l'esempio
Difendere i valori dell'occidente. Anche con la forza. Un Mattarella ratzingeriano
Dalle armi all'Ucraina alla condanna dell'Iran, il presidente della Repubblica ricorda ai pavidi (e ai cattolici silenti) i pilastri occidentali e la reale difesa della Costituzione. La giustizia, la pace e i diritti: istanze non negoziabili
Forse oggi lo si può dire: l’Italia, al vertice dello stato, ha un presidente decisamente più ratzingeriano che bergogliano. Il discorso misurato ma forte con cui il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha salutato il 2022 è stato a lungo analizzato per i numerosi spunti offerti dal capo dello stato per riflettere sulle simmetrie e le asimmetrie tra Palazzo Chigi e il Quirinale. Ma è stato poco analizzato invece per una serie di messaggi altrettanto importanti che stanno caratterizzando sempre di più il secondo mandato della più alta carica dello stato.
Mattarella, ancor prima del suo discorso di fine anno, ha scelto di investire con forza sulla difesa dei valori non negoziabili di una democrazia liberale, Dio li benedica, e lo ha fatto non solo da uomo delle istituzioni ma anche da importante uomo cattolico. È un cattolicesimo non comune quello messo in campo da Sergio Mattarella ed è un cattolicesimo all’interno del quale si indovina una convinzione profonda del capo dello stato: la difesa della fede e la difesa dell’occidente sono principi intrecciati l’uno con l’altro e compito di un buon cattolico oggi non è quello di alimentare il senso di colpa dell’occidente, individuando come ha fatto in questi mesi Papa Francesco una presunta responsabilità dell’occidente nell’aver provocato la Russia e aver costretto Putin a far scoppiare la guerra (“l’abbaiare della Nato”), ma è quello di mettere l’occidente, anche con i suoi valori cristiani, al centro della difesa delle libertà.
Lo ha detto con chiarezza Mattarella durante il discorso di fine anno, parlando soprattutto di Ucraina, e lo ha detto rendendo ancora più attuali alcuni insegnamenti per così dire ratzingeriani disseminati sul terreno di gioco durante l’anno passato, che continueranno a essere una bussola importante per leggere alcune traiettorie politiche del nuovo anno. Insegnamenti che, nel giorno del funerale di Benedetto XVI, tornano fortissimamente di attualità e ci permettono di illuminare una attitudine interessante del presidente della Repubblica: prendere affettuosamente a sberle non solo i cattolici incapaci di tenere insieme difesa della fede e difesa dell’occidente ma anche le vestali della Costituzione che ogni giorno cercano di diffondere imposture.
I casi interessanti sono stati due e vale la pena di rievocarli. Qualche esempio. In questi mesi Mattarella ha scelto di sfidare a viso aperto tutti coloro che in modo demagogico hanno provato periodicamente ad alimentare una falsa verità sui temi legati alla guerra e alla pace. Una falsa verità che prevede un falso storico che Mattarella ha contribuito a demolire. Ovverosia, che la nostra Costituzione, di cui il presidente della Repubblica è garante, renderebbe ogni intervento militare italiano, nei teatri di guerra, illegittimo, abusivo, illegale e perché no anche anticostituzionale. Lo scorso 25 aprile, Mattarella ha ricordato ai falsari della Costituzione che l’articolo numero 11 della nostra Carta va oltre il punto e virgola. La prima parte dell’articolo 11 la conoscono tutti (“L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”). La seconda parte invece no. Che cosa dice?
Facile: l’Italia, dice la Carta, “consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni”, ed è per questo che ancora oggi Mattarella, sfidando anche i molti cattolici che in Italia hanno cercato di demonizzare il sostegno militare all’Ucraina, si sente in diritto di paragonare la resistenza eroica degli ucraini alla resistenza eroica dei nostri partigiani. Il 25 aprile, ha detto Mattarella, ci ricorda cosa vuol dire essere “un popolo in armi” disposto a qualsiasi cosa per “affermare il proprio diritto alla pace dopo la guerra voluta dal regime fascista”.
E dal nostro 25 aprile, ha aggiunto, “nella ricorrenza della data che mise fine alle ostilità sul territorio italiano, viene un appello alla pace. Alla pace. Non ad arrendersi di fronte alla prepotenza”. La difesa della libertà, a volte, passa anche dalla difesa del diritto ad armarsi e negare quel diritto non significa lavorare per favorire la pace ma favorire gli aggressori. Un concetto poi ripetuto pochi giorni fa, il 16 dicembre, quando, come ha fatto anche durante il discorso di fine anno, il capo dello stato ha scelto di ribadire il concetto, soffermandosi su quale sia la differenza, di base, tra una tregua vergognosa e una pace che non può mai essere evocata senza un aggettivo preciso: “giusta”.
“Il ristabilimento di una pace giusta è il mio auspicio per il futuro perché solo attraverso la pace l’umanità potrà guardare al suo progresso. A questo obiettivo dobbiamo lavorare tutti, le diplomazie di tutti i Paesi sono chiamate a un impegno comune”. Il 2022, rielezione a parte, verrà ricordato, nella storia del Mattarella quirinalizio, anche come l’anno in cui il capo dello stato ha scelto di focalizzare l’attenzione sul ruolo che un paese come l’Italia merita di avere nella difesa dei diritti umani anche fuori dai nostri confini. E per questo, come abbiamo già avuto modo di segnalare, stupisce che le parole di fuoco dedicate dal presidente al regime iraniano, parole che risultano ancora più significative perché arrivano dalla bocca di un cattolico che ha scelto di non assecondare su questi temi il mutismo della chiesa cattolica anche a costo di denunciare indirettamente le efferatezze compiute in nome dell’islamismo, siano state di fatto ignorate tanto dalla politica quanto dall’opinione pubblica.
“Alla diplomazia spetta in questo momento storico proprio il difficile compito di tutelare questo patrimonio faticosamente conquistato, che trova i suoi baluardi nel processo di integrazione europea e nel sistema multilaterale rappresentato dalle Nazioni Unite, nonché nel nostro saldo collocamento nel quadro dell’Alleanza atlantica. Al centro di questo sistema di valori vi è la dignità umana e il rispetto della persona, che oggi vediamo invece in tante parti del mondo calpestato. Quanto sta avvenendo in queste settimane in Iran supera ogni limite e non può, in alcun modo, essere accantonato”. E “in uno scenario in cui le crisi assumono sempre più dimensione e portata globale, anche la nostra risposta, per essere efficace, non può che articolarsi a livello multilaterale”, cosa che “è, del resto, la vocazione espressa in oltre settanta anni dalla Repubblica, incisa nel testo della nostra Costituzione”.
Dalla giustizia alla pace passando per la difesa dei diritti. Il 2022 di Mattarella verrà ricordato come l’anno in cui il capo dello stato, non sempre con le buone, ha messo di fronte alle vestali della Costituzione, e ai cattolici sonnambuli, cosa vuol dire difendere la Carta dagli impostori che sognano di trasformarla in quello che non è, e cosa vuol dire mettere insieme la difesa della fede con la difesa dell’occidente. Un presidente coraggioso, più ratzingeriano che bergogliano.