Il caso
Micciché non va al Senato a votare: "I voli costano troppo". Continua la guerra con Schifani
L'emergenza voli aggiunge una nuova trama a questo eterno scontro. Berlusconi pensa di mandare come ambasciatore per fare la pace il vicepresidente della Camera Giorgio Mulè
Dopo Renato Schifani, che qualche giorno fa è dovuto rientrare da Roma con la nave (via Napoli), un altro protagomista, sempre di Forza Italia, è rimasto appiedato: trattasi di Gianfranco Micciché, coordinatore regionale azzurro, che oggi non era al Senato per votare il decreto Aiuti Quater. Miccichè ha marcato visita. Anche lui vittima dell’emergenza voli che sta devastando il Natale in Sicilia, rendendo la vita impossibile ai tanti fuorisede che avrebbero voluto trascorrere le feste in famiglia. Il problema non era, però, di natura economica. In questo momento il vicerè berlusconiano percepisce lo stipendio da parlamentare nell’Isola, dove occupa un seggio all’Assemblea regionale, e, in virtù del doppio incarico, il rimborso spese a Palazzo Madama. Pagare sarebbe stato l’ultimo dei problemi. Peccato che biglietti non ce ne fossero manco a peso d’oro: “Partendo ieri - ha confermato Miccichè a Repubblica - non c’era la possibilità di rientrare a Palermo neanche in treno. Sarei andato per votare la fiducia ma anche per salutare e ringraziare: da gennaio la mia scelta di restare all’Assemblea regionale siciliana sarà definitiva”.
Miccichè ha approfittato di questa sua disavventura per chiedere a Schifani qual è il suo piano per ottenere dalle compagnie aeree maggiori rotazioni settimanali e, soprattutto, per evitare che i prezzi continuino a lievitare. Attualmente l’unico effetto della protesta siciliana, culminata nella decisione di denunciare il “cartello” fra Ita e Ryanair all’Antitrust, è stato il ritocchino della compagnia di bandiera (ancora per poco) ai collegamenti da Catania e Palermo per il continente: giusto qualche volo aggiuntivo in prossimità della vigilia di Natale, con la promessa di riparlarne più avanti. Schifani insiste: “È un fatto inaccettabile e scandaloso, continueremo la nostra battaglia fino in fondo. Non faremo sconti a nessuno, così come lavoreremo per privatizzare gli aeroporti: più vettori e più efficienza nell'interesse dei cittadini”. Ma dalla Sicilia, ogni giorno, si moltiplicano le richieste d’aiuto. Anche l’ex governatore Totò Cuffaro ha denunciato la sordità delle compagnie: “Un Roma-Palermo costa 494 euro. Io credo che questa perseverante e maldestra beffa nei confronti dei siciliani debba essere fermata con autorevolezza e, qualora servisse, anche con l’autoritario intervento dei Ministri competenti”.
Va ricordato, altresì, che Micciché da gennaio non avrà più di questi problemi. Rimarrà all’Ars, con un solo stipendio, ma soprattutto con l’obbligo morale di accompagnare Forza Italia verso una resa dei conti inevitabile. Anche se il partito, nella sua versione originaria, rischia di perdere il gruppo parlamentare: dopo le dimissioni di Tommaso Calderone, che ha scelto la Camera dei Deputati, i componenti sono rimasti tre. Regole alla mano, non bastano. Così è arrivata la richiesta di una deroga che il presidente dell’Assemblea, Gaetano Galvagno (Fratelli d’Italia), non sembra disposto ad accogliere. A Miccichè, che invece la rivendica, è venuto in soccorso l’ex sindaco di Messina Cateno De Luca, che gli ha offerto uno dei suoi parlamentari per non farlo sparire dal palazzo. A decidere una volta per tutte, e in tempi rapidi, sarà il Consiglio di presidenza.
L’altra soluzione, per il (quasi ex) senatore, è ricomporre la frattura in seno a Forza Italia, che già da qualche settimana ha provocato la scissione: ai tre deputati della compagine ufficiale, infatti, si oppongono i nove che fanno riferimento all’area Schifani. Il gruppo concorrente si chiama “Forza Italia all’Ars” e non intende concedere sconti al coordinatore, la cui gestione è stata definita più volte cervellotica e divisiva. Miccichè, dopo aver perso il volo, rischia di perdere anche il partito. A meno che Berlusconi, su invito di Gianfranco medesimo, non deciderà di risolvere la questione affidandosi a un commissario terzo, nelle vesti di ambasciatore: potrebbe essere Giorgio Mulè, attuale vicepresidente della Camera, di origini palermitane. Un compromesso necessario.