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Il caso

Mef, Aifa, terremoto e le agenzie fiscali: parte lo spoils system di Meloni

Simone Canettieri

Il governo mette mano alle prime nomine governative in attesa dell'abbuffata delle partecipate. La premier: "Siamo stati votati per cambiare"

“Personalmente non trovo nulla di strano che un governo politico, dopo undici anni, si assuma delle responsabilità, cambiando se lo ritiene i vertici delle società e degli apparati di governo. Chiamatelo pure spoils system”. Giorgia Meloni ha condiviso questa riflessione con i suoi ministri più importanti nelle ultime ore.

A Palazzo Chigi, in effetti, è partita l’operazione “scopa”. Armati di ramazza la premier e i suoi fedelissimi hanno iniziato le grandi pulizie del 2023. Saltano come tappi di lambrusco tutte le nomine in scadenza, e non. L’ultima è stata all’Agenzia del farmaco. Il direttore generale Nicola Magrini ha ricevuto una lettera dal ministro della Salute Orazio Schillaci (fedelissimo di Meloni e Lollobrigida) per la conclusione del suo incarico, destinato a durare fino al 23 gennaio. Il giorno prima era toccato a Giovanni Legnini, esponente dem di lungo corso, dire addio al ruolo di commissario per la ricostruzione nelle aree terremotate del centro Italia.

Al suo posto il senatore di Fratelli d’Italia Guido Castelli. Un cambio stigmatizzato dal vescovo di Norcia, ma benedetto dalla Cei delle Marche con tanto di auguri al neo commissario. Meloni prima della nomina di Castelli si è fatta dare il dossier terremoto e dice di aver trovato una lunga serie di consulenze  ben pagate dalla struttura di Legnini a personalità di area Pd e M5s (l’ex parlamentare Pierluigi Mantini, Silvia Scozzese, vicesindaco di Roma, a Paola Inverardi, ex rettrice  già nel comitato dem delle Idee dell’Abruzzo, l’ex europarlamentare grillina Daniela Aiuto ora in Azione). La premier dice che da parte del Pd, e non solo, le nomine sono da sempre, pur non governando legittimati dal voto il paese, un modo per occupare spazi. Sicché adesso vuole cambiare. A tutti i livelli. Facendo di fatto la stessa cosa. Le prossime mire? Ad Anpal servizi, per esempio, è data verso la rimozione Cristina Tajani, scelta dal ministro del Lavoro Andrea Orlando poco prima della fine del governo Draghi. Ma questo non è che un debutto. 


Entro il 24 gennaio il governo dovrà esprimersi sui vertici delle tre agenzie fiscali più importanti d’Italia. Alle Dogane c’è Marcello Minenna, trasversale e stimatissimo nel mondo Pd-M5s, che  la Lega vorrebbe sostituire con Benedetto Mineo, già direttore dell’Agenzia di piazza Mastai. Il Demanio è guidato invece dalla solida economista, con una prestigiosa carriera al Mef, Alessandra Dal Verme. “Che è anche la cognata di Paolo Gentiloni”, fanno notare con perfidia dal governo. E infine ci sono le Entrate, rette da Ernesto Maria Ruffini, manager di lungo corso e dalle mie esperienze. Se gli chiedessero di restare resterebbe, ma il centrodestra vuole cambiarlo. L’ultimo libro di Ruffini, “Uguali per Costituzione” edito da Feltrinelli, ha avuto la prefazione del presidente della repubblica Sergio Mattarella. La corsa alla ramazza è dunque partita, da parte di Meloni. E potrebbe non risparmiare, come raccontato da questo giornale, nemmeno i vertici del ministero dell’Economia, se è vero che la premier è intenzionata a rimuovere Alessandro Rivera, direttore generale di Via XX Settembre.  Nonostante le timide (?) resistenze del ministro Giancarlo Giorgetti. “Più che la scopa l’immagine è quella del machete espressa da Guido”, riflettono con un certo gusto dalle parti di Palazzo Chigi, ricordando l’arma suggerita dal ministro della Difesa Crosetto  “contro i burocratici capaci solo di dire no”.   Poi fra un paio di mesi inizierà la vera partita con le società partecipate destinate a un grande giro di valzer. Da Eni a Enel, da Leonardo a Poste, Cdp, Terna, Enav. E poi i cda, i collegi dei sindaci. Tutto è in movimento. Anche nel  mondo dello sport italiano. Il ministro Andrea Abodi ha già confessato di voler rivoluzionare i vertici di Sport e salute, la cassaforte ora gestita da Vito Cozzoli, destinato secondo i ben informati a essere rimosso dal nuovo corso. La scopa di Giorgia, il machete di Crosetto. Insomma, è partito lo spoils system della destra.  
 

  • Simone Canettieri
  • Viterbese, 1982. Al Foglio da settembre 2020 come caposervizio. Otto anni al Messaggero (in cronaca e al politico). Prima ancora in Emilia Romagna come corrispondente (fra nascita del M5s e terremoto), a Firenze come redattore del Nuovo Corriere (alle prese tutte le mattine con cronaca nera e giudiziaria). Ha iniziato a Viterbo a 19 anni con il pattinaggio e il calcio minore, poi a 26 anni ha strappato la prima assunzione. Ha scritto per Oggi, Linkiesta, inserti di viaggi e gastronomia. Ha collaborato con RadioRai, ma anche con emittenti televisive e radiofoniche locali che non  pagavano mai. Premio Agnes 2020 per la carta stampata in Italia. Ha vinto anche il premio Guidarello 2023 per il giornalismo d'autore.