infaticabile D’Alema è stato chiamato da un non meglio precisato soggetto del Qatar che vorrebbe acquistare la raffineria di Priolo, in Sicilia.

 

Memore delle esperienze passate, il Nostro ha detto: “Ci penso io”. Solo che, irruente come un torrente, aggressivo come la bronchite e precipitoso come una metropolitana, D’Alema ha messo in contatto Italia e Qatar nei giorni in cui il suo ex discepolo di corrente, il dalemiano Antonio Panzeri, è indagato in Belgio e addirittura sospettato di essersi fatto corrompere dal... Qatar. S’intuisce che l’affare, anche quest’ultimo, durerà all’incirca, direbbero a Roma, come un gatto in tangenziale. Ragione per la quale ora torna in mente una vecchia battuta di Dario Franceschini che anni fa, incrociato D’Alema in Transatlantico, gli chiedeva: “Massimo, chissà perché ogni volta che dici qualcosa tutti si chiedono dove sia la fregatura”. Ebbene, Franceschini a quei tempi intendeva fargli un complimento. Alludeva all’equivoca, mitologica nonché diabolica (dunque dalemiana) intelligenza. Noi oggi, invece, ormai ci chiediamo prosaicamente: ma non è che negli ultimi trent’anni abbiamo scambiato Totò con Decio Cavallo?

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  • Salvatore Merlo
  • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi universitaria in Inghilterra. Ho vinto alcuni dei principali premi giornalistici italiani, tra cui il Premiolino (2023) e il premio Biagio Agnes (2024) per la carta stampata. Giornalista parlamentare, responsabile del servizio politico e del sito web, lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.