Apocalypse Spoil
Il "machete" di Lega e Forza Italia contro Meloni e Crosetto: "Rinnovano ai vertici uomini del Pd"
Gli alleati ora protestano contro lo strapotere di FdI. Chiedono che il ministro della Difesa applichi lo stesso metodo che chiede di usare al Mef
Ha potere e consenso, ma comincia ad avere troppo consenso e potere. Giorgia Meloni “si sta ingigantendo”. I ministri di FdI “stanno debordando”. E’ l’opinione degli alleati di governo dopo l’attacco al direttore generale del Tesoro, Alessandro Rivera, che il premier vuole sostituire. E’ l’opinione di alleati che sono rimasti sbigottiti di fronte alla sfiducia manifestata da FdI a Biagio Mazzotta, ragioniere dello stato, e alle dichiarazioni, definite “scomposte”, del ministro della Difesa, Guido Crosetto. Quanto si racconta è la sintesi di colloqui con esponenti di Forza Italia, Lega di primo piano, funzionari, capi di gabinetto: “Non è vero che Giorgia Meloni ha sostituti per tutti. La verità è un’altra. La verità è che ha più sedie che teste e le teste che ha sono sempre quelle nominate dal governo Renzi. La verità è che sta chiedendo ai ministri di FI e Lega di sollevare dall’incarico direttori, di rimuovere competenze, ma non si è accorta che alla Difesa, il suo ministro, ha già rinnovato la fiducia a due esponenti legati alla sinistra”. Si tratta dell’ex senatore del Pci, Ds, Pd, Nicola Latorre e di Fausto Recchia. Se Meloni svuota il Mef, FI e Lega “esigono che venga ridimensionato Crosetto”.
C’è una parola che nei corridoi dei ministeri viene ripetuta. E’ “machete”. E’ un coltello di taglia larga. Si usa in America latina. E’ il coltello che usava in Apocalypse Now il capitano Willard per decapitare Marlon Brando. E’ lo strumento che il ministro Crosetto ha agitato, ovviamente come metafora, per i burocrati che dicono “no”.
Crosetto è cofondatore di FdI ma è anche il ministro della “pulizia”. Nelle interviste che rilascia difende lo spoil system, lo invoca. Nella “pulizia” stanno per cadere figure legate al Pd eccetto quelle che dipendono dal suo ministero. Gli alleati rimproverano la riconferma dell’ex senatore Ds, il dalemiano Latorre, direttore dell’Agenzia industria e difesa fino al settembre del 2023 e la “inamovibilità” di Fausto Recchia, amministratore delegato di Difesa Servizi spa dal 2014.
Recchia è ritenuto uno dei massimi esperti di Difesa ma si può dire la stessa cosa di Rivera nel campo dell’economia. Recchia è stato chiamato alla Difesa dall’ex ministra del Pd, Roberta Pinotti. Viene ricondotto alla tradizione di sinistra. In Lega e FI, e si ricorda che sono colleghi di governo di FdI, si parla dell’intenzione, da parte di Crosetto, di imporre Recchia in Fincantieri. Si ipotizza un incarico nelle relazioni internazionali. Sempre in Fincantieri potrebbe essere indicata la stessa ex ministra Pinotti in una posizione di prestigio.
Gli alleati chiedono a Crosetto che si “moderi” o che applichi, con la stessa intransigenza, e furia, il suo metodo. Significa usare e porgere il “machete” a Meloni in quello che viene definito “il fondaco del Pd”, “l’azienda che distribuisce emolumenti alle vecchie glorie della sinistra e agli amici di Di Maio”. E’ Leonardo, azienda che si occupa di difesa, aerospazio. “Se vale l’equazione di Crosetto devono essere rimossi Alessandro Profumo, amministratore delegato, Carmine America, amico di Di Maio, nominato nel cda di Leonardo. Bisogna proseguire con l’ex portavoce di Di Maio, Augusto Rubei, che oggi lavora nelle Relazioni internazionali, sempre di Leonardo”.
Un importante deputato del Pd è convinto che nessuno di loro, a eccezione di Profumo, verrà rimosso: “Di sicuro non lo sarà Recchia. Vogliono sostituirne uno grosso all’Economia per educarne cento piccoli, ma non sostituiscono l’enorme della Difesa”. Non va mai dimenticato che Crosetto ha una storia politica importante, lunga che precede FdI. E’ stato un giovane democristiano e tiene un filo diretto con il Quirinale attraverso Simone Guerrini, altro ex democristiano oggi direttore dell’ufficio di segreteria di Sergio Mattarella. Crosetto e Guerrini sono persone che si stimano; si può utilizzare la formula dell’amicizia. Tutti e due sono amici a loro volta di Lapo Pistelli altro democristiano, ex viceministro e deputato del Pd, che ha lasciato la politica per andare a lavorare in Eni come direttore delle Relazioni internazionali. In Eni è già dato per certo che non verrà sostituito l’amministratore delegato Claudio Descalzi, come non lo sarà Stefano Donnarumma oggi ad di Terna. E’ stato ex ad di Acea quando nel cda sedeva il superconsulente del M5s Luca Lanzalone arrestato nel 2018. Si ricorda solo per dovere cronaca come si ricorda la partecipazione di Donnarrumma al meeting di FdI come ospite.
Prima di lasciare Palazzo Chigi, Mario Draghi, che ieri ha partecipato ai funerali di Benedetto XVI e che ha avuto una conversazione con il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, era dell’idea che i manager pubblici non possono rimanere alla guida di aziende per oltre dieci anni. Era una delle ragioni che portarono alla sostituzione dell’ex ad di Fincantieri, Giuseppe Bono, scomparso da pochi mesi. I manager sono “fusibili” che si devono e possono sostituire, ma Meloni ha nuovi fusibili?
La malignità degli alleati è che stia delegando la ricerca a due personalità estranee al governo: Italo Bocchino e Riccardo Pugnalin. E’ senza dubbio più semplice occupare e ridisegnare i consigli di amministrazione delle partecipate. E qui, torna protagonista Rivera, il direttore generale del Tesoro. Il pacchetto nomine lo gestisce il Tesoro in tutte le sue fasi. Sono tre. La prima è la pubblicazione della lista degli organi collegiali che vanno in scadenza. Nella seconda viene assegnato il mandato ai cacciatori di teste che eseguono una mappatura di profili che sarà sempre la politica a scegliere. Nella terza viene pubblicato, sempre sul sito del Tesoro, il calendario delle assemblee societarie che ratificano le nomine. Quel calendario viene concordato tra i direttori degli affari societari delle varie partecipate e Rivera. C’è lui in ogni passaggio. Continua a lavorare al Mef, un ministero che non può essere indebolito come non lo può essere il suo ministro. Questo clima preoccupa infatti Draghi e il mondo che lo circonda che dice: “Un ministro dell’Economia deve avere il pieno mandato. Un ministro dell’Economia non fa il passacarte neppure di un premier”.
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