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Passeggiate romane

La sinistra pd teme il flop e chiede un passo indietro a Cuperlo

Nel Partito democratico si dibatte anche su quando tenere le primarie: farle la settimana dopo le elezioni regionali in Lombardia e Lazio viene considerato un azzardo. Gli iscritti sono calati a 50 mila e nonostante questa volta a votare ci vada sia Articolo 1 sia l’arcipelago che si muove intorno alle sardine, tutti temono un flop

Nel Partito democratico sono in corso due operazioni a quanto pare destinate a non avere grande successo. La prima, che in realtà è l’ultima in ordine di tempo, riguarda il tentativo in corso da parte di un pezzo della sinistra interna di convincere Gianni Cuperlo, che ha appena fatto un passo avanti, a farne uno indietro. E, cioè, a non candidarsi, per consentire a Elly Schlein di arrivare seconda nel voto degli iscritti con il minimo scarto possibile nei confronti di Stefano Bonaccini. Il timore, infatti, non riguarda tanto il voto delle primarie ai gazebo, perché su quel fronte la concorrenza di Cuperlo non verrebbe ritenuta insidiosa, quanto l’atteggiamento dei militanti. I quali, testati, appaiono alquanto scettici rispetto all’ipotesi di una leadership affidata alla ex vice presidente della giunta regionale dell’Emilia Romagna. Ma Cuperlo, che è uno spirito indipendente, ha resistito a tutte le pressioni messe in atto fino a questo momento. Peraltro, quel che non sanno gli esponenti della sinistra, preoccupati di far ottenere a Schlein un gruzzolo non insignificante di voti degli iscritti, è che anche al quartier generale di Stefano Bonaccini la candidatura di Cuperlo non è stata accolta con grande favore. Pure da quelle parti si teme che la decisione dell’esponente dem di scendere in campo possa sottrarre consensi a quello che al momento viene considerato il candidato più accreditato. Bonaccini, infatti, gode delle simpatie di tutti i militanti che vengono dai Ds, ma è proprio lì, ed è questo il timore dei supporter del presidente dell’Emilia Romagna, che Cuperlo potrebbe pescare i suoi voti al congresso. 

 

La seconda operazione, che si scontra con il no già ripetuto più volte di Enrico Letta, riguarda i tempi delle primarie. Tenerle la settimana dopo le elezioni regionali in Lombardia e Lazio viene infatti considerato un azzardo. Per quanto il Partito democratico sia molto concentrato sulle campagne elettorali di Pier Francesco Majorino e Alessio D’Amato, la loro, visti i rapporti di forza in quelle regioni, viene considerata una missione pressoché impossibile. E dopo una batosta in Lazio e Lombardia, preceduta dalla mazzata del 25 settembre, è assai difficile che ai gazebo si faccia vedere tanta gente. Gli iscritti sono calati a 50 mila e nonostante alle primarie vadano questa volta a votare sia Articolo 1 sia l’arcipelago che si muove intorno alle sardine, tutti temono un flop. Però lo stesso Stefano Bonaccini, che pure si è detto più e più volte contrario alle procedure lunghe e macchinose che sovrintendono all’elezione del segretario del Pd, non ha nessuna voglia di accelerare i tempi perché non intende inaugurare la sua segreteria con un doppio insuccesso elettorale, benché la maggior parte dei suoi sostenitori spinga per anticipare la data. E anche Schlein, che ha bisogno di tempo per consolidare la sua base elettorale, non ha nessun interesse a fare in fretta. Perciò difficile che questa operazione riesca. Semmai, più facile che vada in porto l’altra ipotesi che sta prendendo piede in questi ultimi tempi. Quella, cioè, di spostare di una settimana più in là la data delle primarie. 

 

In molti si sono stupiti per la decisione di Dario Franceschini di appoggiare Elly Schlein, ma l’ex ministro della Cultura è profondamente convinto della sua scelta. Non solo, nonostante i pronostici, è sicuro che Schlein, alla fine vincerà, e anche bene, la prova dei gazebo. Questa sicurezza non deriva dall’esigenza di rassicurare i suoi, che sono in ansia per la svolta del loro leader. No, Franceschini è veramente certo di farcela anche stavolta. 

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