Il caso Report riaccende la guerra di Crisanti a Zaia in Veneto

Ermes Antonucci

Superata la prima ondata di pandemia, il microbiologo (ora senatore dem) è sembrato intestarsi la missione di debellare non tanto il virus alla base del Covid-19 quanto il governo della regione Veneto

Che il rapporto tra il governatore del Veneto, Luca Zaia, e il microbiologo ora senatore dem, Andrea Crisanti, non fosse idilliaco era noto da tempo. A darne prova sono stati i continui attacchi pubblici sferrati negli ultimi due anni e mezzo contro il leghista dall’ormai ex docente dell’università di Padova, che, superata la prima ondata di pandemia, è sembrato intestarsi la missione di debellare non tanto il virus alla base del Covid-19 quanto il governo della regione Veneto. Zaia “è diventato un venditore di fumo”, “dice baggianate”, “sul coronavirus non ci ha capito nulla”, “mi fa pena”, sono solo alcune delle espressioni eleganti rivolte da Crisanti nei confronti del governatore veneto, che ha sempre preferito non replicare per contegno istituzionale. E’ in questo contesto che si sono inserite  le intercettazioni, del tutto penalmente irrilevanti, rese note da Report.

 

Il programma televisivo di Rai Tre ha mandato in onda alcune conversazioni avvenute tra il governatore del Veneto e Roberto Toniolo, direttore di Azienda Zero, braccio operativo della giunta regionale per gli affari sanitari, intercettate nell’ambito di un’inchiesta della procura di Padova che vede indagati Roberto Rigoli, coordinatore di tutte le unità di microbiologia del Veneto, e Patrizia Simionato, dg di Azienda Zero, sulla base di un esposto partito proprio da Crisanti. I due devono rispondere di falso ideologico e di turbata libertà di scelta del contraente: secondo l’accusa, sarebbe stato alterato il procedimento amministrativo con cui la regione Veneto nell’agosto e nel settembre 2020, cioè tra la prima e la seconda ondata della pandemia, acquistò con affidamento diretto quasi 500 mila test rapidi prodotti dalla multinazionale Abbott, per un importo totale di circa 2 milioni di euro. In particolare Rigoli, incaricato di confermare l’idoneità clinico-scientifica dei test antigenici, non avrebbe svolto correttamente il compito assegnatogli.

 

In uno studio Crisanti aveva contestato l’efficacia dei test rapidi acquistati dal Veneto, sostenendo che il margine di errore poteva arrivare fino al 30 per cento. Anche altre regioni, come Lombardia, Emilia-Romagna, Lazio, Piemonte e Friuli-Venezia Giulia, oltre alla provincia autonoma di Trento, decisero comunque di affidarsi ai test antigenici rapidi prodotti dalla Abbott, per un appalto complessivo di 148 milioni di euro. La vicenda è ora al vaglio del giudice dell’udienza preliminare. Le uniche cose certe, per il momento, sono tre.

 

La prima è che le parole di Zaia mandate in onda da Report, per quanto espresse in un linguaggio colorito (come può accadere in una qualsiasi conversazione privata), hanno un contenuto del tutto penalmente irrilevante. Viene da chiedersi, dunque, per quale ragione il pubblico ministero abbia deciso di depositare intercettazioni irrilevanti riguardanti soggetti neppure indagati

 

Il secondo elemento certo è che la vicenda non riguarda, come Report ha voluto far intendere, il rapporto tra scienza e politica. Non ci sono i buoni (gli scienziati) che i cattivi (i politici) hanno deciso di non ascoltare. Del resto, le conclusioni raggiunte da Crisanti sull’inefficacia dei test rapidi non solo sono state smentite dai fatti (visto che è grazie al sistema dei test antigenici rapidi che l’Italia è stata in grado di riaprirsi), ma sono anche contestate sul piano scientifico. Il difensore di Rigoli, l’avvocato Giuseppe Pavan, ha per esempio presentato una consulenza firmata da Pierangelo Clerici, microbiologo e docente dell’università di Milano, secondo la quale l’operato di Rigoli sarebbe stato corretto. Mentre l’avvocato Alessandro Moscatelli, che difende Simionato, ha annunciato una consulenza firmata nientemeno che dal presidente di Aifa, il virologo Giorgio Palù. Inoltre, sono stati pubblicati altri studi che esaminano l’efficacia dei tamponi rapidi (inclusi quelli prodotti da Abbott), con esiti diversi da quelli raggiunti da Crisanti.  

 

La terza certezza riguarda le conseguenze che la scelta del Veneto di affidarsi ai test rapidi ha avuto sul piano del contrasto alla pandemia. L’accusa mossa da Report ai vertici regionali è di aver contribuito ad aumentare la mortalità da Covid-19 in Veneto rispetto alla media nazionale. Eppure i dati forniti da Azienda Zero dimostrano che i test antigenici rapidi sono stati utilizzati in affiancamento, e non in sostituzione, ai test molecolari. In altre parole, durante il periodo pandemico è sempre stato garantito un numero costante di test molecolari. L’aumento della capacità di testing ha ovviamente consentito di individuare un numero maggiore di soggetti positivi al Covid, contribuendo a contrastare il contagio. 

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