Il racconto
Il carnevale della destra nel Lazio: "Ecco Rocca, abbiamo già vinto: addio sinistra"
Fratelli d'Italia, Lega, FI e centristi presentano il candidato governatore. Clima di euforia generale. E in sala spunta il leader laziale di CasaPound
“Autorevole, eh”, dice la Meloni di Francesco Rocca. Il candidato governatore del Lazio è stato appena svelato al cospetto di stampa e big del centrodestra. Lei è Arianna Meloni, sorella madre di Giorgia, e sarà uno dei coordinatori della campagna elettorale dell’ex presidente della Croce Rossa e della Mezza luna rossa. “Uno che si fece votare dai palestinesi e dagli israeliani”, aggiunge Chiara Colosimo, contessina della real casa di Fratelli d’Italia. La premier non c’è. Manderà una nota per sottolineare “competenza, capacità e prestigio” del prescelto. Ma non potevate candidare lui al posto di Michetti come sindaco di Roma? “No, nel suo destino c’era fare il governatore”, se la cava con una battuta Francesco Lollobrigida, ministro e plenipotenziario del governo. “Dobbiamo un attimo parlare”, lo bracca Lorenzo Cesa, capo dei centristi. Palazzo Ripetta è l’ombelico chic della politica. Mi fa un caffè? “Sei euro”.
Solo posti in piedi, qui. C’è aria di potere romano croccante, ma anche di rigore a porta vuota. Con il campo largo diviso (Pd e Terzo polo con D’Amato, Sinistra e M5s con Bianchi) il dopo Zingaretti sembra una formalità.
Il partito padrone, FdI, è al gran completo. Fabio Rampelli, spalle larghe, affronta la stampa senza drammi per l’ennesima mancata candidatura: sarà anche lui uno dei registi della campagna. Paolo Trancassini, coordinatore regionale del partito, scherza: “Piacere, sono l’ex candidato”. Roberta Angelilli, Gianluca Caramanna, Mauro Rotelli e poi certo Giovanni Donzelli, numero due di FdI. Parlamentari meloniani sparsi ovunque marcano il territorio. Per la Lega non c’è Matto Salvini, ma Claudio Durigon, sottosegretario pontino al Lavoro, pronto a usare parole ultimative: “Spazzeremo via la sinistra”. Si vedono vecchi e colti spin doctor della sfortunata epopea alemanniana.
In sala c’è anche Mauro Antonini, candidato governatore alle ultime regionali per CasaPound, ora sciolta (per chi voteranno i fascisti del terzo millennio?). Manca Antonio Angelucci, deputato del Carroccio, nonché ras delle cliniche private del Lazio e soprattutto grande editore d’area, da poco anche de Il Giornale, acquistato dalla famiglia del Cav. “Il nuovo direttore sarà Senaldi”, si mormora in sala. Chissà. Questo è dunque il grande salotto del centrodestra romano, versione rivisitata di quelli gloriosi di Maria Angiolillo? Mancano cardinali e vescovi, impegnati in Vaticano da cause di forza maggiore, e anche il principe Lillio Ruspoli, da poco scomparso.
Per Forza Italia ci sono il vicepremier Antonio Tajani e Maurizio Gasparri. Vista l’occasione si mandano messaggi alla Lega del nord sull’autonomia “che va fatta, ma di pari passo ai poteri per Roma e senza diseguaglianze fra nord e sud”. Simonetta Matone, deputata salviniana, racconta di quando incontrava a Borgo Pio il mite cardinale Joseph “che dispiacere la sua morte, l’ho incrociato per anni”.
Si capisce che da qui passa il vincitore anche dalla presenza di personaggi della politica romana – fisionomia da squali sbardelliani – che ogni cinque anni oscillano fra Pd e centrodestra. “Stavolta sto qui, fatte due domande”. La sindrome Michetti, il candidato meloniano che sognava la Roma dei Cesari, si allontana in questo groviglio di auto blu, parcheggiate dove capita a due passi da piazza del Popolo. Il fotografo Umberto Pizzi intanto è all’opera. I tre leader della coalizione mandano note (Meloni e Salvini) o messaggi social (Berlusconi).
Al centro del tavolo c’è Rocca. Al suo fianco Davide Desario (direttore della free press Leggo del gruppo Caltagirone) che dirige il traffico degli interventi. Parlano Tajani, Durigon, Cesa, Lupi, Donzelli. Spunta anche Vittorio Sgarbi, leader di Rinascimento. E Rocca? Eccolo, finalmente. Incipit con citazione del presidente Mattarella: “La mia priorità sarà non lasciare nessuno indietro, ridarò dignità ai cittadini del Lazio per quanto riguarda la sanità”.
Poi, guardando i vicini di tavolo, tutti uomini, promette spazio per le donne. Applausi. Rocca dice che si impegnerà “solennemente” per una regione verde. E qui l’applauso arriva timido. Dice che vincerà, che ne è sicuro (“prenderò più del 40 per cento”, confesserà agli amici).
Attacca il sindaco Roberto Gualtieri sui poteri per Roma (“basta alibi”), ma anche Alessio D’Amato, assessore regionale uscente alla Sanità che “a parte i due anni di Covid non ha fatto compiere passi in avanti ai nostri ospedali”. “Sulla sanità deciderà la regione e non il privato”, dice ancora il candidato che si preannuncia molto autonomo. Sul termovalorizzatore è molto vago: “Da solo non è la risposta e dove è stato ubicato non va bene”, dice in conferenza stampa, attirandosi la batteria di critiche dei calendiani (“è un altro Michetti”) con tanto di nota di rettifica nel pomeriggio: “Non ho mai detto di no all’impianto”. Gli chiedono dei migranti e l’ex capo della Cri risponde che “non si deve confondere l’assistenza e la dignità con la sicurezza”. Fine della festa. Ora cocktail e altre chiacchiere governative. Cesa ha finalmente braccato Lollobrigida. Chissà di cosa staranno parlando.