Foto di Alessandra Tarantino, AP Photo, via LaPresse 

il gorgonzola dei politici

Lo spoils system, "alto profilo" o "lottizzazione"? Dipende da chi lo fa

Salvatore Merlo

Il meccanismo sulle nomine è lo stesso per tutti: dal Pd a FdI. Ma se la premier sostituisce il commissario per il dopo terremoto con un senatore di Fratelli d'Italia, la reazione è subito: "orrore!"

Le nomine pubbliche sono il  gorgonzola dei politici: essi ne sentono l’odore da lontano, prima di ogni altro, e vi si avviano ogni volta con sicuro istinto. Perciò appare inspiegabile lo scandalo destato nel Pd dal fatto che Giorgia Meloni stia adesso facendo le sue nomine mandando via i nominati del centrosinistra, esattamente come facevano quelli del centrosinistra prima di lei mandando via i nominati del centrodestra. E’ una giostra. Se nomini tu “è alto profilo”, se nominano gli altri è subito “lottizzazione”.  

 

Giovedì, per dire, Enrico Letta criticava la sostituzione, all’Aifa, che sarebbe l’Agenzia italiana del farmaco, di Nicola Magrini. Ebbene Magrini era stato nominato da Roberto Speranza col governo Conte II, che lo aveva messo lì mandando via Luca Li Bassi, che era stato a sua volta nominato da Giulia Grillo col governo gialloverde, che lo aveva messo lì  mandando via Mario Melazzini, che  era stato nominato da Beatrice Lorenzin col governo Renzi... Lo chiamano spoils system. Lo praticano tutti. Ed è un po’ come la canzone di Angelo Branduardi, alla fiera dell’est: e venne il bastone, che picchiò il cane, che morse il gatto, che si mangiò il topo, che al mercato mio padre comprò.

 

In sostanza, o sbagliano sempre tutti i governi, o altrimenti è legittimo che ciascuno si possa avvalere di una norma che consente a chi governa di nominare i dirigenti pubblici di cui più si fida. Mandando via gli altri.  A proprio rischio e pericolo, peraltro. Perché un dirigente cetriolo poi fa pasticci e ti mette nei guai. E a questo proposito citiamo qui, casualmente,  Pasquale Tridico, il presidente dell’Inps nominato da Luigi Di Maio ai tempi gialloverdi e ora arrivato alla scadenza del suo mandato.

Tridico, per dirne una, è quello che fino a ieri andava in giro dichiarando che il reddito di cittadinanza “ha ridotto la povertà del sessanta per cento”. Un personaggione. Uno che se in trattoria qualche volta non glielo avessero temerariamente proposto al burro, forse sarebbe passato attraverso la vita ignorando che esiste il cervello. Ma il nuovo governo se lo deve tenere, Tridico. Lo deve riconfermare. Altrimenti lottizza. Ovvio. Dicono invece che Giovanni Legnini, commissario per il dopo terremoto nell’Italia centrale, nominato dal centrosinistra e appena sostituito dal governo, sia stato bravo. Si vedrà se lo sarà altrettanto il senatore di FdI Guido Castelli che ha preso il suo posto.

 

Tuttavia resta incomprensibile la ragione per la quale Irene Tinagli, vicesegretario del Pd,  si spinga  a dire  che “la nomina di Legnini non era legata alla politica”.  Ecco. Giova qui una breve biografia di quel cristallino paradigma d’indipendenza dalla politica chiamato Giovanni Legnini: iscritto al Pci nel 1990, sindaco comunista per dieci anni  in provincia di Chieti, parlamentare dei Ds e poi del Pd, sottosegretario all’Economia del governo Renzi, vicepresidente del Csm nel 2014 col governo di centrosinistra e infine candidato del Pd alla presidenza dell’Abruzzo nel 2019. Non è stato eletto in Abruzzo, ed essendo la disoccupazione sconosciuta ai quadri di partito, alla fine gli hanno dato l’incarico di commissario nelle zone terremotate. Epperò quei lottizzatori dei nuovi potenti non rispettano  il suo limpido curriculum di tecnico indipendente, e lo hanno sostituito (orrore) con un senatore di FdI.  Non si fanno queste cose. All’Anpal, il Pd   mica ci ha messo Raffaele Tangorra mandando via il gialloverde Domenico Parisi che a sua volta era stato messo lì da Di Maio mandando via Maurizio Del Conte che era stato messo lì da Renzi. La fiera dell’est. Eh no.

  • Salvatore Merlo
  • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi universitaria in Inghilterra. Ho vinto alcuni dei principali premi giornalistici italiani, tra cui il Premiolino (2023) e il premio Biagio Agnes (2024) per la carta stampata. Giornalista parlamentare, responsabile del servizio politico e del sito web, lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.