l'evoluzione
Il Calderoli Zagrebelsky: "Ho giurato sulla Costituzione, difendo il Sud"
"Tradendo le mie origini bergamasche, mi sono messo a ragionare con la testa dalla parte del mezzogiorno", dice la nuova versione del ministro che fu secessionista
Dice che è pronto a passare alle denunce. Che "nessuno può azzardarsi di accusarmi di tradire la Costituzione sulla quale ho giurato". E che quindi non è certo sua intenzione fare quello che da giorni in molti lo accusano di voler fare: spaccare il paese attraverso una legge sull'Autonomia che porti il suo nome, il suo timbro. Insomma Roberto Calderoli is on fire. E quando prende a ragionare sul cavallo di battaglia leghista, quasi un ritorno alle origini del sindacalismo territoriale nordista, non ci sta ad avallare la vulgata classica che vede il settentrione fare le scarpe ai terùn. "Qualcuno mi trovi un articolo, un comma, una riga nel mio testo di riforma dove emerge che il Sud viene danneggiato, o deve tacere", esorta quasi inalberato in un'intervista al Corriere della Sera. Arrivando a sostenere che "tradendo le mie origini bergamasche e lombarde, dopo aver sentito i presidenti Zaia e Fontana, mi sono messo a ragionare con la testa dall’altra parte. Del Sud". Sentirlo dire da uno che fa politica parlamentare da più di 30 anni. E che ha già al suo attivo un tentativo di riforma costituzionale dopo anni di "Roma ladrona" che prevedeva la riallocazione di competenze tra stato e regioni – poi abortito da un referendum –, fa un certo qual effetto.
È la versione Calderoli-Zagrebelsky, la mozione Micromega per tranquillizzare la fetta di paese in fibrillazione. Quella turbata dalla possibilità che i meccanismi che reggono assieme Roma e Milano, Bolzano e Reggio Calabria, Isernia e Voghera, possano andare a carte quarantotto. È quello che temono i sindaci di una cinquantina di città del sud, che ieri hanno scritto una lettera al capo dello stato Sergio Mattarella per manifestare il loro allarme. E dunque lo storico gutturale esponente del Carroccio sceglie di trasformarsi in quieto e mite pacificatore. Dice di essere "convinto di una cosa: l’Italia è un treno dove ogni vagone deve trasportare con la stessa capacità i passeggeri, e se alcuni vagoni diventano un peso, deraglia. Se si rafforza solo il Nord e non si aiuta il Sud a crescere, è finita. Ed è giusto che nel momento in cui abbiamo deciso di garantire i diritti civili e sociali a tutto il territorio sia il Nord il primo a metterci la faccia. Il mio spirito è questo".
Sembrano lontanissime, pescate da un'altra èra geologica, le considerazioni che Calderoli rivolgeva al meridione quando solo per fare un esempio – era il 2016 – disse che "Napoli è una fogna da bonificare. Infestata da topi, da eliminare con qualsiasi strumento, e non solo fingere di farlo perché magari anche i topi votano.... Qualsiasi trasferimento di risorse a questa città, che rappresenta un insulto del paese intero, sarebbe assurdo e ingiustificato". E invece sette anni più tardi, Carta costituzionale alla mano, è lì che elabora una commissione che dovrà stilare i Livelli essenziali minimi perché il godimento di certi diritti di base sia assicurato su tutto il territorio nazionale. Di più: assicurare fondi perequativi anche a quelle regioni che non dovessero fare richiesta per accedere a una qualche forma di autonomia differenziata.
Nel continuo spiegare che la sua riforma e quella per introdurre il presidenzialismo sono due cose separate, che viaggiano su binari paralleli, è insito poi il desiderio di passare ai posteri come un tecnico delle istituzioni di diritto pubblico. Un uomo da futuribili dotti pamphlet per spiegare la sua idea di "ridisegno dello stato", edizioni Il Mulino. Se fate una rapida rassegna stampa oggi e nei prossimi giorni, almeno fino a quando servirà all'approvazione definitiva dell'autonomia, troverete questa versione del Calderoli che fu secessionista e adesso è col cuore a Bagnoli.