Foto di Maurizio Brambatti, via Ansa 

Al capezzale dei dem

Anticipare le primarie del Pd (per non soccombere). Parlano Orfini e Ricci

Marianna Rizzini

All'orizzonte le elezioni amministrative nel Lazio e in Lombardia. “Abbiamo bisogno di un nuovo gruppo dirigente, subito", dice il deputato. E ancora: "La base ha paura. Si percepisce chiaro un distacco dei militanti dal partito", sostiene il sindaco di Pesaro

“Siamo una comunità di gente perbene che vuole pulizia”, dice il segretario pd uscente Enrico Letta nel giorno del primo confronto (ieri) tra Stefano Bonaccini, Elly Schlein e Paola De Micheli, candidati alla segreteria sulla via accidentata del congresso. Sono giorni cupi, infatti, per il Partito democratico, bombardato all’esterno per il caso Qatar, avvilito per i sondaggi, alle prese con il dibattito all’interno del comitato costituente (chi siamo? dove andiamo?) e preoccupato per le regionali nel Lazio e in Lombardia. In questa situazione, ogni giorno sembra un mese e rischia di pesare come un anno. La cosa ad alcuni appare auto-evidente. Per esempio al deputato Matteo Orfini, che ieri ha lanciato l’allarme: c’è pericolo di peggiorare una situazione già complicata, anticipiamo le primarie, è l’idea. “Banalmente”, dice Orfini al Foglio, “abbiamo bisogno di un nuovo gruppo dirigente, subito. La nostra fase costituente, invece, a mio avviso, saranno gli anni all’opposizione, un’opposizione che peraltro stiamo già facendo bene. Questa è la nostra battaglia, questa la priorità per cui essere pronti in fretta”.

 

Ultimamente però il Pd è finito sui giornali, oltre che per il caso Qatar, più per la discussione attorno alla carta dei valori del 2007, quella del Lingotto, che per l’urgenza del ricambio ai vertici. “Ora la nostra volontà collettiva dovrebbe essere quella di ricostruirci combattendo giorno per giorno sul campo, in Parlamento e in piazza. E anche nelle urne, visto che dobbiamo affrontare le amministrative nel Lazio e in Lombardia. Anche per questo penso sia opportuno anticipare le primarie e cercare di non sembrare un partito che si disinteressa delle elezioni, così vicine, per concentrarsi sulla riscrittura del manifesto dei valori – e lo dico da membro del comitato costituente che deve riscrivere il manifesto dei valori”. Il sindaco di Pesaro Matteo Ricci, come Orfini sostenitore del candidato Bonaccini, pensa che “sia sotto gli occhi di tutti il fatto di trovarci in difficoltà e sotto attacco. Serve una reazione, e la reazione la si ha se un gruppo dirigente consapevole decide di fare uno scatto di reni. Anticipare le primarie non favorisce e non penalizza nessuno, semplicemente è un prendere atto che la costituente assieme alle primarie non si può fare. Bisogna farla dopo, e per diversi mesi, nel 2013”.

 

Ci sono progetti, identità e nuova organizzazione da definire, dice Ricci, ma non adesso. “Dico ai candidati che le primarie devono svolgersi prima delle regionali, anche per ricreare entusiasmo attorno al Pd. Non credo si possa andare avanti due mesi in queste condizioni, per poi andare al voto durante il congresso e fare le primarie dopo le regionali. Teniamo i piedi per terra. Mettiamo prima possibile un punto di ripartenza”. E i militanti che cosa ne pensano? “Penso di interpretare in questo senso anche la nostra base”, dice Ricci: “La base ha paura, ora, per la tenuta del Pd. Al di là dei sondaggi, è evidente che c’è un distacco dei militanti rispetto a quello che stiamo facendo. Ci sarà tempo per lavorare sul partito. Ma adesso, durante le vacanze di Natale, e con il voto alle porte, non mi pare un’operazione di buonsenso”.

 

Ma è possibile? “Se i tre candidati sono d’accordo sì. Ogni settimana rischia di essere una settimana persa”. Nel partito c’è però chi fa notare che, al di là delle ragioni politiche, “regolamento alla mano”, sarà “già difficile rispettare le scadenze attuali, con tutti i passaggi”, e che insomma bisognerebbe, per anticipare, cambiare tutto il quadro della competizione. Tuttavia il candidato Bonaccini, ieri, durante il confronto con Schlein e De Micheli, si è mostrato preoccupato: “Noi non siamo un movimento. Abbiamo scelto di chiamarci partito, perché è attraverso i partiti che vive e si organizza la democrazia”, ma “dobbiamo innovare le nostre forme. Io non credo che gli italiani capiscano perché ci vogliano mesi, mesi e mesi per eleggere un nuovo segretario e un nuovo gruppo dirigente. E questo è un problema. Così come è un problema se, quando guardano a noi, non percepiscono quella tensione ideale e morale dei nostri padri, penso in primo luogo ad Enrico Berlinguer e a Benigno Zaccagnini”. Il morale delle truppe è a terra. “In bocca al lupo”, sospira sconsolato un padre nobile dal Nazareno. 

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  • Marianna Rizzini
  • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.